Architettura immagine del potere

Architettura immagine del potere

Le piramidi di Gyza (cr. Ahmedwaleedsami Wikimedia commons)

I capi di stato nel mondo e i loro palazzi

Di tutti i modi che il potere ha per trasmettere ai posteri la memoria del proprio passaggio sulla terra il più potente di tutti è l’architettura. Un edificio lascia una testimonianza forte e solida e se ben costruito può durare millenni. Solo grandi poteri o grandi potenti possono permettersi di usare l’architettura per conquistarsi un simbolo così permanente del proprio dominio e tutti lo hanno fatto o almeno ci hanno provato.

Vestigia della civiltà inca a Cusco (cr.EdsonFuentesMera Wikimedia commons)

La parola scritta è manipolabile ed è comunque un linguaggio elitario e non figurativo, un quadro o una statua possono essere facilmente distrutti, un edificio rimane, anche se la funzione muta. Il linguaggio architettonico ha però un difetto, agisce per simbologie e metafore e salvo rari casi non può rappresentare direttamente l’immagine di una persona o un concetto, ma è perfetta per testimoniare una civiltà, una religione o un regime politico.

Non è un caso che gli edifici più antichi, grandi e simbolici mai realizzati dall’uomo siano le tombe erette a memoria dei faraoni. L’architettura è la forma più naturale che il potere, politico, religioso o economico, usa per auto rappresentarsi, anche perché mentre lo fa soddisfa anche un’esigenza pratica e crea un valore economico trasferibile tra le generazioni.

La piramide di Bent (cr. Harby6020 Wikimedia commons)

Quando si parla del rapporto tra architettura e potere ci si riferisce quasi sempre a un regime totalitario o a una religione, ma se lasciamo da parte gli eccessi retorici scopriamo che anche nei regimi democratici i palazzi del potere ci raccontano molto del Paese a cui appartengono e della loro storia. Nelle democrazie esistono varie funzioni che necessitano a loro volta di altrettante categorie di edifici. Un edificio per ognuno dei tre poteri, il parlamento, l’edificio che ospita il potere esecutivo, il palazzo di giustizia e uno per rappresentare lo Stato stesso o ospitare chi lo incarna, il numero uno.

I palazzi dedicati al primo cittadino di una nazione sono in genere l’edificio più importante della capitale o in alcuni i casi il secondo più importante dopo il parlamento o la cattedrale. In genere le democrazie figlie di una lunga storia di potere monarchico hanno ereditato i palazzi reali, le nazioni native democratiche si sono dotate di nuove capitali in cui il parlamento è in genere il palazzo principale e il rapporto spaziale tra questo e il palazzo presidenziale sono uno degli elementi fondativi che determinano la struttura urbana della città.

Il palazzo del Louvre a Parigi (cr. King of Hearts Wikimedia commons) 

Andiamo con ordine e partiamo dai palazzi reali, sia quando sono ancora abitati da monarchi, sia quando sono stati ereditati da presidenti. Ci sono due tipologie principali di palazzo reale, quello tipicamente europeo, ispirato al capostipite Louvre, che si trova al centro della città e si offre alla struttura urbana con una facciata monumentale e una piazza da cui si irradiano i grandi viali che hanno strutturato le città a partire dall’epoca barocca.

Lo zar Pietro I Il Grande e l'architetto Rastrelli (opere di G. Kneller e P. Rotari Wikimedia commons) 

All’est del mondo ci sono invece le cittadelle o città proibite, con la Russia a fare da confine. Mosca capitale storica e sovietica con al centro la cittadella del potere sostituita per un certo periodo dal sogno occidentale di Pietro il Grande con San Pietroburgo e il suo splendido palazzo reale di modello europeo, progettato dall’italiano Rastrelli.

San Pietroburgo, il palazzo progettato da Rastrelli (cr. Florstein Wikimedia commons) 

In effetti il palazzo reale come sede del potere è un concetto di epoca barocca derivata dall’evoluzione del castello e il paradosso è che il più famoso tra i palazzi reali in funzione, Buckingham Palace, sia anche il più brutto.

Londra, Buckingham Palace (cr. cwi.aida Wikimedia commons)

Tra i palazzi reali ancora occupati da regnanti il più curioso urbanisticamente è Amalienborg, il palazzo reale di Copenhagen, realizzato come una piazza ottagonale con quattro piccoli palazzi apparentemente uguali tra loro. Non era nato come palazzo reale, ma il fatto che alla fine del ‘700 sia stato scelto come dimora un luogo in cui la centralità è affidata allo spazio pubblico dice molto dell’understatement dell’istituzione monarchica danese.

Amalienborg, la reggia di Copenaghen (cr. J.A. Gross Wikimedia commons)

Visto dal punto di vista architettonico il ruolo dei presidenti della repubblica si divide in due gruppi, quelli europei e asiatici che ereditano il ruolo dalla caduta di una monarchia e quelli americani e africani, che guadagnano il ruolo da un processo d’indipendenza. Gli europei in genere non usano i vecchi palazzi reali, destinandoli invece a musei o monumenti, scegliendo edifici nuovi e meno importanti. Il secondo gruppo invece ha generalmente scelto di costruire o realizzare un palazzo presidenziale nuovo e centrale rispetto al disegno urbano di capitali altrettanto nuove.

Washington, la Casa Bianca (cr. Andreas Praefcke Wikimedia commons)

All’interno di questi due gruppi ci sono poi alcune differenze sostanziali. Partiamo dalla residenza presidenziale più famosa del mondo, la Casa Bianca. La Casa Bianca è il primo edificio costruito per ospitare il primo Presidente della Repubblica della prima repubblica moderna. I primi presidenti americani erano ancora lontani da considerarsi l’uomo più potente del mondo, anzi volevano con evidenza mostrare la distanza della nascente repubblica dalle monarchie europee, distinguendosi in sobrietà ed equilibrio, di conseguenza la casa del presidente, seppur centrale nell’impianto urbanistico di Washington, è una semplice villa neopalladiana, una tipica dimora coloniale, simbolo dell’emergente classe dirigente cresciuta sullo sfruttamento delle risorse agricole delle ex colonie.

Il lato sud della Casa Bianca (cr. Susan Sterner Wikimedia commons)

L’edificio è anche molto più piccolo e modesto rispetto a quello che ospita il parlamento determinando per la prima volta della storia il primato democratico anche nelle scelte architettoniche e urbanistiche. Non è un caso che l’attuale inquilino della Casa Bianca in preda a delirio monarchico voglia un salone che rivaleggi con quelli dei palazzi barocchi che gli tocca visitare nei viaggi di Stato.

Il Palacio Nacional di Città del Messico (Wikimedia commons)

Le democrazie centro e sud americane sono più recenti di quella degli Stati Uniti e i palazzi presidenziali assomigliano di più ai palazzi reali europei, in parte per le maggiori eredità storiche lasciate dai colonizzatori iberici, in parte per la natura meno puritana dei liberatori. A Città del Messico l’unico edificio che può competere per imponenza con il Palacio Nacional è la cattedrale, d’altronde i presidenti messicani risiedono nel palazzo che fu del viceré e per un certo periodo persino di un imperatore, in compenso il palazzo del parlamento è decisamente poco significativo.

Buenos Aires, il Salon de los pueblos originarios (cr. Casa Rosada Wikimedia commons)

Sempre il modello di un palazzo reale c’è dietro l’edificazione definitiva della Casa Rosada di Buenos Aires, con l’aspetto neorinascimentale italiano dettato dal grande arco trionfale d’ingresso, ma gli argentini colgono la lezione democratica statunitense creando un bellissimo e imponente palazzo del Congresso, peccato che sulla Casa Rosada incomba la ben più rilevante mole dell’edificio Libertador che ospitando il Ministero della Difesa ci racconta del sinistro ruolo che il potere militare svolge in sudamerica. In Cile invece il parlamento è esiliato in un’altra città, lasciando al solo palazzo della Moneda e alla sua infelice storia il compito di rappresentare lo Stato democratico.

Santiago, il palazzo de La Moneda (cr. Schwittu Wikimedia commons)

I presidenti ci sono però anche nelle repubbliche europee, tre di questi risiedono in edifici che rappresentano bene la storia e il carattere delle relative nazioni. Il presidente francese risiede al Palazzo dell’Eliseo, un hotel particulier parigino, uno tra i tanti, passato da tante mani e usi diversissimi, così come alterno è stato il ruolo della presidenza tra le istituzioni statali francesi. La scelta di un palazzo parigino poco conosciuto e vistoso in una città con edifici stupefacenti deriva forse anche dalla volontà di non misurarsi con la grandezza e rovina della monarchia francese.

Sala delle feste all'Eliseo (cr. Chatsam Wikimedia commons) 

I tedeschi poi hanno un evidente problema con il potere e la sua rappresentazione, tanto che dopo le sconfitte nelle due guerre mondiali hanno eletto a capitale due piccole città di provincia e dato al presidente un ruolo di mera rappresentanza e un palazzo marginale e distante dal centro del potere.


Bellevue, sede della presidenza tedesca (cr. De-okin Wikimedia commons)

Infine noi italiani destinati a fissare la capitale in una città che aveva ospitato uno degli imperi più potenti della storia, le cui residenze imperiali erano grandi come città moderne o peggio con il potere religioso per eccellenza, rappresentato dalla chiesa più grande del mondo sormontata dalla cupola più grande del mondo.

Il palazzo del Quirinale (cr. MarkusMark Wikimedia commons)

Il dubbio se o no imporre un ruolo dominante su Roma deve essere stato fugace ai parsimoniosi Savoia e non sfiorò i costituenti repubblicani. Per evitare paragoni insostenibili e impropri si sta lontani dal Palatino e si evita di costruire un nuovo palazzo, scegliendo il grande ma poco appariscente palazzo del Quirinale, che se non altro ha il vantaggio di essere sul colle più alto.

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