Il murale che ti fa respirare

AntrophOceano di Iena Cruz nel quartiere Lambrate di Milano (da Worldrise.org)
AnthropOceano, arte come progetto ecologico
Siamo in via Giovanni Viotti 13, a Milano. Lambrate, un quartiere che è un palinsesto della storia industriale milanese. Il vicino scalo ferroviario scandisce il tempo con i treni. Siamo davanti a una parete che sembra aver catturato un pezzo di oceano.
Alzo lo sguardo e vedo balene e squali nuotare tra alghe dipinte, intrappolati in quello che pare un enorme contenitore di plastica, innestato sul fianco di un palazzo. Sopra di loro incombe la sagoma di una piattaforma petrolifera.
La realizzazione del murale a Milano (dalla pagina Fb Ienacruz)
Questo murale si chiama AnthropOceano, ed è opera dello street artist milanese Federico Massa, in arte Iena Cruz. Inaugurata nel novembre 2019, è un’opera che, sulla carta, è pensata per mangiare lo smog di Milano e restituire aria più pulita. Come? Ci arriviamo.
Il titolo stesso, AnthropOceano, è un neologismo, un’invenzione dell’artista che fonde due concetti di peso tettonico: “Antropocene”, l’era geologica proposta per definire l’impatto indelebile dell’umanità sul pianeta, e “Oceano”, l’ecosistema più vasto e minacciato. L’opera si dichiara fin dal nome come una riflessione sulla nostra firma, spesso distruttiva, sulla Terra.
Significato
La scena dipinta racconta il ciclo della plastica: dalla sua origine (il petrolio della piattaforma) fino all’impatto ambientale finale (il contenitore di plastica che intrappola la vita marina e i rifiuti che soffocano l’oceano). Una denuncia visiva dell’inquinamento, certo, ma in che modo vorrebbe anche essere parte della soluzione?
Il murale con alle spalle i binari della stazione di Lambrate (dalla pagina Fb Ienacruz)
La promessa alchemica di AnthropOceano risiede nella sua pelle: una pittura fotocatalitica, nello specifico Airlite, che si dice trasformi un muro inerte in una superficie attiva, capace di purificare l’aria imitando la funzione di una foresta. Le pitture di questo tipo contengono biossido di titanio: attivate dal sole, innescano reazioni chimiche che trasformano gli inquinanti atmosferici in composti inerti.
Il palazzo di Hunting pollution in via del Porto fluviale a Roma (dalla pagina Fb Ienacruz)
In teoria, finché la superficie è esposta alla luce e c’è un minimo di umidità nell’aria, il processo può continuare all’infinito, conferendo al muro proprietà autodisinfettanti, autopulenti e, soprattutto, di purificazione dell’aria. Airlite è stata sviluppata interamente in Italia, e il suo utilizzo in progetti di arte urbana sostenibile sta diventando un piccolo trend.
Questo basta a fare la differenza? Quanto è importante un singolo “muro mangia-smog” nel contesto più ampio dell’inquinamento urbano? Purtroppo, i dati più recenti sulla qualità dell’aria nelle città italiane ci ricordano che la strada da fare è ancora lunga e in salita.
Il rapporto
Secondo il rapporto Mal’Aria di città 2025 di Legambiente, ben 25 capoluoghi italiani su 98 hanno superato i limiti di legge per le polveri sottili. Ogni anno, decine di migliaia di italiani muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico (circa 30.000 decessi annui secondo uno studio del Ministero della Salute) e l’aspettativa di vita di ciascuno di noi si accorcia di mesi a causa dell’aria malsana che respiriamo quotidianamente.
Opera di Iena Cruz a New York (da Iena Cruz Instagram)
No. Una mano di pittura da sola non può risolvere l’emergenza smog di una metropoli. La stessa Airlite dà il meglio di sé in condizioni ideali (buona esposizione al sole, superficie pulita, concentrazione adeguata di inquinanti nelle vicinanze) e la sua efficacia reale su larga scala dipende da molti fattori.
L’impatto chimico del murale sull’aria di un intero quartiere, per non parlare di una città, è probabilmente marginale. Valutarlo solo in base a questo parametro sarebbe però un errore di categoria, come giudicare una poesia dal numero di parole o una sinfonia dalla sua durata. Il vero valore di AnthropOceano va cercato altrove, nella sua funzione sociale, culturale e simbolica.
Worldrise
Questo murale infatti non è apparso per caso su quella parete. È il frutto di una chiamata all’azione lanciata da Worldrise, l’associazione non-profit dedita alla tutela degli ecosistemi marini che ha promosso l’iniziativa. Nel 2019 Worldrise ha chiesto ai cittadini milanesi di candidare il muro del proprio palazzo per ospitare l’opera di Iena Cruz.
La risposta è stata entusiasta: molte candidature sono arrivate da vari quartieri, segno che il tema stava a cuore a tanti. Alla fine, la scelta è caduta proprio sul condominio di via Viotti 13, a due passi dalla stazione di Milano Lambrate.
L'opera di Iena Cruz a Long Island, New York (dalla pagina Fb Ienacruz)
Una simile collaborazione è fondamentale perché inserisce l’opera in un contesto di attivismo più ampio e concreto. AnthropOceano è stato concepito come un “dono” alla città di Milano, un ringraziamento per la risposta positiva alla campagna di Worldrise “No Plastic More Fun”, che ha creato una rete di locali notturni impegnati a eliminare la plastica monouso.
L’efficacia
Il murale farà anche poco per lo smog in senso stretto, ma resta il manifesto visibile di un’azione collettiva, la punta dell’iceberg di un impegno che si muove a livello comunitario. Agisce come un gigantesco e permanente cartellone educativo. Rende visibile l’invisibile: i cittadini di Milano sentono la cattiva qualità dell’aria, la subiscono, ma il murale dà a quella minaccia impalpabile una forma, una narrazione e un nome.
High Tide, Murale di Iena Cruz a Long Island (dalla pagina Fb Ienacruz)
Allo stesso tempo, crea un ponte concettuale inaspettato. In una città senza sbocco sul mare, porta l’oceano nel cuore del dibattito urbano, dimostrando plasticamente come i modelli di consumo di una metropoli (l’uso di combustibili fossili, la produzione di plastica) abbiano conseguenze dirette e devastanti su un ecosistema lontano migliaia di chilometri.
Il murale ecologico Hunting pollution a Roma (dalla pagina Fb Ienacruz)
È nella nostra natura di esseri umani creativi provare a risolvere i problemi che noi stessi abbiamo causato, a volte con soluzioni ingegnose e un po’ poetiche. Dipingiamo un oceano su un muro di città per ricordarci del mare vero che stiamo perdendo; usiamo vernici ad alta tecnologia per compensare gli effetti collaterali del nostro sviluppo sfrenato. C’è dell’ironia, ma anche dell’incrollabile speranza in tutto questo.
Per tutti
Immagino un passante che, fermo al semaforo in via Viotti, alza lo sguardo dallo schermo del telefono e nota per la prima volta la balena di AnthropOceano. Forse si chiederà cosa significhi quel gigantesco animale blu sulla parete; forse leggerà il cartello esplicativo e scoprirà che quel muro respira insieme a lui.
L'opera davanti alla Extravega di Milano (dalla pagina Fb Ienacruz)
Magari, tornando a casa, racconterà di aver visto un “murale che mangia lo smog” e questo gli farà venire voglia di saperne di più sull’inquinamento o di fare qualcosa nel suo piccolo. Le storie, soprattutto quelle raccontate attraverso l’arte, hanno il potere di cambiare le persone. E le persone, insieme, cambiano le città.
La misura finale del successo di opere simili non si troverà nei rapporti di Arpa Lombardia, non sarà espressa in parti per milione di biossido di azoto rimosse. Si misurerà nel numero di conversazioni che avranno generato, nel numero di coscienze che avranno risvegliato, nel grado in cui avranno reso l’atto di respirare a Milano un gesto consapevole, politico ed ecologico.
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