La chiesa per il popolo dell'autostrada

La chiesa di San Giovanni Battista vista da un cavalcavia sull'autostrada (cr. martinligabue Wikimedia commons)
A Firenze il capolavoro di Michelucci simbolo di un’epoca
Fermando un italiano per strada, se gli si chiede il nome di un grande architetto del nostro Paese la risposta, se arriva, cadrebbe su Palladio o Michelangelo. Come nelle altre arti maggiori abbiamo un’epoca d’oro di cui vantarci e un contemporaneo incerto e misconosciuto. L’Italia contemporanea però ha avuto architetti molto bravi e importanti, alcuni dei quali conosciuti e amati anche all’estero, di cui essere orgogliosi.
L'architetto Giovanni Michelucci nel 1933 (cr. Ghitta Carell Wikimedia commons)
Uno di questi è stato Giovanni Michelucci, pistoiese di origine alto borghese, architetto dalla lunghissima carriera professionale, legato alla sua Toscana, in cui carattere, esistenza e mestiere sembrano rappresentare un’unica matrice generativa, come accade spesso in presenza del genio. Tra le sue opere migliori ve ne sono due straordinarie che non potrebbero essere più distanti tra loro.
Entrambi gli edifici sono a Firenze, entrambi sono legati alle infrastrutture dei trasporti e proprio per questo li abbiamo visti tutti più di una volta, anche se distrattamente. Il primo è uno dei quattro capolavori del razionalismo italiano, la stazione di Santa Maria Novella, opera collettiva di grande eleganza.
La stazione di Santa Maria Novella a Firenze (cr. Sailko Wikimedia commons)
Progettata nel 1932, solo un anno dopo l’inaugurazione di quella di Milano, questa stazione sembra appartenere a un’epoca distante. A Milano c’è un gigante di pietra vestito di retorica nazionalista, che sembra voler inghiottire la città e le persone, a Firenze una raffinatissima cascata di vetro e luce che evoca un tappeto di energia capace di trasportarti nel futuro o verso distanze siderali.
Il taglio di luce entra anche nel grande atrio che dà accesso ai binari, dove genera un’avvolgente piegatura dello spazio, gesto di modernità e anticipazione della personale insofferenza verso la forma che in Michelucci crescerà opera dopo opera, fino ad esplodere nel volume contorto della chiesa dell’autostrada, l’altro suo capolavoro.
La stazione Santa Maria Novella vista dall'alto (cr. Sailko Wikimedia commons)
Sono passati 30 anni e tutto è cambiato. E’ cambiato Michelucci che, come molti suoi colleghi dell’epoca cresciuti e maturati sotto il fascismo, ha reagito alla caduta del regime con il rifiuto del razionalismo, la scelta dell’architettura organica e di un linguaggio più personale.
E’ cambiato il Paese. Il nuovo regime democristiano coniuga nella modernità la libertà, il consumismo e la fede. L’opera simbolo del boom economico è l’autostrada e in particolare l’Autostrada del Sole, l’infrastruttura più moderna d’Europa, copiata dagli americani fin dallo scudetto verde ottagonale che la identifica.
La chiesa di San Giovanni Battista vista dall'autostrada (cr. martinligabue Wikimedia commons)
Lo Stato potente e vigoroso è presente nella grande opera stradale, i cittadini e la goduta libertà ci sono, con le loro automobili colorate che sfrecciano a velocità impensate, rappresentando anche la forza dell’industria automobilistica nazionale. Il consumismo trionfa nell’innovativo modello di ristorazione, l’autogrill, celebrato criticamente nel corto “Il pollo ruspante” di Ugo Gregoretti.
Alla mancanza della fede si decide di mettere rimedio costruendo una grande chiesa in corrispondenza dell’uscita di Firenze Nord, a metà strada tra Milano e Roma, in corrispondenza appunto di una moderna area di servizio dotata pure di uno dei mitici Motel Agip, vanto di Enrico Mattei.
La chiesa dell'autostrada in foto nel 1977 (cr. Paolo Monti Wikimedia commons)
Il titolare, San Giovanni Battista, viene presto dimenticato e il tempio diventa per tutti “la chiesa dell’autostrada”. Anche della dedicazione ai caduti sul lavoro si perde rapidamente memoria. I 160 morti nel cantiere autostradale, uno ogni quattro chilometri e mezzo che separano Milano da Napoli, sono solo una stima incerta di cui non si intende dare troppo conto, lasciando così il riferimento generico.
Il mistero è il destino di un edificio singolare, una chiesa senza popolo, un capolavoro venerato dagli architetti, visto da tutti, ma visitato da pochissimi. Un luogo mistico e dotato di un ricchissimo apparato liturgico e di opere d’arte, ma privo di fedeli. Un volume enigmatico che per decenni ha dominato il paesaggio fiorentino, almeno dall’autostrada, e che oggi a malapena si scorge nel pandemonio della discarica di perdute illusioni di plastica e cemento che contornano le autostrade italiane.
L'interno della chiesa sull'autostrada (cr. Maurizio Mariani Barra Wikimedia commons)
Per progettare la nuova chiesa la scelta cade su un ingegnere il cui progetto però non piaceva agli ambienti culturali fiorentini, sia a quelli legati alla curia che a quelli legati alla sovrintendenza, che invece vogliono Michelucci, confermando l’appuntamento col destino. Nessun architetto italiano dell’epoca poteva interpretare meglio la sfida di una chiesa in mezzo allo svincolo in cemento di un’autostrada.
Quale luogo più di questo racconta dell’assenza di ogni certezza. A 69 anni Michelucci sembra aver trovato il punto di convergenza delle sue personali linee di ricerca sulla forza espressiva della natura dei materiali e dello spazio, allontanando da sé almeno per un poco il tormentato rapporto con l’interpretazione del luogo e della tradizione. Il risultato lascia esterrefatti, il fraseggio tra pietra, cemento e metallo conquista e annulla la struttura creando un ambiente di cui è impossibile comprendere limiti e forma.
La consolle dell'imponente organo (cr. Maurizio Mariani Barra Wikimedia commons)
Un premio di stupore ai pochi che si prendono la briga di fermarsi ed entrare nella chiesa, mentre per chi continua a guardarla sfrecciando dall’autostrada rimane, secondo Tafuri, un monito per l’automobilista disattento, un ammasso di materiali violentati per mostrare l’innaturalità del falso moderno.
Destino volle che il Michelucci non si presentasse all’inaugurazione in ossequio forse al suo carattere, ma anche e soprattutto in dissenso con il vescovo della città per il trattamento che questo aveva riservato a don Lorenzo Milani, confermando il mistero di un capolavoro di architettura moderna e di un pezzo cruciale della storia italiana del dopoguerra sepolto dal caos di un’epoca, quella che viviamo, senza storia, senza arte e senza futuro.
Riproduzione riservata