La fucilata che uccise il guardaroba

La fucilata che uccise il guardaroba

Via Taddea nel centro di Firenze come appare oggi (cr. Wikimedia commons)

Sopravvivere durante la battaglia di Firenze

Il 25 aprile l'Italia festeggia gli 80 anni dalla Liberazione. iosonospartaco affronta l'evento proponendo una serie di servizi in ambito storico e culturale

Agosto 1944

Nel periodo della liberazione di Firenze, in casa nostra, via San Gallo 128, ultimo piano, si sistemarono gli inglesi perché dalle finestre che guardavano verso la piazza (già denominata San Gallo, poi Cavour e oggi della Libertà) si poteva vedere il Parterre, dove stavano i franchi tiratori, e anche i palazzi del lato opposto della piazza.

Le finestre sono state a lungo senza vetri perché le fucilate non consentivano la loro presenza in loco. A testimonianza della precarietà dei luoghi avevamo un armadio che ancora esiste, e che è stato restaurato molti anni dopo; stava appoggiato alla parete perpendicolare alla facciata e fu attraversato per la sua lunghezza da un proiettile che forò tutti i vestiti che conteneva. Il foro era piuttosto preciso e i fianchi dell’armadio furono lasciati con questa decorazione, a memoria dell’accaduto. La fucilata proveniva certamente dal lato opposto della piazza.


Una immagine recente di via San Gallo a Firenze (cr. Wikimedia commons)

Dopo un certo tempo, la situazione si fece insostenibile e la mia famiglia, nonni compresi, io di meno di un anno, si spostò in via Taddea 2, in casa di una sorella del nonno, Emma, vedova Erbacci. Passarono dal cortile del nostro palazzo invece che dal portone su via San Gallo, e poi attraverso l’ospedale militare, scalando muri di confine di altezza notevole perché il primo tratto della via San Gallo era troppo visibile dal Parterre e si rischiava di fare la fine dell’armadio.

Il palazzo di via Taddea non aveva cantine, o comunque non erano idonee a costituire un rifugio, quindi gli inquilini si arrangiavano accampati sulle scale, sdraiati sugli scalini, appoggiati a un cuscino, con qualche coperta e cercavano di dormire in quelle condizioni.

Restare negli appartamenti era abbastanza problematico perché se c’era un allarme bisognava scendere rampe di scale tagliate all’antica, ripide e pericolose.


Soldati alleati durante la battaglia di Firenze (foto concessa dall'archivio Anpi Oltrarno)

Ma per le due figlie di Emma, signorine dalla mentalità a dir poco ottocentesca, questo abbaraccarsi per le scale sembrava assolutamente inaccettabile e non dignitoso. Quindi restavano nel loro appartamento all’ultimo piano finché non sentivano la sirena dell’allarme aereo. Allora si armavano di cuscino e coperta e scendevano le scale. Iniziava un complicato viaggio che disturbava tutti i malcapitati che erano stanchi e mezzo addormentati e che dovevano spostarsi per lasciarle passare. Era tutto uno “scusi, scusi, scusi” finché non trovavano un posto per sé vicino alla madre e ai parenti.

Finito l’allarme, di nuovo iniziava il viaggio verso l’ultimo piano con “scusi, scusi, scusi”. Mia madre si è sempre meravigliata dello spirito tollerante dei coinquilini, ma penso che si fossero ormai rassegnati dopo mesi di convivenza con le irriducibili signorine.

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