Gian Burrasca senza un amico

Gian Burrasca senza un amico

Gian Burrasca in fuga, arte murale nel complesso delle Oblate, via dell'Oriuolo a Firenze (cr. Sailko Wikimedia commons)

Rilettura controcorrente del libro di Vamba

L’inizio del secolo scorso è stata l’epoca del monello, il discolo rompiscatole, fuori dalle regole. Il Monello di Charlie Chaplin, film muto del 1921, Giannettino e Minuzzolo che insieme a Pinocchio hanno fatto diventare famoso Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini.  E il giornalino di Gian Burrasca di Luigi Bertelli detto Vamba, pubblicato tra il 1907 e il 1908.

Gian Burrasca è un discolo che in ogni momento inventa marachelle, nonostante gli adulti lo puniscano a dovere. Si sente incompreso e a nove anni secondo lui nessuno della famiglia gli dà importanza. Oggi sarebbe diagnosticato come un ipercinetico, bisognoso di essere affiancato da un docente di sostegno che lo controlli in ogni momento.


Particolare della copertina de "Il giornalino di Gian Burrasca" nell'edizione Giunti

Il giornalino di Gian Burrasca è un libro che non può più interessare ragazzini tra gli 8 e i 12 anni, lontano dal loro mondo. Una bibliotecaria racconta che un bambino su quattro si dedica alla lettura e che in genere preferisce libri di piccolo formato come la collana dei Piccoli brividi o la serie del Diario di una Schiappa di Jeff Kinney, molti disegni e poche frasi scritte.

Luigi Bertelli, detto Vamba (cr. Mario Nunes Wikimedia commons)

Occorre avvicinarsi a questo tipo di letteratura con un’altra ottica. Quale bambino si nasconde nel monello che vive in un mondo adulto che non gli presta attenzione, così preso dalle proprie vicende quotidiane? Forse Gian Burrasca, quando combina birichinate pare voler dire “Fate attenzione, ci sono anch’io”.

La pubblicazione di Gian Burrasca coincide con un’epoca vivace dal punto di vista pedagogico educativo: Rosa e Carolina Agazzi, educatrici e pedagogiste, alla fine dell’800 aprono la prima scuola materna. Credevano in un bambino attivo, capace di creare paesaggi con materiali poveri attraverso il gioco e le attività manuali. 

Alexandr Akopov,  "Ritratto di Maria Montessori" (Wikimedia commons)
 
Nel 1907 nasce la prima Casa del bambino di Maria Montessori che si pone l’obiettivo di educare un bambino all’autonomia, incline all’apprendimento, in un ambiente stimolante. Già nel 1700 Jean Jacques Rousseau aveva messo il bambino e i suoi bisogni al centro del processo educativo.

Vamba con il Giornalino di Gian Burrasca ha tentato di valorizzare la libertà del monello di non adeguarsi alle regole adulte per diventare grande. In realtà ha reso Gian Burrasca insopportabile e irrequieto, incapace di concentrarsi.

Rita Pavone nel Gian Burrasca televisivo di Lina Wertmuller, 1964 (Wikimedia commons)

A Vamba è riuscita meglio la descrizione di un mondo adulto superficiale e indifferente. Più che i premi e i castighi o il collegio a Gian Burrasca sarebbe stato utile un adulto o un amico che condividesse con lui un gioco, una lettura, un viaggio.

In generale, nell’opinione popolare l’idea di infanzia non esisteva.  In una nota un contadino, tra l’acquisto di semi, di un attrezzo per vangare o di chili di grano prodotti, scrive: oggi è morto uno dei miei figli, considerati questi idonei a un lavoro minorile per sostenere la famiglia. Il fanciullo era giudicato un essere umano ingenuo, semplice, inesperto e vispo. Oppure un piccolo uomo, vestito come gli adulti. Solo nel 1989 l’Onu adotta la Dichiarazione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata in Italia due anni più tardi.

Chaplin e Jackie Coogan ne "Il monello", 1921 (Wikimedia commons) 

Il Monello di Charlie Chaplin, abbandonato da una madre sedotta e povera e cresciuto da un vagabondo che se ne prende cura, trova nella miseria e nella vita di strada una libertà sconosciuta perché è padrone delle proprie scelte. E così i protagonisti dei libri di Collodi, Giannettino, Minuzzolo e Pinocchio diventano adulti sperimentando da soli incontri, ostacoli, difficoltà.

Gian Burrasca è un bambino solo, in una famiglia in cui predominano le sorelle con i loro problemi esistenziali. Non ha amici con i quali giocare e confrontarsi. Gli manca una sana socializzazione con la quale condividere i suoi bisogni di bambino esuberante.

Rita Pavone a tavola nel collegio del Gian Burrasca televisivo di Lina Wertmuller, 1964 (Wikimedia commons)

Dice di sé, scrivendo sul diario che è l’unico amico che l’ascolta, “il fatto è che non posso stare fermo e sento proprio la voglia di fare qualcosa di grande, che faccia impressione a quelli che mi perseguitano, dimostrando che in certi momenti anche un ragazzo può diventare un eroe”. 

Leggendo le sue imprese sconclusionate, viene voglia di consigliarlo di uscire e di andare alla ricerca di doni che l’ambiente gli potrebbe offrire. Per riempirsi le tasche di cianfrusaglie come affermavano le sorelle Agazzi, perché le tasche dei bambini contengono tesori inestimabili e forse anche Gian Burrasca avrebbe potuto trovare una nuova dimensione del vivere.

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