Ha 103 anni e parla al futuro

Ha 103 anni e parla al futuro

Edgar Morin con la moglie Sabah Abouessalam (cr. Gerald Garitan Wikimedia commons)

La risposta di Morin alle sfide che ci attendono

Non voglio iniziare parlando di Edgar Morin che nel 2025 ha 103 anni, facendo un elogio della vecchiaia, quando è vissuta con stupore e curiosità. Anche perché altri artisti come Marc Chagall hanno lavorato fino a 97 anni e Pablo Neruda fino a 91.

Certo che Edgar Morin nel 2024 ha scritto “Ancora un momento” (edito da Cortina), una summa del suo pensiero. Testi personali, politici, sociologici, filosofici e letterari. Con la leggerezza poetica di un uomo e intellettuale che spazia nell’umanità, senza lasciare indietro nulla. Le democrazie in declino, le lotte delle donne nei paesi mussulmani, il pericolo di un clima che sta cambiando la vita degli umani. L’uomo secolo come viene chiamato Edgar Morin, pseudonimo di Edgar Nahoum, nato a Parigi, ebreo sefardita, rimasto orfano di madre all’età di dieci anni, è un filosofo, sociologo, uno dei più significativi della contemporaneità. Conosciuto per la teoria della complessità, che interconnette e non separa, che unisce e non divide, concetto essenziale per comprendere il mondo nuovo che rischia di travolgerci.

Ho conosciuto Edgar Morin come pedagogista, leggendo alcuni suoi testi preziosi come “I sette saperi necessari all’educazione del futuro”, “La testa ben fatta” e “La sfida della complessità” in cui enuncia i saperi necessari per formare alla passione dell’educare verso un umanesimo in cui prevalga il noi rispetto all’io. Per tenere viva la fiamma dello stupore grazie a una cultura letteraria, politica, musicale e poetica.

 “Ciò che aggrava la difficoltà di conoscere il nostro mondo - scrive - è il modo di pensare che ha atrofizzato in noi, anziché svilupparla, la capacita di contestualizzare e globalizzare, mentre l’esigenza dell’era planetaria è di pensare la sua globalità, la relazione tutto-parti, la multidimensionalità, la complessità...”.


Edgar Morin con il filosofo Jean-Louise Le Moigne (cr. Luc Legay Wikimedia commons)

Ho incontrato l’uomo e l’attivista però nel leggere “I ricordi mi vengono incontro” in cui racconta la partecipazione alle lotte contro Franco in Spagna, contro il nazismo in Francia e contro ogni tipo di nazionalismo che rende profonda la crisi che anche oggi c’è e assomiglia a quella degli anni ’30. Edgar Morin va in America Latina, in Messico e conosce uomini rivoluzionari che in nome della libertà mettono a rischio la vita. Ha incontrato Vlady, il figlio di Victor Serge, autore russo, militante e combattente nella guerra civile russa che si è confrontato con Gorkij, Trockij e Lenin.

Un’esistenza di pensiero e di lotta che lo porta ad affermare che esiste una comunità di destino per tutta l’umanità in nome di un’etica della responsabilità.

E’ intensa l’attualità di Edgar Morin in questo momento così confuso e pericoloso. La sua etica laica afferma che siamo cittadini del pianeta e crede nei valori della solidarietà, della comprensione umana e della fraternità. Contro i nazionalismi e i sentimenti razzisti. La complessità del vivere è contraria all’iperspecializzazione, occorre connettere più elementi per cogliere i nessi logici.

In questo cammino si può anche incontrare l’errore e se questo avviene diventa un prezioso maestro. In “Svegliamoci” scrive che dobbiamo ripensare la politica, perché il nostro secolo ha scoperto la perdita del futuro che è diventato imprevedibile.

Abbiamo bisogno di questa saggezza intellettuale, saremo ancora capaci di interiorizzarla?

Ne “I ricordi mi vengono incontro” nonostante una vita di partecipazione e di pensiero, Edgar Morin afferma di non avere potuto vivere senza amori e passioni. Colpito nell’intimo dalla perdita della moglie cilena Edwige, Morin si risposa a 91 anni con Sabah Abouessalam, docente di sociologia, nata in Marocco, mussulmana.

Perché parlare di lui oggi? Perché, come riconosciuto dall’Unesco, ci indica le basi teoriche sulle quali appoggiarci per vincere le sfide intorno a noi.

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