1930, il primo gol mondiale

La formazione della Francia ai Mondiali del 1930, Laurent è il secondo da destra in prima fila (Mr Caudron, bureau fédéral et comité de sélection Wikimedia commons)
Lo segnò il francese Laurent, sbarcato da una nave italiana
La storia del primo campionato del mondo di calcio, nel 1930, è quasi tutta francese. C’è un visionario che si chiama Jules Rimet che ama da morire il calcio. Non è altolocato ma la volontà di ferro gli permette di laurearsi e di diventare avvocato. Prima fonda una società di calcio poi diventa presidente della Federazione francese e nel 1921 si ritrova a capo della Fifa che riunisce le federazioni di tutto il mondo.
Jules ha conosciuto il calcio nelle strade giocando con i ragazzi delle famiglie meno abbienti, nella sua testa il calcio sarà sempre uno strumento per affratellare i popoli, i ricchi e i poveracci. Anche per questo, paradossalmente, sarà il primo e più convinto sostenitore del professionismo del calcio, per consentire a chiunque di coltivare il talento a tempo pieno.
Un visionario
Rimet ha in testa un torneo che riunisca le nazioni e il sogno diventa realtà nel 1928, quando la Fifa decide di organizzare il primo campionato per il 1930. Ma dove? In Europa si propongono in diversi, anche gli italiani; in Sudamerica solo in due, l’Argentina e l’Uruguay. Usando un’espressione burocratica, la scelta viene fatta “per titoli ed esami” e vince l’Uruguay che ha l’appoggio dello stesso Rimet.
Jules Rimet in una foto del 1920 (Agence de presse Meurisse Wikimedia commons)
Nel 1930 il piccolo paese festeggerà i 100 anni della sua Costituzione, ha vinto le olimpiadi e ha promesso di costruire uno stadio enorme; anche allora l’impiantistica era un problema serio. L’Europa non la prende bene e tutti si ritirano. Il primo campionato del mondo rischia di restare una questione dei soli sudamericani e per Rimet è inaccettabile. Con la sua mediazione ottiene che partecipino anche la sua Francia, la Romania, il Belgio e la Jugoslavia. L’Uruguay si offre di pagare le spese di trasferta, ma l’Italia se ne sta a casa comunque.
Qui entra in gioco un certo Lucien Laurent, operaio alla Peugeot e calciatore. Il commissario tecnico della Francia, Raoul Caudron, gli propone di fare parte della squadra, Lucien vorrebbe accettare ma di calcio non si campa e occorre il sì della Peugeot. Il sì arriva sotto forma di un permesso di due mesi senza perdere il lavoro. Due mesi, un tempo infinito, impiegato in gran parte nei viaggi di andata e ritorno. Solo tre anni prima, era il 1927, Charles Lindbergh era riuscito a trasvolare l’Atlantico, ma in solitaria e su una rotta molto più corta; per il primo volo passeggeri di linea si sarebbe dovuto attendere il 1959. Non restava che la nave.
La Coppa realizzata dal francese Abel Lafleur (cr. Ben Sutherland Wikimedia commons)
Nel frattempo un altro francese lasciava il segno. Si chiamava Abel Lafleur e faceva lo scultore. Per i suoi meriti artistici ottenne la Legion d’onore. Fu lui a realizzare la Coppa, in seguito ribattezzata Coppa Rimet. Non aveva un valore solo simbolico, perché conteneva quasi due chili di oro in 30 centimetri d’altezza che imitavano la Nike. Lo stesso Rimet la portò in Uruguay, chiusa in valigia e poi al sicuro nella cassaforte della nave, il Conte Verde, piroscafo italiano.
Il Conte Verde portò ai mondiali quasi tutta l’Europa che vi era rappresentata. La Romania si imbarcò a Genova, la Francia a Villefranche-sur-Mer, fra Nizza e Montecarlo, e il Belgio a Barcellona. Sulla stessa nave salirono anche Rimet e tre arbitri che diressero solo quattro partite. Nello scalo a Rio de Janeiro sarebbe poi salito il Brasile. La Jugoslavia si arrangiò per conto proprio con un’altra nave.
Il panfilo Conte Verde (da facebook Navi di Trieste nel mondo)
Partenza da Genova il 21 giugno, arrivo a Montevideo il 4 luglio, due settimane di navigazione in grado di tagliare le gambe. Le tre nazionali si allenarono sul ponte dotate di un’ampia scorta di palloni che per la maggior parte finirono nell’oceano. Ci si arrangiava come si poteva.
Un tiro per la storia
Il nostro Lucien Laurent con la Francia era destinato a giocare una delle due partite inaugurali. Due, perché si giocarono lo stesso giorno alla stessa ora, il 13 luglio alle 15, mentre nevicava visto che in Sudamerica era inverno. Non nel modernissimo stadio nuovo promesso dall’Uruguay (i lavori erano in ritardo, sarebbe stato inaugurato solo qualche giorno dopo) ma nel piccolissimo impianto di Pocitos, un migliaio di posti, tutti occupati per Francia-Messico mentre altri tre o quattromila guardarono la partita in piedi attorno al campo.
Era il 19’ del primo tempo quando il francese Liberati portò avanti la palla sulla fascia, crossò al centro e Laurent che lo seguiva sull’altro lato colpì di prima, al volo, insaccando nell’angolino alto. L’esultanza fu quasi inesistente, i francesi si strinsero le mani e poco altro. La Francia vinse 4-1 e Lucien aveva segnato il primo gol nella storia dei mondiali di calcio.
Lo stadio Pocitos nel 1921 (cr. Montevideo center of photography Wikimedia commons)
Per lui il mondiale finì lì perché nella seconda partita, con l’Argentina, si infortunò dopo pochi minuti, uscì e saltò anche la terza gara, con il Cile. Doppia sconfitta per la Francia ed eliminazione. Per la cronaca il mondiale lo vinse l’Uruguay, come era prevedibile.
In patria Laurent ebbe una carriera fatta di tante maglie, tante presenze e pochi gol fino allo scoppio della guerra, quando rimase prigioniero dei tedeschi per poi chiudere con il calcio giocato nel 1950 da allenatore del Besançon, la città dove restò lavorando nel bar-birreria che si era comprato. Ebbe la soddisfazione di vedere la sua Francia campione del mondo nel 1998, unico ancora in vita della squadra del 1930. Morì nel 2005 a 97 anni.
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