Mondiale 1962: terremoto, vulcani e pugni

Mondiale 1962: terremoto, vulcani e pugni

L'arbitro Aston circondato dagli azzurri durante Cile-Italia (da Fb La battaglia di Santiago)

In Cile vendetta anti-italiana  

Le cose importanti sono successe tutte fuori dal campo di gioco: un modo paradossale ma efficace per descrivere il mondiale di calcio del 1962, giocato in Cile. La prima, e più importante, risale a due anni prima, alla primavera del 1960, quando il Cile del centrosud venne colpito da un terremoto di potenza sconvolgente. Il sisma è ricordato come “il terremoto di Valdivia”, dal nome della città più colpita.


Valdivia nei giorni del terremoto (cr. Pierre st. Amand Wikimedia commons) 

Si trattò della scossa di maggiore intensità mai registrata che provocò alcune migliaia di morti e danni immensi. In una zona ad alta densità vulcanica originò l’eruzione del vulcano Puyehue che durò a lungo. Insomma, l’apocalisse in terra e in mare, visto che le coste di tanti stati sull’oceano Pacifico furono colpite dalle onde anomale scatenate dalle scosse. Oggi si parlerebbe di tsunami, allora si usò la parola maremoto.

La scelta

In questo scenario di disgrazie concatenate, la Fifa decise ugualmente di designare il Cile come organizzatore del mondiale del 1962, nonostante le carenze strutturali fossero significative anche prima del terremoto. Una scelta contestata, con l’Italia schierata per il no.


I commissari tecnici dell'Italia, Mazza e Ferrari (Wikimedia commons) 

Ma non basta. Prima dell’inizio del mondiale fu la stampa italiana a mettersi di mezzo. Due fra gli inviati partiti per il Cile descrissero lo stato sudamericano come un luogo sottosviluppato, allo sbando, con prostituzione e alcolismo alla luce del sole. Se gli italiani erano già poco graditi per la loro posizione contraria al Cile come organizzatore, questi articoli fecero esplodere l’odio anti-italiano. Gli articoli vennero ripresi dai quotidiani a massima diffusione e il clima contro gli azzurri si fece pesantissimo.


L'espulsione di Ferrini contro il Cile (Wikimedia commons)

Forse tutto sarebbe scivolato via se non fosse accaduto un nuovo episodio negativo: il sorteggio inserì l’Italia nello stesso girone del Cile. I rossi non avevano mai ottenuto risultati di rilievo nei precedenti mondiali ma aprirono il torneo battendo a sorpresa la blasonata Svizzera 3-1 concentrando su di loro l’attenzione.

La battaglia

La situazione non era rosea e con molta ingenuità la spedizione azzurra pensò che a calmare gli animi bastasse un lancio di fiori al pubblico prima della partita. I fiori vennero tirati indietro accompagnati da qualche sasso. Ma si aggiunse anche la singolare decisione degli allenatori azzurri – Mazza e Ferrari – di modificare in modo massiccio la formazione dopo il pareggio all’esordio con la Germania ovest. Poi, dopo tutta questa catena di errori, l’arbitro inglese Aston fischiò l’inizio della partita. E fu come dare il via a un incontro di boxe.


Giocatori a terra nella battaglia di Santiago (Wikimedia commons)

Costantemente aggrediti e picchiati, gli italiani si ritrovarono a subire una duplice espulsione – quelle di Ferrini e David – senza che i cileni subissero alcuna punizione. Aston, un arbitro esperto che qualche anno più tardi inventò i cartellini giallo e rosso, in seguito ammise di essere stato inadeguato e di non avere sospeso la partita per timore di una sommossa popolare. Oggi, a più di 60 anni di distanza, bisogna ammettere che fra tanti errori quella di arrivare fino in fondo fu l’unica decisione giusta.

A casa

Rimasta in 9 contro 11, a una manciata di minuti dalla fine l’Italia capitolò prendendo due gol. Inutile nel terzo e ultimo turno la vittoria netta contro la Svizzera, la sconfitta con il Cile nella partita che si ricorda come “la battaglia di Santiago” segnò il ritorno in patria degli azzurri che addossarono tutte le colpe su Aston (che ne aveva da vendere) senza guardare agli errori tattici che avevano  indebolito una squadra oggettivamente forte.


Garrincha, fra i migliori marcatori del mondiale 1962 (cr. El Grafico Wikimedia commons)

E tutti gli altri? La storia del mondiale in Cile racconta che il Brasile non era una sorpresa e che Pelè non era più il ragazzino della Svezia di quattro anni prima. I brasiliani vinsero il mondiale senza troppe difficoltà e anche senza il loro Pelè, molto presto infortunato. L’eroe del mondiale fu Garrincha, un misto di talento e forza d’animo in un fisico non da super eroe. Il Brasile vinse tutte le partite tranne quella in qualificazione contro la Cecoslovacchia che poi ritrovò in finale: solo uno 0-0. Per il resto sotto la mannaia finirono Messico, Spagna, Inghilterra, Cile (alla fine terza assoluta, squadra capace e di valore contro ogni pronostico) e in finale i cechi cedettero per 3-1.


Amarildo, qui con la maglia della Fiorentina (Wikimedia commons)

La Cecoslovacchia passò in vantaggio ma nel giro di pochi minuti il Brasile pareggiò con il gol di un attaccante che dall’anno dopo avrebbe dato spessore alle squadre italiane: Amarildo Tavares da Silveira, per tutti semplicemente Amarildo. Diverse stagioni al Milan, poi alla Fiorentina e infine alla Roma, con un bottino di 58 gol. L’unico regalo all’Italia di un mondiale amaro.

Riproduzione riservata