Mondiale 1994, il piombo e la fede
Baggio ha appena sbagliato il rigore, Taffarel alza le braccia al cielo
Escobar assassinato, Taffarel vince e gioca per la parrocchia
Ci sono molti motivi per ricordare il mondiale del 1994, e fra questi non c’è la vittoria del Brasile. Un po’ perché il Brasile per principio è fra i favoriti, un po’ per il modo in cui il successo è maturato: ai rigori, purtroppo contro l’Italia con Roberto Baggio – miglior giocatore di tutto il campionato – a tirare alto per la prima volta nella sua carriera. Ben poco c’è da recriminare contro Baggio, considerando che se l’Italia è arrivata in finale lo deve a lui.
La cerimonia di apertura del mondiale 1994 (cr. Pyro spectacular Wikimedia commons)
Il mondiale 94 va ricordato innanzitutto perché si è giocato negli Stati Uniti, quindi per la prima volta non in Europa e non in America latina. Con quel mondiale il calcio è stato in sostanza sdoganato nelle grandi città americane, abbandonando il ruolo di sport esotico per diventare fenomeno capace di riempire gli stadi. Rimaneva il problema degli orari delle partite per permetterne la visione in Europa, cosa risolta giocando in fasce della giornata che mettevano a dura prova i calciatori per temperatura e umidità.
Ambizioni
Ma non è tutto qui. Una delle squadre arrivate negli Stati Uniti con le maggiori aspettative era la Colombia, nonostante nel panorama sudamericano non fosse proprio quella con il pedigree più prestigioso. A cambiare le carte in tavola era stato il modo in cui i colombiani si erano qualificati, con un sonoro 5-0 in trasferta con l’Argentina.
La figurina della nazionale della Colombia 1994
Da qui a diventare favoriti il passo era lungo ma tanto bastò ai colombiani per ritenere che la squadra fosse di primo piano. Andò molto diversamente, perché la Colombia fu sconfitta all’esordio dalla Romania e le cose andarono anche peggio con gli Stati Uniti al secondo turno: 2-1 con gol di Stewart e autorete di Andres Escobar. Inutile la vittoria contro la Svizzera, ultimo posto nel girone e tutti in aereo verso Bogotà.
Il clima in Colombia era rovente e non tanto per il calcio. La morte del narcos Pablo Escobar aveva creato un vuoto di potere nel mondo criminale lasciando il paese in balìa di bande armate e in un clima così tremendo il team della nazionale aveva consigliato ai giocatori sconfitti di non farsi vedere troppo in giro per non imbattersi nel primo esaltato in cerca di vendetta.
Andres Escobar, ucciso al rientro in Colombia (Wikimedia commons)
Sul banco degli imputati era finito Andres Escobar per l’autogol ritenuto decisivo verso l’eliminazione. Pochi giorni dopo il ritorno in patria Escobar venne assassinato davanti a una discoteca. Si parlò di vendetta dei narcos che avevano perso forti somme nelle scommesse clandestine puntando sulla Colombia, Escobar avrebbe pagato per tutti.
Questa versione è stata in sostanza accreditata in mezzo mondo, ma nel 2020 il giornalista Alec Cordolcini su “Il Fatto quotidiano” svelò una verità diversa. Facendo riferimento a un altro giornalista italiano esperto di Colombia, Carlo Pizzigoni, Cordolcini rivelò che l’uccisione di Escobar fu frutto del caso. Il giocatore in una serata storta andò in una discoteca dove avvicinò un paio di ragazze che secondo il gergo della morale degli anni che furono potevano definirsi “di facili costumi”, senza sapere che erano legate a una delle tante bande armate di trafficanti. Ne nacque una aggressione che finì davanti al locale con l’uccisione del calciatore.
L’altra verità
Andres Escobar era il volto pulito di una squadra che presentava calciatori non sempre specchiati. Si preferì accreditare la tesi della vendetta per le scommesse clandestine piuttosto che macchiarne l’immagine con la presenza in un locale frequentato da malavitosi.
Prima di andare a un terzo motivo per cui vale la pena ricordare Usa 94 bisogna lasciare un po’ di spazio alla cronaca spicciola. L’Italia di Sacchi parte malissimo nel girone iniziale qualificandosi solo al ripescaggio fra le terze; agli ottavi le tocca la Nigeria, squadra rivelazione forte di calciatori fisicamente superiori. In svantaggio, l’Italia non ritrova il bandolo della matassa e nel finale subisce anche l’umiliazione dei nigeriani che fanno melina. Con la testa sembrano tutti sulla via di casa ma fra di loro c’è uno, Roberto Baggio, che a due minuti dalla fine ci crede ancora e centra un tiro al veleno e la infila nell’angolino a destra del portiere africano. Roba di un centimetro e l’Italia è viva.
Il gol della Nigeria negli ottavi di finale
Supplementari e le gerarchie vengono ripristinate con la vittoria per 2-1. Poi quarti con la Spagna, 2-1 per gli azzurri con Baggio a segnare il gol della vittoria, semifinale con la Bulgaria e finisce 2-1 con doppietta ancora di Baggio. Quindi finale con il Brasile che ha avuto un percorso più lineare.
Il secondo e decisivo gol di Baggio
Pasadena, ore 12.30, un caldo torrido. Una partita in sostanza dimenticabile, il secondo tempo in particolare. Si va ai supplementari dove succede poco, tocca ai rigori, per la prima volta in un finale del mondiale. Come è scritto nelle statistiche, vince il Brasile 3-2 con l’ultimo rigore italiano sbagliato da Baggio, l’uomo che aveva trascinato la squadra fino a lì.
La nazionale del Brasile (da X Pro direct soccer)
Però c’è anche un’altra storia, quella del portiere del Brasile, un certo Claudio Taffarel. Questo ragazzo rappresentava la rivincita di tutti i portieri brasiliani, considerando che i verdeoro nel ruolo non avevano mai avuto dei maestri. Proveniva dal campionato italiano, prima nel Parma e poi nella Reggiana. Con quest’ultima squadra ha scritto una pagina epica di calcio, autore contro Massaro di una parata da antologia che ha salvato la vittoria 1-0 a San Siro contro il Milan, permettendo alla Reggiana di restare in serie A.
Taffarel esulta, Baggio è affranto dopo il rigore sbagliato (dalla pagina Fb I link più belli)
Dopo San Siro, i rigori di Pasadena. Taffarel si ritrova ancora una volta di fronte Massaro e per la seconda volta la vince lui. Gli errori di Baresi e di Baggio e per la quarta volta la coppa va in Brasile con Taffarel inginocchiato a indicare, lui uomo religiosissimo, il cielo. La realtà però è sempre un passo avanti rispetto alla fantasia e da portiere campione del mondo ed eroe del campionato, Taffarel si ritrova in Italia senza un contratto perché la Reggiana ha fatto altre scelte.
La fede
E quindi? E quindi Claudio Taffarel, il portiere dei miracoli, anziché stare fermo preferisce vestire la maglia della squadra parrocchiale del Preziosissimo Sangue a Reggio Emilia, non fra i pali ma in attacco, come racconta il giornalista Nicola Zinelli nel periodico “Stampa Reggiana”. Non durerà molto perché arriverà la chiamata dell’Atletico Mineiro, prestigiosa squadra del suo paese. Poi la Turchia e di nuovo l’Italia, a Parma, prima del ritiro e il passaggio al ruolo di allenatore. Per il Brasile una leggenda vivente, per la storia del calcio un personaggio favoloso.
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