Mondiale 2014, l'importante è esagerare
Bastian Schweinsteiger esulta in campo con la Coppa del mondo (cr. Marcello Casal Wikimedia commons)
La Germania ne dà 7 al Brasile, è il secondo Maracanazo
Dopo la parentesi africana del 2010, il mondiale di calcio ritorna sui prati abituali. Tocca di nuovo al sudamerica, al Brasile per la seconda volta nella storia della coppa. La prima volta non andò granché bene, anzi andò malissimo. Nel 1950 – primo mondiale dopo la guerra – i festeggiamenti iniziarono ancora prima della partita decisiva salvo poi finire in tragedia con la vittoria dell’Uruguay e una serie di morti dentro e fuori dal Maracanà, fra malori e suicidi.

Il secondo gol uruguaiano che condanna il Brasile nel 1950, è il Maracanazo (Wikimedia commons)
Un evento di tale portata negativa da avere trovato un proprio nome di battesimo: il Maracanazo, dalla storpiatura del nome dello stadio. Certo, un bel colpo di sfortuna per una squadra fortissima come il Brasile, una partita singolare destinata a non ripetersi mai più. O quasi.
Quasi, perché al secondo tentativo di mondiale negli stadi di casa va anche peggio. Il mondiale del 2014 si presenta sotto i migliori auspici per il Brasile con un 11 di primo livello in ogni reparto, anche se non tutti i rincalzi sono di pari valore. C’è poi anche la tradizione, che vuole che nessuna squadra europea abbia mai vinto un mondiale in sudamerica. La Spagna quattro anni prima aveva alzato la coppa fuori dai confini continentali ma si giocava in Africa.

Una delle formazioni del Brasile ai mondiali del 2014 (cr. Danilo Borges Wikimedia commons)
Il cammino della nazionale di casa è buono anche se avvicinandosi alla fine del mondiale qualche scricchiolio si comincia a sentire. Primo nel girone iniziale con due vittorie (fra cui quella sonante e preziosa con la Croazia) e un pareggio, il Brasile di Scolari è costretto ai rigori dal Cile che partiva come netto perdente e poi batte ai quarti la Colombia, ma con le reti di due difensori, particolare che qualche domanda finisce sempre per provocarla.
C’è di più. Nel quarto di finale con la Colombia si infortuna seriamente Neymar – prima stella della squadra – che dice addio al mondiale. Ma uno squadrone come il Brasile può sentirsi in crisi se manca un titolare? Evidentemente sì.

Neymar in nazionale (cr. Kirill Venediktov Wikimedia commons)
Sull’altro fronte la Germania di Low ha un percorso simile: due vittorie e un pareggio non memorabile con il Ghana. La sua presenza è guardata con rispetto senza però dimenticare che il favorito è il Brasile. Poi arriva l’8 luglio 2014, giorno della semifinale Brasile-Germania.
Non si gioca al Maracanà di Rio ma allo stadio Mineiro di Belo Horizonte secondo una giusta distribuzione delle partite della squadra di casa. Il tutto esaurito è scontato, la diretta televisiva mette le immagini a disposizione di qualche miliardo di persone, sul divano anche in orari non facili da gestire per colpa del fuso orario.

Il pubblico brasiliano allo stadio (cr. Danilo Borges Wikimedia commons)
Pronti via e subito si capisce che qualcosa non va. Il Brasile in attacco non è la squadra ordinata e potente delle partite precedenti. Passano solo 11 minuti e i tedeschi segnano con Thomas Muller, nome diverso ma stesso cognome del Gerd Muller che fra anni 60 e 70 scrisse la storia del calcio come attaccante centrale, falco predatore delle aree di rigore.
Si apre una voragine. In pochi minuti la Germania ne segna altri quattro, la partita si trasforma in uno spettacolo mai visto, una disfatta dei brasiliani in stile ritirata napoleonica di Russia senza nemmeno un ponte sulla Beresina per mettersi in salvo. Si va all’intervallo sul 5-0 per i tedeschi, risultato da fantascienza pensando ai pronostici.

Enzo Jannacci nel 1965 nel film "Questi pazzi pazzi italiani" (cr. Piacentini-Zanni Wikimedia commons)
Davanti alle televisioni alcuni milioni di persone cominciano a pensare che forse non è il caso di insistere, il Brasile è sufficiente batterlo senza bisogno di umiliarlo. Difficile credere che i tedeschi conoscano le canzoni di Enzo Jannacci ma nei fatti ne applicano una scritta nel 1985 che si intitola “L’importante è esagerare”. Questo un verso ripetuto più volte:
E l'importante è esagerare
sia nel bene che nel male
senza mai farsi capire

Uno dei sette gol della Germania in semifinale (cr. Marcello Casal jr. Wikimedia commons)
La partita riprende, il Brasile sa che non può tirare i remi in barca aspettando il sipario su una tragedia sportiva, quindi ci prova dopo aver rimescolato un po’ le carte. Risultato: ne prende altri due, e il suo gol, segnato da Oscar all’ultimo minuto, sa di presa in giro, per un 7-1 forse peggiore di un 7-0.
Quindi in finale ci va la Germania mentre dall’altra parte del tabellone sbuca fuori l’Argentina che batte ai rigori Olanda, eternamente destinata a fermarsi a un passo dalla gloria. Il Germania-Argentina al Maracanà – con un po’ di Italia perché l’arbitro è il bravissimo Rizzoli – finisce 1-0 anche se ci vogliono i supplementari e il gol di Gotze a un pugno di minuti dai rigori.

Cerimonia di premiazione, i tedeschi alzano la coppa (cr. Marcello Casal Wikimedia commons)
In modo anche peggiore di quanto avviene in Italia, un rovescio del genere assume i caratteri di catastrofe nazionale per tutto il Brasile con il conseguente strascico di dimissioni del ct Scolari e qualcosa che assomiglia alle scuse istituzionali e al messaggio di conforto della presidente Rousseff. La stampa non perde l’occasione per coniare una nuova parola: visto che la disfatta del Maracanà del 1950 era diventata il Maracanazo, il tracollo del Mineiro diventa il Mineirazo.

L'Uruguay in campo contro l'Italia (cr. Jimmy Biakovicius Wikimedia commons)
Ma nel mondiale brasiliano c’è anche l’Italia? In un certo senso c’è però la sua pratica viene sbrigata alla svelta. Nel girone iniziale vittoria contro una Inghilterra non entusiasmante, poi sorprendente sconfitta 1-0 con il Costa Rica e infine nuova sconfitta 1-0 con l’Uruguay. Quest’ultima si ricorda per due motivi: per il morso di Suarez a Chiellini e perché è l’ultima partita giocata dall’Italia in un mondiale. Nel 2018 e nel 2022 la maglia azzurra non si è vista e la data del rientro italiano nel grande calcio non è stata ancora scritta.
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