Mondiali 1954, la vittoria del dubbio

La Germania campione del mondo (cr. Panini World cup story Wikimedia commons)
I sospetti di doping sulla Germania
Potevano essere i mondiali più belli, furono quelli più discussi. Nel 1954 la Fifa festeggiava i 50 anni e come regalo di compleanno scelse di organizzare la nuova edizione della Coppa Rimet in casa propria, in Svizzera. Nessuna disputa fra Europa e Sudamerica ma una sede che accontentava tutti, nella patria della neutralità assoluta. La scelta degli stadi rispettò anche una equa ripartizione fra città delle varie lingue ufficiali svizzere: Berna, Ginevra, Losanna, Basilea, Zurigo e Lugano.
Potevano essere i mondiali più belli anche perché vi partecipava una delle più grandi squadre di tutti i tempi, l’Ungheria di Puskas, ma anche perché nel consesso del calcio internazionale veniva riammessa la Germania federale, lasciata a casa quattro anni prima in conseguenza delle responsabilità del Paese nella Seconda guerra mondiale. Furono mondiali indimenticabili – in effetti – ma non solo per la altissima qualità del gioco.
Il treno allestito per portare in Svizzera la nazionale tedesca (cr. Ludwig Silvio Wikimedia commons)
Lo furono anche perché la clamorosa vittoria della Germania sull’Ungheria diede il via a una serie di ipotesi di complotto contro i magiari, con coinvolgimenti della politica e il sospetto uso di un farmaco dopante. Se le accuse non parevano all’epoca prive di fondamento, è necessario chiarire che non vi furono mai prove decisive nel dimostrare l’uso illecito della chimica, tali da mettere realmente in dubbio il diritto dei tedeschi a portare a casa la Coppa Rimet. Tuttavia anche in tempi recenti, ormai a 70 anni dal mondiale svizzero, la vicenda continua a far discutere gli storici del calcio.
I due assi ungheresi Puskas e Hidegkuti qui contro l'Inghilterra (cr. Wim van Rossem Wikimedia commons)
Il ruolo dell’Italia fu marginale. Liquidata la pratica della qualificazione con una doppia vittoria sull’Egitto, gli azzurri furono inseriti in un girone di ferro - con Svizzera, Inghilterra e Belgio –, vinsero solo con i belgi per essere eliminati dai padroni di casa nello spareggio per il secondo posto. Breve era stato il viaggio di andata, rapido fu quello di ritorno.
Paradossale il fatto che già nel girone di qualificazione si incontrassero ungheresi e tedeschi. Vinsero i primi, secondo pronostico, anche se forse non era prevedibile un devastante 8-3. Quarti di finale che si ricordano solo per un Brasile-Ungheria ribattezzato “la battaglia di Berna”: un 4-2 per gli ungheresi in cui accadde di tutto, un parapiglia con coinvolti giocatori, fotografi e poliziotti.
Una fase di Brasile-Ungheria, la "battaglia di Berna" (Wikimedia commons)
Non vi furono conseguenze disciplinari per nessuno; la dietrologia non favorisce la reale spiegazione dei fatti ma si può pensare che la chiusura di entrambi gli occhi sugli incidenti dipendesse dalla volontà di non privare il mondiale dei suoi migliori protagonisti negli ultimi e decisivi passaggi.
Dopo lo scoglio Jugoslavia, tutto facile in semifinale per la Germania che seppellì di gol l’Austria mentre agli ungheresi ci vollero i supplementari per avere ragione del coraggioso Uruguay. Si arriva così al 4 luglio, giorno della finale al Wandkorfstadion di Berna. Secondo i critici dell’epoca doveva essere una formalità. Fra l’altro – particolare curioso – l’arbitro era l’inglese Ling, lo stesso dell’8-3 del girone iniziale.
Intervento del portiere tedesco Turek nella finale (cr. bibl. Politecnico federale di Zurigo Wikimedia commons)
Il primo segnale che le cose non sarebbe scivolate via facili arrivò dal cielo: pioveva forte e il campo allentato favorisce sempre la squadra tecnicamente più debole. Nonostante tutto bastano pochi minuti all’Ungheria per andare avanti di due gol. Finita così? Nient’affatto, perché di minuti ne passano ancora pochi e siamo sul 2-2. Poi la partita è tutta un assalto ungherese che non dà frutto e a quattro minuti dalla fine è la Germania a passare con un tiro di Rahn. A un pugno di secondi dalla fine Puskas pareggia ma tanto per rinforzare le tesi complottiste l’arbitro inglese annulla per un fuorigioco che pochi hanno visto.
Il gol del pareggio di Puskas annullato per fuorigioco (cr. bibl. Politecnico federale di Zurigo Wikimedia commons)
Senza intemperanze la Coppa Rimet finì nelle mani del capitano tedesco e per l’Ungheria si chiudeva per sempre un ciclo d’oro. Ma se a Berna terminava il mondiale giocato, continuava quello dei sospetti. Come era possibile che i tedeschi mostrassero una forma fisica perfetta al termine di un campionato durissimo mentre gli ungheresi – più forti tecnicamente – apparivano provati?
Una risposta sembrò arrivare dopo alcuni giorni, quando diversi fra i campioni tedeschi finirono in ospedale per disturbi di fegato tali da obbligarli a sospendere qualsiasi attività fisica. Inoltre negli scarichi degli ambienti che ospitavano la Germania vennero trovate alcune fialette, vuote.
Una confezione di Pervitin (cr. Jan Wellen Wikimedia commons)
Da quel ritrovamento partì l’accusa di doping – parola all’epoca quasi sconosciuta – con l’indicazione di un medicinale preciso che sarebbe stato somministrato ai calciatori: il Pervitin. Si trattava di una anfetamina di largo uso come stimolante, distribuita fra i soldati tedeschi durante la guerra. Grazie a quel farmaco i militari non avvertivano fame e stanchezza e si dimostravano più efficaci nel combattimento. Gli effetti collaterali erano pesanti, ma era tempo di guerra, non si andava per il sottile.
Il gruppo tedesco ribaltò sulla Svizzera le accuse, affermando che i problemi al fegato erano stati contratti in hotel, ma l’ipotesi cadde subito; il titolare dell’albergo non ebbe difficoltà nel dimostrare che nessun altro aveva avuto problemi di salute. Poco credibile anche la giustificazione che le fialette contenessero glucosio e vitamina C, sostanze che non avevano bisogno di iniezioni per essere assunte. Nel 1954 non esistevano strategie per scoprire e combattere il doping e i fatti ci dicono che ad oggi nessuno ha portato prove concrete dell’uso di farmaci illeciti da parte dei tedeschi.
La consegna della coppa alla Germania (cr. Estadio Wikimedia commons)
Uno studio degli anni dieci di questo secolo condotto in ambito universitario sul doping nello sport tedesco – non solo il calcio – non è arrivato a conclusioni univoche incontrando anzi ostilità, come riferiva in un servizio “Der Spiegel”. In Italia a schierarsi con i tedeschi è stato un gigante del giornalismo sportivo, Gianni Brera, che nella sua “Storia critica del calcio italiano” scriveva: “La loro vittoria aveva sorpreso troppa gente per non sembrare anche un furto. Sullo slancio di quella, però, i tedeschi seppero mirabilmente restare alla ribalta del calcio mondiale. Andassero dunque pianino, i malevoli e gli invidiosi, a pigliarli per ladri di titoli”.
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