Cittą contro campagna a Sanremo

Cittą contro campagna a Sanremo

L'insegna del Festival di Sanremo al teatro Ariston (dalla pagina Fb Sanremo new talent)

Boom economico, progresso e tradizione nelle canzoni

L’articolo è una parziale rielaborazione, focalizzata sulle canzoni che hanno partecipato al Festival di Sanremo, del quinto capitolo del libro di Azio Sezzi Vincenzina, Brambilla e il dirigente. Lavoro e lavori nella musica leggera italiana dagli anni Sessanta ad oggi con prefazione di Tito Boeri, Aliberti Editore, 2010.

Gli anni Sessanta e il boom economico rappresentano la fase di maggiore accelerazione del processo di “modernizzazione” dell’Italia – descritto in letteratura da autori come Calvino, Volponi e Pasolini (cui si deve la metafora dello sviluppo senza progresso) e nel cinema da registi quali Visconti, Risi e Germi – un paese di tradizione agricola che si industrializza e urbanizza molto rapidamente.

I grandi centri urbani, in particolare nel nord del Paese, attraverso una massiccia offerta di posti di lavoro e insieme di prospettive di vita più interessanti e comode, svolgono un ruolo di potenti e bruschi poli di attrazione destinati a sconvolgere i tradizionali e rassicuranti equilibri su cui si fondava la nostra società.

Nella musica leggera le contraddizioni di questa trasformazione tumultuosa e complessa prendono la forma di uno scontro tra la campagna e la città, con la prima portatrice di valori solidi e positivi e la seconda di malessere e nevrosi. Di questa delicata transizione abbiamo traccia significativa nelle edizioni del Festival di Sanremo tra il 1966 e il 1972.


Adriano Celentano con Claudia Mori (dalla pagina Fb Foto importanti)

Il profeta, nel senso più letterale del termine, dell’anti urbanesimo, è Adriano Celentano ne Il ragazzo della via Gluck (1966), storia di un giovane milanese che rientra nella sua strada dell’infanzia dopo averla lasciata per qualche tempo, ritrovandola completamente trasformata, in peggio.

Passano gli anni,
ma otto son lunghi,
però quel ragazzo ne ha fatta di strada,
ma non si scorda la sua prima casa,
ora coi soldi lui può comperarla
torna e non trova gli amici che aveva,
solo case su case,
catrame e cemento.
Là dove c'era l'erba ora c'è
una città,
e quella casa in mezzo al verde ormai
dove sarà.

Il brano non si qualificherà alla serata finale, ma avrà un ottimo successo commerciale, raggiungendo i primi posti delle vendite di quell’anno. Celentano tornerà ripetutamente sul tema – La storia di Serafino (1967), Viola (1971), Un albero di trenta piani (1972) – facendo poi dell’ecologismo una sua bandiera, fino ai giorni nostri.

Altri autori si cimenteranno sulla materia, quasi sempre dalla parte della campagna, metafora di legami genuini, di valori potenti, di eccellente qualità della vita contro lo stress, l’individualismo, l’alienazione caratteristici della città. Citiamo tra gli altri, Nino Ferrer con Viva la campagna (1967), i Ricchi e poveri In questa città (1970), Cemento armato (1973) de Le orme.


Luigi Tenco a Sanremo nel 1967 (Wikimedia commons)

Torniamo al Festival, in questo caso con la diciassettesima edizione, anno 1967. Il 26 gennaio si esibisce il ventottenne Luigi Tenco, con Ciao amore ciao.

Andare via lontano
cercare un altro mondo
dire addio al cortile
andarsene sognando.
E poi mille strade
grigie come il fumo
in un mondo di luci
sentirsi nessuno.

Saltare cent'anni
in un giorno solo
dai carri nei campi
agli aerei nel cielo
e non capirci niente e aver voglia di tornare da te.
Ciao amore, ciao amore, ciao amore, ciao.

Le difficoltà narrate nella canzone non sono solo una testimonianza artistica. Il disagio e il malessere esistenziale con i quali conviveva da tempo il cantautore nato in Piemonte e genovese d’adozione trovano una tragica accelerazione con l’eliminazione dalla gara. Tenco poche ore dopo aver appreso la notizia si toglie la vita in una stanza d’albergo di Sanremo, lasciando uno scritto molto critico sul Festival e sull’industria musicale.

Proseguendo nelle edizioni di Sanremo ci soffermiamo su due brani focalizzati sul distacco dai luoghi familiari e comunitari, che richiamano le prime forme di emigrazione.


Al Bano a Sanremo con Nicola di Bari

Parliamo de La siepe (1968) dell’esordiente Al Bano.

E non mi capirai,
mamma, oh mamma
so già che tu piangerai
ma non mi puoi fermare
mi hai insegnato tu a camminare ed ora devo andare,
devo andare.
Ciao ulivi che restate qui
Ciao ruscello che rimani qui
Ricordi miei, amici miei che non scorderò mai più


Il gruppo genovese I ricchi e poveri (Wikimedia commons)

E parliamo anche dei Ricchi e Poveri, in coppia con Josè Feliciano, Che sarà (1971)

Paese mio che stai sulla collina
Disteso come un vecchio addormentato
La noia l’abbandono
Il niente sono la tua malattia
Paese mio ti lascio e vado via.
Che sarà che sarà che sarà
Che sarà della mia vita chi lo sa
So far tutto o forse niente
Da domani si vedrà
E sarà quel che sarà

Arriviamo così al Festival della canzone italiana del 1972, particolarmente ricco di brani su questi temi.


Gianni Morandi a Sanremo nel 1972 (Wikimedia commons) 

Andiamo da Gianni Morandi, Vado a lavorare, elogio della dura ma sana civiltà agreste, ricca di soddisfazioni varie.

Lavora col sole,
lavora col vento,
si parte all'alba,
si torna al tramonto
ma con la luna e il cielo sereno
mi stendo sul fieno, amore con te


Modugno con Villa, Al Bano, Morandi, Berti e Ranieri (Wikimedia commons)

E andiamo a Domenico Modugno, Un calcio alla città, rivolta simulata di un colletto bianco alla ricerca della libertà campagnola.

La campagna dov'è?
Voglio il verde intorno a me
Il profumo della sera
Quando torna primavera
Per stavolta faccio senza
Della pastasciutta scotta della mensa
Amore mio, vieni anche tu
Il capufficio lasciamolo su, lasciamolo su


Da sinistra Angelica, Marisa Sacchetto, Alice e Marcella (cr. archivio LaPresse Wikimedia commons)

Passando poi a Marcella Bella, Montagne verdi, storia di emigrazione “interna” dall’appennino meridionale.

Mi ricordo montagne verdi e le corse di una bambina
Con l'amico mio più sincero, un coniglio dal muso nero
Poi un giorno mi prese il treno
L'erba, il prato e quello che era mio
Scomparivano piano, piano e piangendo parlai con Dio
Quante volte ho cercato il sole
Quante volte ho mangiato sale
La città aveva mille sguardi
Io sognavo montagne verdi


La copertina del 45 giri "Un diadema di ciliege"

E, ancora una volta, dai Ricchi e poveri, con Un diadema di ciliege, che ci racconta di un giovane artigiano che lascia il suo paese per una triste catena di montaggio urbana. Tornerà finalmente a casa, ma la sua fidanzata, “la più bella del villaggio”, ormai si è spenta.

ma un treno passa un treno va
grande città sei sola là
ma amore un vero gioiello avrai
mi aspetterai
poi la tua mano si spegne laggiù
bianca farfalla che non vola più
che non vola più


Toto Cutugno premiato a Sanremo, qui con Benigni e Olimpia Carlisi (Wikimedia commons)

Sarà poi Toto Cutugno a tornare, molti anni dopo, sull’argomento al Festival del 1995, con Voglio andare a vivere in campagna, in assoluta continuità con i suoi colleghi dei tempi andati

Voglio ritornare alla campagna, ah ah
Voglio zappar la terra e fare la legna, ah ah
Ma vivo qui città
che fredda 'sta tribù
Non si può più comunicare
Qui non si può più respirare
il cielo non è più blu
E io non mi diverto più

A titolo di curiosità segnaliamo che dei nove brani sanremesi citati, il migliore piazzamento riguarda Che sarà, classificata al secondo posto nell’edizione del 1971.


Giorgio Gaber con Roberto Benigni (cr. Gorup de Besanez Wikimedia commons)

P.S. Una doverosa citazione merita Giorgio Gaber, solitario alfiere metropolitano, che polemizza con Celentano ne La risposta al ragazzo della via Gluck (1966), narrando di un giovanotto di periferia abbandonato dalla promessa sposa alla vigilia del matrimonio perché il Comune ha deciso di abbattere il bilocale (“fitto bloccato”) futuro nido del loro amore, per fare un bel prato verde.

E quel palazzo un po’ malandato
va demolito per farci un prato
il nostro amico la casa perde
per una legge del piano verde.

Ma quella casa ma quella casa
ora non c’è più
ma quella casa ma quella casa
l’han buttata giù.

 

Questi gli autori e le case discografiche delle canzoni citate.

Cemento armato (Pagliuca-Tagliapietra-Reverberi) © Philips Records
Che sarà (Migliacci-Greco-Pes-Fontana) © Universal Music Publishing Group
Ciao amore ciao (Tenco) © RCA Italia, Ricordi
Il ragazzo della via Gluck (M. Del Prete- A. Beretta-L. Celentano) © Clan Celentano
In questa città (Califano-Vianello-G. Capuano-M. Capuano) © Apollo, RCA Italia
La risposta al ragazzo della via Gluck (Gaberscik) © Ri-Fi
La siepe (Massara-Pallavicini) © Voce del Padrone
La storia di Serafino (Beretta-Del Prete-Rustichelli-A. Celentano) © Clan Celentano
Montagne verdi (Bigazzi-G- Bella) © CGD
Un albero di trenta piani (A. Celentano) © Clan Celentano
Un calcio alla città (Modugno-Castellacci-Battaglia) © RCA
Un diadema di ciliegie (Bertola) © Fonit Cetra
Vado a lavorare (Migliacci-Petaluma-Marrocchi-Tariciotti) © Sony BMG Entertainment (Italy)
Viola (Beretta-Del Prete-De Luca-Hunter) © Clan Celentano
Viva la campagna (Ferrari-Verde) © Riviera
Voglio andare a vivere in campagna (Cutugno) © Dito Ed. Mus., Number Two Edizioni Musicali, Studio Recording J.S. Bach

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