Il nome della rosa, capolavoro doppio

Il nome della rosa, capolavoro doppio

Francesco Filidei e Umberto Eco (cr. Harald Hoffmann Casa Ricordi e Aubrey Wikimedia commons)

Francesco Filidei e il debutto della sua opera

E’ il debutto operistico del quale più si è parlato. “Il nome della rosa” di Francesco Filidei ha vissuto la prima alla Scala il 27 aprile in un’atmosfera di attesa dovuta in parte al prestigio del compositore pisano e in parte alla celebrità del soggetto. La complessità del capolavoro di Umberto Eco era tale da autorizzare più di un dubbio sulla possibilità di tradurlo negli spazi fisici di un palco e temporali della durata di un’opera lirica. “Il nome della rosa” di Filidei con la regia di Damiano Michieletto è diventato realtà dopo una elaborazione durata più di quattro anni con i collaboratori Stefano Busellato, Hannah Dübgen e Carlo Pernigotti. Per la sinossi c'è voluto un anno e mezzo.

In questi giorni Francesco Filidei si trova in Francia per ragioni di lavoro e l’adrenalina per la sua nuova creatura è lontana dall’essere stata assorbita.


Il compositore pisano Francesco Filidei (cr. Harald Hoffmann Casa Ricordi)

Maestro Filidei, quanto tempo è stato necessario per convincere La Scala e l’Opéra di Parigi a portare in scena il suo “Il nome della rosa”?

Due minuti. E’ stata una mia idea comporre un’opera sul libro di Eco, e quando l’ho proposta alla Scala è stata accettata subito. C’è voluto più tempo con la famiglia di Eco che detiene i diritti morali sul libro.

Lei è autore anche del libretto, non ha mai avvertito l’ansia del dover ridurre un capolavoro di quella portata, magari allontanandosi da una interpretazione stretta?

Era chiaro che il libretto sarebbe stato dirimente e proprio per questo ci abbiamo messo così tanto tempo. Ci sono state anzi critiche per la troppa fedeltà, ma questo non mi scompone, mi fa capire di essere rimasto sulla buona via, anche perché erano le stesse critiche fatte a Eco da chi gli consigliava di eliminare le prime cento pagine. Vogliamo dare 10 anni all’opera per vedere se queste critiche esisteranno ancora qualora l’opera continui ad essere eseguita? La scena del portale non va tolta perché alla fine nonostante l’ingombro è guardacaso una di quelle delle quali si parla di piu. So usare le forbici e quando sento che è necessario correggere lo faccio. Se si vuole criticare la presenza di drammaturgie diverse si dimentica che l’opera non vuole rinunciare ad altre visioni, come quella relativa all’ambito teologico, al rapporto formale con la struttura. Tutte queste tessiture sottostanti sono presenti.


La mappa del labirinto (cr. Umberto Eco editrice Bompiani Wikimedia commons)

Il nome della rosa è popolato di suggestioni visive, come ha ritenuto di poterle rendere musicalmente?

La potenza del romanzo non viene dalla scrittura ma da quello che c’è dietro. Eco doveva creare il mondo, faceva cartine e mappe e con un lungo lavoro il mondo si è costruito da solo. Questo mondo creato da Eco è talmente strutturato che altri mezzi possono rendere passaggi anche meglio della scrittura. L’opera ad esempio se non si presenta come strumento migliore per far passare la trama poliziesca è grazie alla geometria del  contrappunto forse anche più adatta ad esprimere il concetto di labirinto.


"Beata Viscera" di Perotinus (Wolfenbuttel dogital library Wikimedia commons)

La trama è ambientata nella prima metà del 300. Il suo stile compositivo ha avuto necessità di adattarsi a un’epoca tanto remota?

Lo stile respira in modo diverso perché ogni opera ha il suo tipo di approccio. Nel nome della rosa ritroviamo echi di Perotinus ma arriviamo anche a Stockhausen, abbiamo rimandi a Saint-Saens e a Richard Strauss, lasciando sempre intatto lo spirito di Eco. D’altra parte se uno vuole parlare di amore deve passare da Tristano, se vuole parlare di risate deve passare per Falstaff.

A che si deve la scelta di affidare il ruolo di Adso da Melk a una voce femminile?

E’ la storia dell’opera. Quanti Cherubini o Quinquin abbiamo avuto? Non ci sono stati dubbi, è una scelta venuta naturale. Più complesso è stato accettare una voce femminile per il ruolo dell’Inquisitore. Mi sono deciso quando ho sentito Anita Rachvelishvili ed ho capito che dovevo usare una voce di donna grave. Ho voluto usare un colore grave di donna per ampliare la gamma espressiva. Avevo due cattivi da costruire, uno descritto come voce di basso; in questo modo ho avuto una maggiore ampiezza di colori.


Sean Connery e Christian Slater nei panni di Guglielmo da Baskerville e Adso da Melk (dal film di Jean-Jacques Annaud, pagina Fb Renacimiento literario del Alma)

Qual è stato il personaggio più difficile da realizzare?

Guglielmo da Baskerville, perché non è un personaggio simpatico e non si presta a farlo cantare molto. Anche Eco nelle postille al romanzo dice di avere scritto una sorta di preghiera per Guglielmo e di averla poi tolta perché non voleva che il personaggio risultasse troppo emotivo. Io ho aggiunto un’aria apposta nel primo atto e alla fine lo faccio parlare per spiegare com’è arrivato alla soluzione; sarebbe stato difficile riuscirci cantando.

La voce di Adso da vecchio è affidata al coro. E’ solo una mia suggestione o è una soluzione che rimanda al teatro greco?

Non è solo una suggestione. La voce di Adso vecchio, che volevo sussurrata, alla Scala era un problema. Ho preferito la soluzione del coro alla voce singola, siamo in un teatro e va evidenziata la collettività.


Il frammento del "De contemptu mundi" di Bernard de Cluny dal quale Eco ha tratto le ultime righe de "Il nome della rosa" (Wikimedia commons)

Quanto tempo è stato necessario per arrivare all’apertura del sipario?

Due anni e mezzo per scrivere il libretto, e ci sono stati momenti in cui mi sono chiesto cosa stavo facendo. Ma alla fine pensiamo quanti Amleti o Macbeth ci sono. Ho 50 anni e quindi o lo facevo adesso o non lo facevo mai più. E’ la stessa età di Eco quando ha scritto il romanzo, ho ancora sufficiente energia e abbastanza maturità.

Qual è stato fino ad ora il responso del pubblico, che è ciò che dà un senso al lavoro di chi vive di teatro e di musica?

In poche parole posso dire che la risposta mi pare proprio sia stata ottima.

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