Natale ha bisogno della musica
Gruppo di ottoni esegue musiche natalizie nelle strade (cr. Tim Vickers Wikimedia commons)
Le canzoni che lo celebrano: il medioevo, Bach, le stelle di oggi
Mele Kalikimaka significa Buon Natale in hawaiano. L’espressione è una traslitterazione fonetica di Merry Christmas, adattata alle regole della lingua hawaiana che non include i suoni della r e della s e che richiede che ogni consonante sia seguita da una vocale. La frase è comparsa per la prima volta nel 1904 su Ka Nupepa Kuokuoa, rivista pubblicata tra il 1861 e il 1927, che spesso adattava parole inglesi alla lingua locale.

Buon Natale in lingua hawaiana (cr. Yakihiro Matsuda Wikimedia commons)
La fortuna di questa espressione risale al 1949 quando il compositore Alex Anderson, incalzato da una collaboratrice che lamentava l’assenza di un canto natalizio proprio di Honolulu, decise di scrivere un singolo che, naturalmente, intitolò Mele Kalikimaka. L’anno successivo, Bing Crosby e le Andrew Sisters incisero il brano con un vivace scambio tra la voce solista di Crosby, ricca di tabacco da pipa, e le armonie delle Andrews, cariche di ritmi swing incalzanti.

Bing Crosby (cr. Cbs radio Wikimedia commons)
La canzone è diventata un classico di Natale, molto nota oltreoceano, meno in Europa: nel 2010 il singolo è stato interpretato da Mina, che l’ha inserito nell’album “Piccola Strenna”. L’elemento caratterizzante del brano è l’atmosfera natalizia calata nella verde terra in cui le palme ondeggiano, molto diversa dal Natale Vittoriano o da quello rosso Coca Cola di Times Square.

L'ultima esibizione pubblica di Mina nel 1978 (cr. Romeo Puddu Wikimedia commons)
Questo è il periodo dell’anno in cui le nostre fredde orecchie sono invase da qualsiasi tipo di melodia natalizia, cioè da un genere musicale tanto antico quanto plurale. Il punto di partenza è il Sacro, il primo e più profondo significato del Natale: i carols, cioè i canti di preghiera, già dal basso medioevo venivano associati prevalentemente alla celebrazione della nascita di Cristo, ed erano utili per diffondere un messaggio di fede e preghiera attiva.

Willcox Smith, illustrazione da "A Christmas Carol" di Dickens (Wikimedia commons)
Dopo secoli di alterne fortune, la riscoperta dei carols (e l’inizio del loro successo più laico) arrivò a metà ottocento, grazie a Dickens, l’uomo che con una penna inventò il Natale. Nell’iconografia dello scrittore, illustrata nei Racconti di Natale scritti tra il 1843 e il 1848, i carols hanno un ruolo importantissimo, tant’è che nella più celebre delle storie, appunto “A Christmas Carol”, il vecchio Scrooge, in compagnia dello Spirito del Natale Passato, rimpiange di non aver aiutato un bambino che la sera precedente era davanti alla sua porta a cantare.

John Leech, "Scrooge e il fantasma del Natale" (Wikimedia commons)
La scena è descritta all’inizio della seconda stave, cioè strofa, perché il racconto, pur essendo scritto in prosa, non è diviso in capitoli ma in strofe, come un vero e proprio inno da intonare durante le feste. Altro carol molto celebre, ma non di origine inglese, è Ščedryk, altrimenti noto come Carol of the Bells, il canto delle campane. Il carol nacque a Pokrovsk, nell’oblast’ di Donec’k, dalla mente di Mykola Leontovyc, compositore ucraino assassinato dalla Ceka, la polizia politica sovietica, nel 1921 (oggi il pezzo è diventato un inno di resistenza all’invasore russo).

Ragazze ucraine cantano a L'viv all'inaugurazione del presepe (cr. Alina Viznaya Wikimedia commons)
Il brano venne poi arrangiato da Peter Wilhousky, maestro di coro collaboratore di Toscanini, che scrisse le parole in inglese e nel 1990 è stato inserito da John Williams nella colonna sonora di “Mamma ho perso l’aereo”.

Bach e Corelli nei ritratti di Haussmann e Howard (Wikimedia commons)
Oltre ai carols nelle loro varie forme, anche i grandi compositori hanno riempito di note sacre spartiti musicali dedicati al Natale: Bach scrisse l’omonimo oratorio, da eseguire dal 25 dicembre al 6 gennaio, per narrare in sei cantate la nascita di Cristo; Torelli e Corelli composero dei concerti “fatti per il Natale”, così come Vivaldi; a inizio ottocento, l’organista austriaco Franz Xaver Gruber, musicò Stille Nacht, Heilige Nacht, alias Silent Night o, in Italia, Astro del Ciel. Il canto corale si fece presto canzone e oggi è uno fdei brani più popolari del Natale (bellissima l’interpretazione della cantante irlandese Sinéad O’Connor).

Gli autori di Stille Nacht nella cartolina per il centenario della canzone (cr. Gruber Wikimedia commons)
Ma la storia della musica natalizia non si ferma all'eco solenne dei carols o alla grandezza degli oratori barocchi. Anzi, la sua vera forza risiede proprio nella sua capacità di assimilare e trasformare, saltando dal sacro al profano, dal coro al successo radiofonico. Già negli anni '40, con l'avvento dell'era d'oro dello swing, brani come la stessa "Mele Kalikimaka" o la malinconica "White Christmas”, sempre interpretata da Crosby, hanno via via secolarizzato l'atmosfera festiva, spostando il focus dal presepe al camino, dalla preghiera a “Let it snow!”, scritta nel luglio del 1945 in California, invocazione di un clima più freddo rispetto alla scintillante arsura di Hollywood.

Il Supergruppo che ha registrato "Do they know it's Christsmas time" (dalla pagina Fb Gli anni 80)
C’è chi poi ha cantato il Natale in un’ottica di contestazione alla guerra, Happy Xmas di John Lennon, oppure per affrontare emergenze umanitarie, Do They Know it’s Christmas Time, scritta da Bob Geldof per la fame in Etiopia nel 1984. E infine chi ha adottato il Natale in chiave super popolare, dando vita a melodie emblematiche di relazioni amorose mancate o di puro divertimento, come gli Wham o Mariah Carey che, dai supermercati agli studi medici passando per gli uffici pubblici, colonizzano le nostre orecchie per tutto il mese di dicembre.
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