Quando Sanremo faceva politica

Celentano sul palco di Sanremo nel 1970 (cr. Wikimedia commons)
Patriottismo, pacifismo e protesta sociale
E’ un peccato quando un Festival di Sanremo si conclude senza una polemica, uno strascico, un brivido, una contestazione. Se una manifestazione arriva all’edizione numero 75 vuol dire che, piaccia o non piaccia, il legame con la società italiana non è mai venuto meno - mediato dalla radio prima e dalla televisione poi - in una evoluzione che ha visto il lato spettacolare prevalere su quello musicale; e anche il dibattito attorno al festival è sempre rimasto ancorato ai tempi. Di recente si è discusso su un artista che tirava calci alle rose, ma episodi del genere scompaiono rispetto a un passato in cui Sanremo e le sue canzoni diventavano strumenti politici, veicolando messaggi espliciti e non sempre in sintonia con il sentire comune.
La colomba
Di certo il sentimento degli italiani lo rappresentava Nilla Pizzi che nel 1952 vinse la seconda edizione di Sanremo con “Vola colomba”. A dispetto di chi ritiene che questa canzone rappresenti un passato arcaico della canzone italiana, “Vola colomba” esprimeva un pensiero politico potentissimo. I primi versi dicono tutto:
Dio del Ciel, se fossi una colomba
Vorrei volar laggiù dov'è il mio amor
Che inginocchiata a San Giusto
Prega con l'animo mesto
Fa che il mio amore torni, ma torni presto
Nilla Pizzi con Achille Togliani a Sanremo nel 1952 (cr. Wikimedia commons)
Dov’è San Giusto? A Trieste. San Giusto è la cattedrale di una città che nel 1952 non è ritornata italiana, sottoposta a un regime provvisorio come Territorio Libero di Trieste; una specie di stato indipendente che non diventò mai realtà perché subito venne diviso in due aree di influenza: una con Trieste sotto l’amministrazione militare alleata e l’altra sotto quella jugoslava. La situazione si risolse solo due anni dopo con gli accordi di Londra che spartirono il territorio fra Italia e Yugoslavia. Ma nel 1952 Trieste ancora non poteva dirsi italiana e la colomba di Nilla Pizzi doveva volare verso Trieste per riportarla in Italia. Politica internazionale, niente di meno.
Viva la pace
Un salto in avanti fino al 1967, quando I Giganti arrivarono terzi con una strana canzone, un po’ cantata e un po’ parlata, che si intitolava “Proposta” ma che tutti hanno sempre chiamato “Mettete dei fiori nei vostri cannoni”, come proponeva il ritornello.
I Giganti a Sanremo nel 1967 (fotogramma da youtube)
Un appello alla pace e alla equità sociale (perché si parlava anche di ragazzi che lavoravano in fabbrica per pochi soldi) indirizzato ai giovani ma in realtà diretto a tutti. Erano gli anni delle manifestazioni contro la guerra in Vietnam e la lotta per i contratti di lavoro sarebbe esplosa di lì a poco. La “Proposta” de I Giganti era una presa di posizione coraggiosa che rischiava di affondare di fronte al perbenismo e che invece arrivò sul podio.
Sciopero dell’amore
Piccolo salto in avanti, e siamo al 1970. Vinse Adriano Celentano insieme a Claudia Mori con “Chi non lavora non fa l’amore”, testo che più esplicito non poteva essere sull’onda lunga dell’autunno caldo con l’Italia attraversata dagli scioperi. Il marito sciopera in fabbrica e la moglie fa lo sciopero dell’amore, per ritorsione. E lui se ne torna a lavorare da crumiro, prendendo un pugno in faccia. Una canzone conservatrice e a modo suo coraggiosa (che ebbe un grande riscontro di vendite) considerando l’atmosfera dei tempi.
Gli hippy
Un altro caso un paio di anni dopo. Sanremo 1972, in gara ci sono i Delirium, poco noti al grande pubblico, guidati alla voce e al flauto da un giovanissimo Ivano Fossati. Il gruppo si presenta sul palco insieme a un bel numero di ragazzi e ragazze vestiti in maniera bizzarra; cantano “Jesahel”, un brano poetico che genera stupore.
L'immagine del 45 giri originale di Jesahel, 1972
Si qualificano per la serata finale e arrivano sesti, salvo poi arrivare al primo posto nella classifica dei dischi più venduti. Mentre in America i figli dei fiori tiravano i remi in barca, i Delirium spopolavano come testimoni della cultura hippy.
Eurocensura
Infine un ultimo caso, anche se con Sanremo c’entra fino a un certo punto. All’Eurofestival del 1974 l’Italia mandò Gigliola Cinquetti, che propose una canzone intitolata “Sì”, con versi come “Sì, dolcemente dissi sì”.
Gigliola Cinquetti con Mike Bongiorno nel suo primo Sanremo (cr. Wikimedia commons)
L’Eurofestival si svolse in Inghilterra il 6 aprile 1974 ma gli italiani lo videro in differita più di un mese dopo per timore che il titolo della canzone potesse influenzare il voto nel referendum sul divorzio del 12 maggio. Vinsero gli Abba e Gigliola Cinquetti arrivò seconda. Il suo sì non ce la fece per un pelo mentre gli italiani con il loro no decisero che il divorzio doveva restare un diritto.
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