La profezia sui migranti

La profezia sui migranti

Lo shock dello sbarco dei migranti del Vlora a Bari, 8 agosto 1991 (cr. Luca Turi Wikimedia commons)

Il Pasolini poeta aveva già previsto tutto

Cinquant’anni fa il poeta, scrittore e regista veniva assassinato. iosonospartaco ripercorrerà il suo ruolo nell’Italia del dopoguerra e del boom economico

Il titolo è “Profezia” e profetica lo è per davvero. Siamo nei primi anni Sessanta e Pier Paolo Pasolini pubblica una poesia che descrive nei dettagli la temuta invasione di migranti coperti di stracci che dalle coste dell’Africa mezzo secolo dopo arriveranno fino a noi.

 “Alì dagli Occhi Azzurri/uno dei tanti figli di figli/scenderà da Algeri, su navi/a vela e a remi. Saranno con lui/migliaia di uomini coi corpicini e gli occhi/di poveri cani dei padri/sulle barche varate nei Regni della Fame”.


Particolare dal ritratto fotografico di Pasolini (cr. Anatole Saderma Wikimedia commons)

Pasolini visionario raffigura un mondo immaginato, i cui contorni si dispiegheranno poi, ma solo decenni più avanti, in tutta la loro violenza e drammaticità. La partitura era già scritta, ma non ancora svelata se non agli occhi del poeta.

“Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali/ Sbarcheranno a Crotone o a Palmi/a milioni, vestiti di stracci asiatici/e di camicie americane/Subito i Calabresi diranno/ come da malandrini a malandrini:/«Ecco i vecchi fratelli,/coi figli e il pane e formaggio”.

Gli sbarchi

“Profezia” appare per la prima volta nel ’64, all’interno del volume “Poesia in forma di rosa” e tornerà l’anno dopo leggermente modificata nell’importante raccolta di testi e sceneggiature che l’autore ha voluto intitolare “Alì dagli occhi azzurri”.  La dedica in calce è per Jean Paul Sartre, il filosofo che qualche tempo prima a Parigi - dove Pasolini era andato per presentare il suo “Vangelo” - gli aveva raccontato la storia del migrante Alì, approdato in Francia dall’Algeria.

Il racconto di Sartre colpisce in modo particolare l’autore, impegnato in quel periodo storico in una riflessione esistenziale sui rapporti tra cristianesimo e marxismo, questione meridionale e nord industrializzato, in cui omologazione e consumismo hanno ormai chiuso le porte alla possibilità di mondi diversi da quello conosciuto.


Sbarco di migranti a Trapani nel 2014 (cr. Civa61 Wikimedia commons)

Per lui, deluso anche dai toni violenti con i quali gli intellettuali francesi di sinistra avevano accolto il suo film, un’epoca è finita, non esiste più. I figli della Calabria hanno abbandonato le loro terre, dimenticato la semina e l’aratura, pensando ormai solo ai fratelli emigrati al nord che lottano per i diritti salariali e guardano alla nuova borghesia come all’unico modello da imitare.

La storia delle masse che dal meridione vanno a cercar fortuna altrove si è già compiuta, ma improvvisamente in quel movimento s’insinua un fatto nuovo. Altri popoli arrivano dal sud del mondo, s’imbarcano ad Algeri guidati da Alì, un arabo che con i suoi occhi azzurri ha già in sé i segni della mescolanza di più etnie. Dietro di lui milioni di giovani che portano in seno il “germe della Storia Antica”, venuti per liberarci dai falsi miti imposti dal capitalismo borghese. 

“Da Crotone o Palmi saliranno/a Napoli, e da lì a Barcellona, a Salonicco e a Marsiglia/nelle Città della Malavita/Anime e angeli, topi e pidocchi/col germe della Storia Antica/(…)”.

Storia Antica

E poi le strofe più inquietanti, quelle che “inneggiano alla Rivoluzione”, quelle che nel terzo millennio sono state estrapolate, decontestualizzate, volgarmente strumentalizzate a piacimento per beceri interessi dei politici di turno.

“dietro ai loro Alì dagli Occhi Azzurri/usciranno da sotto la terra per rapinare/saliranno dal fondo del mare per uccidere,/scenderanno dall'alto del cielo per espropriare/e per insegnare ai compagni operai la gioia della vita/per insegnare ai borghesi la gioia della libertà/per insegnare ai cristiani la gioia della morte/distruggeranno Roma e sulle sue rovine/deporranno il germe/della Storia Antica./ Poi col Papa e ogni sacramento/andranno come zingari/su verso l'Ovest e il Nord/con le bandiere rosse/di Trotzky al vento...”.

Eccola qui l’invasione servita su un piatto d’argento, l’incubo della sostituzione etnica, la violenza dei nuovi barbari che rubano, uccidono e prendono il potere. Una paura che attraversa tutta l’Europa e non da oggi. Anche tra le fila della sinistra.

La croce

Ma il testo va letto dall’inizio alla fine e soprattutto i suoi versi interpretati e contestualizzati all’interno del pensiero del poeta, allergico a schematismi di ogni sorta, provocatorio e intriso di religiosità e misticismo come pochi altri nel suo secolo.

Non a caso “Profezia” viene pubblicata come un calligramma a forma di croce, quella croce sacra - simbolo che incontriamo più e più volte nelle sue opere - che qui sembra assumere il significato della sofferenza e della passione, della resurrezione e della redenzione.

Una visione utopistica certo, e della quale Pasolini si rendeva conto, tanto che in alcuni versi mai pubblicati, ammetteva che la profezia non poteva avere un seguito e che quella rivoluzione poteva farsi solo nella mente del poeta. Un poeta anarchico, ateo, incompreso, odiato da destra e da sinistra, profetico e disperato.

In una intervista concessa a Enzo Biagi negli anni Settanta dirà: “Io sono un contestatore globale. La mia disperata sfiducia mi porta a una forma di anarchia apocalittica… sono apocalittico senza speranze e senza futuro”.

Riproduzione riservata