L'invenzione di una lingua

L'invenzione di una lingua

Pasolini in una serigrafia incollata a Roma (cr. Ernest Pignon-Ernest Wikimedia commons)

Il giovane Pasolini nella pianura friulana

Cinquant’anni fa il poeta, scrittore e regista veniva assassinato. iosonospartaco ripercorrerà il suo ruolo nell’Italia del dopoguerra e del boom economico

Pier Paolo Pasolini iniziò a trascorrere le vacanze estive a Casarsa della Delizia, piccolo villaggio di cinquemila anime nel cuore della pianura friulana, che era ancora bambino. Poco alla volta il borgo materno – specie a partire dal 1942, allorché la permanenza si fece continuativa per il timore di bombardamenti su Bologna – venne innalzato al rango di ungarettiano paese innocente, caricandosi di molteplici significati, tutti riconducibili, però, all’idea della scoperta: la scoperta dell’altro da sé, della poesia, di una lingua vergine, dell’importanza della tradizione e della necessità per l’uomo del radicamento. Scoperte decisive, scoperte esaltanti, se è vero, come si legge in Atti impuri, che “mai come in quei giorni ho amato il mondo e mi sono fatto amare”.

Scoperte alle quali occorre aggiungere anche quelle della passione per la pittura, per la musica (Bach in primo luogo) e, naturalmente, della propria omosessualità, da Pasolini mai completamente accettata, come rivela a sufficienza già la lettera inviata da Roma all’amica Silvana Mauri del 10 febbraio 1950: “Io ho sofferto il soffribile, non ho mai accettato il mio peccato, non sono mai venuto a patti con la mia natura e non mi ci sono neanche abituato”.

Pasolini con la madre Susanna Colussi e Maria Callas (foto da Fb Pasolini eretico & corsaro) 

A Casarsa della Delizia Pasolini, che per nascita ed educazione apparteneva alla borghesia cittadina, come è splendidamente mostrato in quel singolare trattatello pedagogico, intitolato Gennariello, che apre le Lettere luterane, fece per la prima volta, come lui stesso riconosce, esperienza della diversità, rappresentata dal mondo popolare friulano: “Quando mi accorsi che i contadini friulani esistevano e che la loro psicologia, educazione, mentalità, anima, sessualità erano del tutto diverse, il mio mondo si infranse”. Da questo punto di vista, il successivo incontro col sottoproletariato romano – un “caos non ancora proletario” –, che ispirò opere come Ragazzi di vita, Una vita violenta, Accattone, Mamma Roma, costituisce una conferma di quanto precedentemente scoperto, offrendo, al contempo, una possibile alternativa al proprio mondo borghese.



Particolare da "Pasolini a Casarsa" penna su carta di Paolo Steffan (Wikimedia commons)

Inoltre, a raccontarlo è sempre lo stesso Pasolini in Al lettore nuovo, in Friuli apprese, dopo che la madre gli aveva mostrato un sonetto che lei stessa aveva composto per lui, “come la poesia possa essere materialmente scritta, e non solo letta a scuola”. Ancora, dopo avere udito sulla bocca di un giovane contadino del posto, Livio, la parola rosada, cominciò a dare forma, come è ricordato in Empirismo eretico, a una lingua rustica e antica che, fino a quel momento, era stata solamente orale, a differenza di quanto era avvenuto a Cividale, a San Daniele, a Udine: “Certamente quella parola, in tutti i secoli del suo uso nel Friuli che si stende al di qua del Tagliamento, non era mai stata scritta. Era stata sempre e solamente un suono”.

Una lingua venata di coloriture venete, una “lingua pura per poesia”, una lingua all’inizio ricostruita filologicamente a tavolino, ma poi, ha correttamente osservato Roberto Carnero, sempre più aderente “alla realtà del parlato locale”, via via che più profonda si faceva l’immersione di Pasolini nell’arcaico mondo friulano. Infine, la vista delle donne col fazzoletto in testa e degli uomini vestiti di scuro durante le funzioni religiosi, dei volti dei giovani che sembravano contenere e replicare quelli degli antenati, del ritornare, insieme con le stagioni, dei lavori, dei gesti, delle occupazioni, degli svaghi (pochi) di sempre, gli fecero comprendere che tradizione e radicamento sono, prima di tutto, il continuare a fare quello che chi ci ha preceduto ha fatto fino all’ultimo giorno della sua vita. E alla rivoluzione occorre chiedere non di distruggere, ma di conservare il passato. Infatti, non può esserci errore più grande del lasciare “ai tradizionalisti il monopolio della tradizione”, come si legge su “Vie Nuove” il 18 ottobre 1962.

L’insieme di tali scoperte, concernenti una sempre più approfondita conoscenza di sé, del mondo (mondo storico, mondo sociale), e della propria possibile collocazione all’interno di suddetto mondo, ritorna nelle opere di questo periodo, conferendo loro quel tratto di “impurità estetica” che, come ha osservato a più riprese Carla Benedetti, le segna e le contraddistingue, rendendo, di fatto, impossibile una lettura delle stesse che non faccia di continuo riferimento alla persona dell’autore, all’autore, cioè, in carne e ossa.

Un'immagine a colori di Pasolini durante una trasmissione televisiva (cr. Wikimedia commons)

Ad esempio, nel luglio del 1942 Pasolini pubblicò per i tipi della Libreria antiquaria Mario Landi Poesie a Casarsa, che Gianfranco Contini recensì favorevolmente l’anno successivo sul “Corriere del Ticino”, insegnò a San Giovanni di Casarsa, a Casarsa, a Versuta, compose nel 1944 il dramma in un atto I Turcs tal Friùl, mai rappresentato durante la vita dell’autore, fondò il 18 febbraio del 1945 l’Academiuta di lenga furlana, insieme a Cesare Bortotto, Nico Naldini, Bruno Bruni, Pina Kalč, Rico De Rocco, Ovidio ed Ermes Colussi, Virgilio Tramontin.

Inoltre, negli anni immediatamente successivi alla fine della guerra, scrisse i romanzi Atti impuri e Amado mio, che saranno editi solamente nel 1982, Il sogno di una cosa, che verrà dato alle stampe nel 1962, Romàns, che sarà pubblicato nel 1994 a cura del cugino, Nico Naldini.  Un’attività, quella squisitamente letterario-pedagogica, che procedette di pari passo con il crescente impegno politico.

Pasolini, infatti, prima prese parte alla lotta dei braccianti per l’attuazione del cosiddetto Lodo De Gasperi, che prevedeva una ripartizione del raccolto più favorevole ai mezzadri e l’obbligo per i latifondisti di assunzione di manodopera disoccupata, quindi si iscrisse al P.C.I. divenendo segretario della sezione di San Giovanni di Casarsa (nel febbraio del 1949 partecipò, in qualità di relatore, al primo congresso della Federazione Comunista di Pordenone). Due momenti complementari e distinti, come è possibile ricavare anche dal seguente passo tratto da Al lettore nuovo: “Io fui coi braccianti. Poi lessi Marx e Gramsci”.  

Pasolini sulla tomba di Antonio Gramsci (cr. Wikimedia commons)

La definitiva partenza da Casarsa per Roma, all’alba del 28 gennaio del 1950, insieme alla madre Susanna Colussi, dopo i noti fatti di Ramuscello, che erano costati a Pasolini l’accusa di corruzione di minori e di atti osceni in luogo pubblico, l’espulsione dal P.C.I., la sospensione dall’insegnamento, rappresentò il congedo da uno spazio e da un tempo che erano stati decisivi per la formazione del futuro poeta delle “Ceneri”. Ma nulla più della pubblicazione nel 1975 –  dunque nello stesso anno della morte dell’artista – della Nuova gioventù, contenente le liriche della Meglio gioventù (Poesie friulane 1941-1974) e del loro rifacimento, La seconda forma de “La meglio gioventù” (1974), testimonia come il legame con gli anni trascorsi nel materno Friuli, nonostante la distanza e nonostante l’idea negativa che Pasolini aveva della Storia, non si fosse mai completamente spezzato.      

     

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