La luce uscita dal buio

La luce uscita dal buio

Graham Faulkner, Francesco in "Fratello sole sorella luna" di Zeffirelli, 1972 (fotogramma dal film)

Il Cantico di frate Sole ha 800 anni, ecco come nacque

Assisi, primavera dell’anno 1225, esattamente ottocento anni fa. San Francesco giace ammalato in una celletta di stuoie nel monastero di san Damiano. Gli resta poco più di un anno di vita: morirà infatti il 4 ottobre 1226.

La morte di San Francesco rappresentata da Giotto (Basilica di Assisi)

Il suo corpo non risponde più al desiderio che anima Francesco: servire il Signore, amministrare a tutti le sue fragranti parole, alzarsi ad ogni ora liturgica per pregare e lodare. La grave malattia agli occhi contratta in Terra santa lo ha reso quasi cieco e per di più non riesce a sopportare né la luce del sole né quella del fuoco. Immerso nel buio e afflitto da molti mali, trascorre notti terribili. Il luogo è infestato dai topi che gli saltano addosso, gli occhi danno un dolore tremendo e gli impediscono di trovare un po’ di sollievo nel sonno. Francesco è veramente in una situazione estrema.

La malattia

Conosciamo i particolari di questa sua situazione da un’antica biografia detta Compilazione di Assisi che ci permette di ascoltare la voce dei primi compagni di Francesco: “Noi che fummo con lui”. Testimoni fedeli e ben informati dei fatti, come diremmo oggi.

Torniamo al racconto, che continua così: Una notte, riflettendo il beato Francesco alle tante tribolazioni che aveva, fu mosso a pietà verso se stesso e disse in cuor suo: «Signore, vieni in soccorso alle mie infermità, affinché io sia capace di sopportarle con pazienza».

L'esterno della chiesa di San Damiano (cr. Hagai Agmon-Snir Wikimedia commons)

Nella preghiera il Signore entra in dialogo con Francesco e gradualmente lo libera dal pericolo dell’autocommiserazione nel quale rischiava di scivolare. La soluzione che gli offre, a noi parrebbe poco convincente, ma noi non siamo san Francesco. Ascoltiamolo mentre conclude il racconto della nottata ai suoi fratelli: «egli [Dio] infatti si è degnato nella sua misericordia di donare a me, suo piccolo servo indegno ancora vivente quaggiù, la certezza di possedere il suo regno».

La certezza della salvezza, questo è stato dato a Francesco, il gusto della vittoria nel bel mezzo della battaglia, il profumo della risurrezione nel mezzo della morte.

Ai nostri occhi profani non è cambiato nulla, è malato come prima.

Vediamo ora la sua mossa seguente.

La svolta

Francesco dice ai compagni: «Voglio quindi, a lode di lui e a mia consolazione e per edificazione del prossimo, comporre una nuova lauda del Signore riguardo alle sue creature».

Non sembra più l’uomo distrutto di prima. Ora pensa solo a lodare il Signore. La bontà e bellezza delle creature gli appaiono come doni gratuiti e meravigliosi di cui gioire e prendersi cura. Non gli resta che il canto, là dov’erano lamento e gemito. Francesco è un tipo immediato e, bando a tutti gli indugi: postosi a sedere, si concentrò a riflettere e poi disse: «Altissimo, onnipotente, bon Segnore… E vi fece sopra la melodia, che insegnò ai suoi compagni».

La predica agli uccelli, opera attribuita a Giotto (Basilica di Assisi)


Lo insegnò ai compagni perché andassero in giro fra la gente a cantarlo e quel canto è in giro ancora oggi dopo ottocento anni. Francesco diceva: «Che cosa sono i servi di Dio, se non i suoi giullari che devono commuovere il cuore degli uomini ed elevarlo alla gioia spirituale?».

Lui stesso si era sempre definito il giullare di Dio, e ora si invera più che mai quel titolo giocoso.

Anche alla sua nuova Lauda diede un titolo: Cantico di frate Sole, che è la più bella delle creature.

Notiamo che in quel tempo Francesco non era neppure in grado di vederlo il sole.

Il paradosso

Possiamo noi comprendere il paradosso di una Lode tanto luminosa che sgorga dal buio? Qual è stato lo snodo che ha trasformato Francesco? Si direbbe che veda il mondo con gli occhi di Dio, il quale, vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona (libro della Genesi 1,31).

Consapevole di vivere in comunione con Dio, Francesco canta. Canta quel creato che non è più in grado di godere, perché è malato, perché è quasi cieco, perché nulla va per il verso giusto.

Francesco ha avuto accesso ad un’altra qualità del vivere: per questo canta e ci affascina e per questo anche ci distanzia.

Il Cantico di frate sole ha una storia e io ho raccontato quella che riguarda la prima parte del Cantico. Le ultime due strofe, sul perdono e sulla morte, Francesco le aggiunse in due circostanze successive. Ma questa è un’altra storia. Anzi due altre storie.

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