Aurora boreale, il colore della notte

Aurora boreale, il colore della notte

Aurora boreale a Saariselka, Finlandia (cr. Simon Lane)

Per vederla occorrono pazienza, resistenza e fortuna

In Finlandia il suo nome è revontulet, letteralmente fuochi della volpe, perché nella leggenda era generata dalle scintille prodotte dalla coda di una volpe artica in corsa sulla neve. I Sami della Lapponia la chiamano Guovssahasat, luci viventi del cielo originate dalle anime dei defunti, mentre le prime civiltà europee la associavano a presagi di sventura, battaglie di eroi o al riflesso delle armature delle mitiche Valchirie. L’aurora boreale, termine che diverse fonti attribuiscono a Galileo Galilei, è associata a molti miti profondamente radicati nella cultura dei vari popoli. Ancora oggi, nonostante la scienza ce ne abbia svelato origine e comportamenti, ne subiamo l’incanto.


Aurora boreale a Saariselka (cr. Alessandra Coppa)

La magia delle luci colorate che danzano nei cieli delle terre polari è il frutto della combinazione di innumerevoli fattori e assistere ad un’aurora boreale (o australe nell’emisfero sud della Terra) non è per nulla scontato: occorre pazienza, resistenza fisica e una significativa dose di fortuna.

Tutto parte dal Sole che lancia verso la terra un flusso di particelle elettricamente cariche, il vento solare. Quando le particelle incontrano il campo magnetico terrestre, sorta di scudo invisibile, vengono deviate verso i poli magnetici. Da lì entrano nell’atmosfera e interagiscono con gli atomi di ossigeno e azoto, che rilasciano energia sotto la forma di luce verde o rossa (ossigeno) e blu o viola (azoto). Capita a volte che il sole emani un super flusso di vento solare, una espulsione di massa coronale che, se puntata in direzione della Terra, può avere un impatto davvero notevole con il campo magnetico generando aurore più intense, colorate e prolungate.


Aurora boreale a Skjervoy, Norvegia (cr. Riccardo Baldassarri)
 
Lapponia finlandese e svedese, Norvegia e Islanda sono destinazioni europee ideali. Fra settembre e marzo richiamano molti “cacciatori” di aurora boreale grazie alla loro posizione geografica, alle lunghe ore di buio e agli ampi spazi privi di inquinamento luminoso. La prima condizione per assistere al fenomeno è, infatti, trovarsi all’interno dell’ovale aurorale, la zona a forma di anello intorno ai poli magnetici della Terra dove le aurore sono più probabili. Difficile vedere qualcosa di paragonabile più a sud, anche in caso di tempeste geomagnetiche di intensità elevata, come quella recentissima che in alcune zone dell’Italia ha regalato fenomeni suggestivi, ma in realtà più simili ad albe in ore insolite che ad aurore boreali. La seconda condizione, e qui la fortuna è fondamentale, è un cielo sereno: le nuvole infatti, specie se basse e compatte, non la impediscono ma ne bloccano la vista.


Aurora boreale a Saariselka (cr. Simon Lane)

A determinare il successo di una spedizione di “caccia “ci sono però altri quattro fattori, oggi monitorabili in autonomia grazie a semplici applicazioni scaricabili su smartphone, ma purtroppo difficilmente prevedibili con largo anticipo. Il primo è l’indice Kp che ci dice quanto il campo magnetico terrestre è disturbato dal vento solare: può andare da 0 a 9 e più alto è meglio è. Ma un Kp alto da solo non basta, perché il vento solare deve avere la possibilità di penetrare nella magnetosfera terrestre senza essere deviato. Il parametro in questione si chiama Bz: valori positivi indicano porte chiuse, valori negativi porte aperte. Gli altri due fattori fondamentali sono la qualità del vento solare in termini di densità delle sue particelle e di velocità, che deve raggiungere almeno 600/700 chilometri al secondo.

Facile comprendere che bisogna essere preparati a lunghe attese notturne, preferibilmente all’aperto con parecchi gradi sotto lo zero e mettere in conto possibili delusioni, ma il premio per chi non rinuncia può essere quello di uno spettacolo indimenticabile.


Il professor Unto Laine nel 1961 (cr. Lentosturtti Wikimedia commons)

L’aurora boreale potrebbe anche avere una voce. Quasi impossibile sentirla per l’orecchio umano, è stata al centro di una recente ricerca guidata da Unto Laine, professore emerito e ricercatore specializzato in acustica presso l’Università di Aalto, in Finlandia. Al suo progetto si devono le prime registrazioni, ottenute grazie all’utilizzo di sofisticati sistemi di rilevazione acustica. Suggestive e un po' inquietanti, ricordano il crepitio di una vecchia tv che ha perso il segnale, associato a schiocchi e rumori metallici. Prodotti da scariche elettriche - fortemente correlate con l’attività geomagnetica che produce le aurore boreali - si formano a soli circa 70 metri da terra a causa di una inversione della temperatura dell’aria.

Nonostante la scienza ce ne abbia svelato i segreti, l’aurora boreale non perde però la propria magia. Revontulet è improvvisa luce in movimento che prende forme imprevedibili - onde, drappi, raggi, corone, lunghe strisce o nastri sottili, spirali – che esplodono di colore. Forse è davvero la corsa di una volpe sulla neve ghiacciata. Guardarla riempire il cielo, ci fa dimenticare ogni spiegazione scientifica e abbandonare alla sola meraviglia.

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