Stress, colpa delle brutte figure

Stress, colpa delle brutte figure

Un giovane lavoratore in situazione di stress (cr. Microboz Wikimedia commons)

L’ansia e la paura del giudizio sociale

Spesso quando affrontiamo dilemmi esistenziali o disagi psicologici tendiamo ad attribuire il problema all’individuo, suggerendo che la soluzione stia in una terapia personale o in una maggiore autostima. Eppure, la risposta a uno dei paradossi più evidenti dei nostri tempi – l’aumento dell’ansia nonostante la crescita dell’autostima – non sta nella psicologia da social network, ma in una disciplina ben più concreta: la fisiologia.


Particolare da "L'ansia" di Edvard Munch (Munch museum di Oslo Wikimedia commons)

Jean Twenge, della San Diego State University, ha analizzato 269 studi condotti su oltre 52.000 persone tra il 1952 e il 1993. I dati documentano un aumento costante dell’ansia nel corso di quattro decenni. Alla fine di quel periodo, lo studente universitario medio mostrava livelli di ansia superiori a quelli dell’85% delle persone che avevano vissuto negli anni Cinquanta. Il paradosso, però, è che nello stesso lasso di tempo, le misurazioni standard dell’autostima mostravano una crescita parallela. Come è possibile conciliare una crescente insicurezza con un’autostima in aumento?


Seduta di psicoterapia (cr. tiyowprasetyo Wikimedia commons)

La risposta arriva direttamente dalla neurobiologia, grazie agli studi sul cortisolo, l’ormone dello stress. Sally Dickerson e Margaret Kemeny, della università Ucla di Los Angeles, hanno condotto una meta-analisi su 208 esperimenti che misuravano i livelli di cortisolo in situazioni di stress. La scoperta è inequivocabile: la risposta ormonale più intensa non è scatenata da pericoli fisici, rumori forti o calcoli complessi ma dalle minacce da valutazione sociale, ovvero dalla possibilità di essere giudicati negativamente dagli altri.


Il rapper Mista Matt in una immagine che può ricondurre all'ansia (cr. I am Mista Matt Wikimedia commons)

Questo dato biologico risolve il paradosso: non è l’autostima autentica a essere aumentata ma quello che i ricercatori chiamano “narcisismo difensivo”. Si tratta di una forma di auto-promozione ansiosa, una maschera che serve a proteggerci dalle minacce al nostro sé sociale. In pratica, usiamo la nostra autostima come uno scudo per paura del giudizio altrui.


Il comportamento di un giovane in preda all'ansia (cr. GRPH3B18 Wikimedia commons)

Il legame con la disuguaglianza emerge da un’analisi comparativa tra culture. Confrontando il Giappone, una società con una bassa disuguaglianza, e gli Stati Uniti, dove la disuguaglianza è alta, emergono schemi opposti. I giapponesi tendono a una “disapprovazione di sé” e attribuiscono i successi alla fortuna, mentre gli americani si auto-esaltano e attribuiscono il successo alle proprie abilità. Questi modelli non sono solo differenze culturali, ma strategie che emergono quando la gerarchia sociale diventa più rigida.


"Maternal anxiety" di A.M. Rossi (Wikimedia commons)

Il meccanismo è chiaro: quando le disparità economiche si ampliano, lo status sociale diventa un indicatore sempre più importante del nostro valore. Di conseguenza, la posizione che occupiamo nella gerarchia sociale non condiziona solo la nostra autopercezione ma anche il modo in cui gli altri ci vedono. Il risultato è una maggiore competizione per lo status, un’ansia crescente da valutazione sociale e una necessità sempre più forte di ricorrere a strategie difensive per l’ego.

La ricerca di Dickerson e Kemeny lo conferma: il nostro sistema endocrino reagisce alle gerarchie sociali come se fossero minacce concrete. Il cortisolo non distingue tra un leone che ci sta per attaccare e un colloquio di lavoro in cui temiamo di fare brutta figura.

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