Dal Grand Tour al cellulare

Dal Grand Tour al cellulare

La torre Eiffel a Parigi fotografata con un cellulare (cr. Janette Wikimedia commons)

La tecnologia non sostituisce l’emozione

I telefonini e gli strumenti di comunicazione che vi sono legati ci mettono il mondo in tasca ma non possono regalarci la bellezza di vederlo con gli occhi. Anzi forse proprio i telefonini possono essere una delle cause del fenomeno che gli anglosassoni chiamano overtourism, cioè la presenza eccessiva nelle città di turisti che rendono difficile il muoversi, il godere delle bellezze d’arte e al tempo stesso provocano l’aumento dei prezzi di tutti i servizi.

Perché tutto questo? Un video può mostrare un tramonto perfetto ma non può farci sentire il vento, l’odore della terra bagnata o il rumore dei passi su una strada sconosciuta. Una foto può catturare un sorriso, ma non il tono della voce o la spontaneità di una risata.


Comitiva di turisti in via dei Coronari a Roma (cr. lalupa Wikimedia commons)

Mettere a confronto i due boom – l’uso dei social e il turismo – costringe a fare una riflessione complessiva sulla vita reale e su quella virtuale. E’ esperienza comune vedere nelle città d’arte persone di tutte le età e provenienze che rimangono con gli occhi sul telefonino pur avendo davanti a sé capolavori dell’umanità. Perché spesso il desiderio di vedere viene sopraffatto dal desiderio di mostrare di aver visto.


Firenze fotografata da Piazzale Michelangelo (cr. Andrea Argentieri Wikimedia commons)

Quindi non è importante la foto del panorama di Firenze da piazzale Michelangelo ma il selfie che provi che a Firenze ci sei stato. Alcuni anni fa divenne famoso il video girato da un gondoliere: i quattro turisti orientali che trasportava per Venezia non hanno mai alzato dal telefonino gli occhi per guardare quello che avevano intorno.

Ma il cellulare se usato come strumento e non come fine può alimentare la voglia di partire, evitando le aberrazioni che vediamo in giro. I social ci fanno scoprire luoghi di cui non conoscevamo nemmeno il nome e in questo senso non sono nemici del viaggio ma complici silenziosi, trasformando un’immagine in un biglietto aereo.


Selfie con una guardia svizzera in Vaticano (cr. Vlad Podvorny Wikimedia commons)

Chi viaggia davvero sa che i ricordi più preziosi non finiscono su internet, restano negli incontri non organizzati, nei dialoghi con chi parla un’altra lingua, nel sapore di un piatto nuovo. Momenti che nessun algoritmo può misurare.

Il viaggio diventa così anche una pausa dai social e dalle notifiche. Il telefono torna a essere uno strumento utile ma non il centro dell’esperienza. Un uso consapevole della tecnologia mette in luce quella differenza fondamentale che si è persa con il tempo: quella fra turista e viaggiatore.


Scatti notturni in via della Conciliazione a Roma (cr. Negru Vasile Wikimedia commons)

Il primo ha un percorso stabilito, stretto fra le barriere del tempo a disposizione e i consigli di una guida (sempre comunque utile); il secondo anche se ha poco tempo guarda quello che può ma cerca di fare conoscenze, di entrare in un modo di vivere diverso dal suo, di mangiare cose che non conosce. Quest’ultimo tornerà a casa con molte foto ma anche con maggiore consapevolezza e con ricordi esprimibili solo con le sue parole.

Forse è proprio questo a spiegare perché, nonostante la tecnologia, continuiamo a partire. I cellulari aiutano a organizzare, a prenotare e a controllare il meteo ma non possono sostituirsi ai nostri occhi. Nel settecento e ottocento i giovani ricchi e nobili partivano per un Grand Tour che durava mesi e tornavano a casa cambiati, e migliori, anche se non avevano nessuna foto da mostrare. 

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