Ho 20 anni, sono donna, decido io

Ho 20 anni, sono donna, decido io

Il sorriso di Nadya nei suoi vent'anni (dal progetto "Mia madre ha sempre vent'anni" di Erika Colaci per Fotografia Europea 2025)

Il coraggio di una ragazza degli anni 70

Partiamo dalla fine. Il progetto fotografico “Mia madre ha sempre vent’anni” realizzato da Erika Colaci ha ottenuto la menzione d’onore del festival Fotografia Europea 2025 di Reggio Emilia per il circuito Off. Se l’ha ottenuta un perché c’è. Eppure di fronte alla sontuosità di altre esposizioni, quella di Erika Colaci si distingue per essere raccolta, intimista, composta da un numero ristretto di immagini. Che però non possono essere liquidate con uno sguardo di sfuggita, perché il progetto parla di una donna in particolare ma in realtà racconta di infinite donne in giro per l’Italia, alcune delle quali hanno avuto lo stesso coraggio mentre altre si sono trovate di fronte a pressioni impossibili da sostenere.


Nadya al mare con l'uomo che amava (da "Mia madre ha sempre vent'anni" di Erika Colaci per Fotografia Europea 2025)

Considerando che il tema del festival di quest’anno è “Avere vent’anni”, cos’hanno di speciale questi vent’anni? La storia è quella di Nadya, una ragazza degli anni 70. In quell’epoca amava un uomo, che la riamava, e del quale rimase incinta. Proveniva da una famiglia di buona borghesia, frequentava il liceo classico e il suo progetto era diventare medico. La gravidanza la mise di fronte a una scelta. Era il 1972 e l’interruzione volontaria della gravidanza non era un diritto, anzi era un reato. Per carità, ogni anno erano infinite le donne che ricorrevano all’aborto praticato da medici che si facevano pagare illegalmente (quelle fortunate) o da praticoni sotto le cui mani finivano spesso per lasciarci la pelle. Eppure i segnali che arrivavano dalla famiglia erano questi: dire no a quella gravidanza, anche a costo di correre rischi, per non rinunciare a tutti gli altri progetti di vita futura.

Invece Nadya decise da sola. Decise di far nascere la sua bambina. Si ritirò da scuola e si diplomò poi da privatista, si iscrisse all’università già da mamma e diventò medico, continuando a lavorare fino ad oggi.

Nadya al balcone di casa (da "Mia madre ha sempre vent'anni" di Erika Colaci a Fotografia Europea 2025)

Il progetto di Erika Colaci - che di Nadya è la figlia, il frutto di quella decisione coraggiosa - sta proprio in questo: rappresentare il valore intimo e allo stesso tempo enorme della decisione presa in solitudine da una ragazza di vent’anni, assolutamente controcorrente rispetto al perbenismo di una società che ha scelto di non vedere e non sapere. Una carrellata di fotografie – poche a colori, molte in bianco e nero – che raccolgono gli attimi di vita vera, quelli felici e quelli ordinari. E’ meraviglioso nella sua ingenuità il sorriso di Nadya che si affaccia da una tenda canadese, uno dei massimi simboli di libertà negli anni Settanta; ma è bellissimo anche il suo sguardo attento quando tenta di usare una vecchia macchina da cucire a pedale, unione fra la professione alta del medico e l’attività manuale della mamma. Altrettanto bella è l'immagine trasgressiva della ragazza che si mostra in gonna corta e tacco seduta su un tavolino vicino al davanzale: mi piaccio così, se non vi va bene, pazienza.   

All’apparato fotografico si accosta una serie di frasi pronunciate dalla stessa Nadya, emblematiche della sua esperienza di vita.

La ventenne Nadya in campeggio (da "Mia madre ha sempre vent'anni" di Erika Colaci per Fotografia Europea 2025)

“Dei miei vent’anni ricordo la casa di Napoli, il terrazzo, tu, i balli, le canzoni, il mercato, la cucina. Avevamo poco ma io mi sentivo una privilegiata. Giocavo con te (la figlia Erika, ndr) e insieme studiavo. A volte ti portavo a lezione all’università”.

A questo, il progetto di Erika Colaci ha unito una ricerca legislativa, proponendo le norme, a partire dalla Costituzione, che sanciscono la parità di diritti e la libertà di decidere del proprio futuro.

In coda alla scheda di presentazione del progetto fotografico, una frase tratta dal libro “L’anima delle donne” dello psicoterapeuta Aldo Carotenuto: “Essere autonomi, fra l’altro, significa anche essere obiettivi e consapevoli, ossia capaci di leggere tra le righe di quello straordinario romanzo che è la vita, così da poter comprendere fino a che punto il nostro essere autonomi può determinare la nostra felicità o sofferenza”.

Non poco in un’epoca difficile in cui sono in discussione anche le basi del vivere comune: proprio la parità dei diritti, la garanzia della pace, la possibilità di sperare nel futuro desiderato. La storia di Nadya ci testimonia che è difficile, ma possibile.   

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