Il cervello sotto assedio

Anche durante il pranzo si resta attaccati al telefonino (cr. Miki Yoshihito Wikimedia commons)
Bombardato da troppi stimoli visivi
L'intervento che pubblichiamo oggi è scritto da una addetta ai lavori. Safa El Mefeddel si occupa infatti di comunicazioni sui social media e le sue considerazioni sono nate dall'esperienza maturata in questa professione.
Viviamo con il telefono sempre in mano. Passiamo da un’applicazione all’altra, guardiamo decine di video da 15 secondi e poi ci chiediamo perché facciamo fatica anche solo a finire una pagina di un libro. Ebbene, non è pigrizia, è che il nostro cervello è costantemente sotto pressione.
Anche i bambini piccoli hanno dimestichezza con il telefonino (cr. Bicanski Wikimedia commons)
Da quando i social media sono entrati nelle nostre vite, la soglia di attenzione si è drasticamente ridotta. Andiamo su e giù in continuazione, saltiamo da una notifica all’altra, e appena qualcosa richiede più di un minuto ci annoiamo. Il nostro cervello è programmato per cercare stimoli sempre nuovi. I social lo sanno benissimo: ogni cuoricino, ogni commento, ogni video è un breve momento di soddisfazione. Ci fa stare bene per un attimo. E così entriamo in un circuito vizioso: più stimoli riceviamo, più ne vogliamo.
Circolo vizioso
Ma quando diventano troppi, il cervello si spegne. Facciamo fatica a concentrarci, anche su ciò che un tempo ci appassionava: leggere, ascoltare qualcuno, semplicemente restare presenti. A me succede spesso. Apro un libro o provo a concentrarmi su qualcosa, e dopo pochi minuti sto già controllando il telefono. A volte neanche lo prendo in mano, ma la testa ci va da sola, come se mancasse qualcosa. E ciò che mi spaventa di più è che mi sto abituando a tutto questo.
Viviamo in un mondo in cui tutto è veloce. I video sono brevi, i messaggi ancora di più, le notizie durano lo spazio di uno swipe (scorrere in su sui social). Anche le emozioni sembrano scorrere via in fretta, come se ci fosse sempre qualcosa di nuovo da inseguire. E intanto, senza rendercene conto, la nostra attenzione si sgretola. Non è colpa nostra: siamo immersi in un flusso continuo di stimoli che ci tiene connessi, ma mai davvero presenti.
Aspettare
Il cervello fatica a stare al passo. Salta da un pensiero all’altro e alla fine ci sentiamo stanchi, distratti, sempre come se mancasse qualcosa. Siamo talmente abituati ai contenuti rapidi e leggeri che quando ci troviamo davanti a qualcosa di più profondo o lento ci pesa. Ma le cose che contano davvero richiedono tempo: capire, riflettere, creare. E oggi facciamo fatica ad aspettare.
Nemmeno su una spiaggia si rinuncia al cellulare (cr. Nicu Buculei Wikimedia commons)
A volte penso a com’era prima. Quando c’era più tempo per annoiarsi, per stare con se stessi, per fare una cosa alla volta. Adesso, anche solo guardare fuori dalla finestra ci mette a disagio. Ma forse è proprio quello di cui abbiamo bisogno. Non voglio demonizzare i social media. Anch’io li uso, ogni giorno. Mi piacciono, mi fanno sentire connessa. Ma forse dovremmo chiederci: stiamo usando i social o sono loro che usano il nostro tempo e la nostra energia?
Vie d’uscita
La soluzione non è spegnere tutto. Forse è solo rallentare. Fermarsi. Respirare. Leggere qualcosa senza interruzioni. Scrivere su carta. Ascoltare musica senza fare altro. Anche solo per dieci minuti. Anche se siamo cresciuti con la tecnologia, possiamo scegliere come viverla. Possiamo riprenderci la nostra attenzione, poco a poco. Perché è lì che nasce tutto: i pensieri veri, le idee che ci ispirano, i sogni che contano. E quelli, davvero, non stanno in un video da quindici secondi.
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