Il pacifista combattente

Il pacifista combattente

Goffredo Fofi nel 2015 al festival Inequilibrio di Castiglioncello (dalla pagina Facebook Goffredo Fofi)

L’addio a Goffredo Fofi: una testimonianza

Era praticamente impossibile inserire Goffredo Fofi in una categoria professionale. Lettore onnivoro, insaziabile, dotato di una memoria straordinaria, è stato sicuramente un giornalista d’inchiesta, un opinionista autorevole, un critico cinematografico e teatrale, ma anche letterario, un saggista ad ampio spettro, un intervistatore, scrupoloso e mai banale, di grandi personaggi dello spettacolo e di disoccupati, un intervistato perenne, un costruttore di opere sociali e culturali, uno scomodissimo analista e interprete della società, un conduttore di rubriche specialmente radiofoniche, un traduttore raffinato e trasgressivo, un suggeritore coraggioso di politiche editoriali, uno scopritore di talenti e tanto altro.

Con i poveri

Non era però solo un intellettuale capace di tenere insieme tutte queste attività, era molto di più. Conversatore inarrivabile per vivacità di riferimenti mai scontati, e mai esibiti, brillante ricercatore impegnato in una pluralità di discipline, trasferiva gli esiti delle molteplici esperienze che faceva l’una nell’altra, arricchendole sempre con spirito innovativo. Lucido e corrosivo, spietato nell’indagine e spesso anche nel giudizio, aveva un ancoraggio forte nella sua scelta di fondo, quella che lo ha visto stare senza incertezze sempre dalla parte dei più poveri, ansioso di fornire loro gli strumenti del riscatto, senza mai ignorare le loro primarie esigenze concrete, a partire dal cibo.

Da Dolci

Il maestro che partì a diciotto anni da Gubbio per raggiungere in treno Danilo Dolci in Sicilia non si allontanò mai da quella precoce scelta esistenziale, resistendo senza alcuna fatica alle chimere del successo, praticando fino alla fine una povertà di tipo monacale. Chi lo ospitava sa bene quanto tenesse a gestire integralmente, e da sé, i pochi vestimenti di cui si serviva.


Danilo Dolci alla marcia di protesta e per la pace, accanto a lui Peppino Impastato, 1967 (Centro Impastato Wikimedia commons)

Eppure, questo pacifista mai domo, era un grande combattente, contro le ingiustizie sociali e culturali, contro le piccole e grandi ipocrisie degli uomini, contro le rese al consumismo inutile e alle ambizioni vane. Scriveva, leggeva, e ancora scriveva, ma trovava prima di tutto il tempo per frequentare le persone, le situazioni che gli sembravano contenere o esprimere brandelli di speranza, senza sprofondare nel conformismo e mantenendo alta la guardia di fronte ad ogni forma di potere. Chi gli ha rimproverato, anche amichevolmente, talune contraddizioni che pure hanno, inevitabilmente, segnato le sue infinite prese di posizione, ha comunque riconosciuto l’umanità del tratto che lo caratterizzava.

Un’antenna

Chi ha conosciuto Goffredo Fofi da vicino sa che di lui si può affermare che ha svolto un ruolo davvero molto importante nell’accelerare i processi conoscitivi delle persone e delle istituzioni con cui è entrato in contatto, fungendo da antenna capace di captare i segnali provenienti dalla produzione cinematografica, teatrale, letteraria, irradiandoli (interpretati, trasformati, arricchiti, personalizzati) anche nei luoghi e nelle persone più lontane o in difficoltà.

Per qualche tempo, e molto presto, quell’antenna entrò in funzione anche a Reggio Emilia. Essendone stato testimone, ne fornisco un parziale riscontro. Con l’elezione del Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna, e la conseguente costituzione della prima Giunta regionale, presieduta da Guido Fanti, a partire dal 1970 le amministrazioni locali ebbero finalmente riconosciuta la facoltà di operare nell’ambito delle attività culturali. Forte del sostegno dei due assessori regionali, di provenienza reggiana, Ione Bartoli ed Emilia Severi, e del consigliere d’opposizione Paride Bondavalli, particolarmente sensibili alle istanze del mondo dell’istruzione e della cultura, l’Amministrazione provinciale di Reggio Emilia avviò una immediata, sistematica ricognizione sullo stato delle istituzioni e delle attività culturali presenti sul territorio.

Ne scaturì assai presto l’orientamento a definire un piano d’azione che fu prontamente messo in cantiere, in piena sintonia con il comune capoluogo e gli altri comuni. Il piano d’azione, concepito con l’ausilio di forti personalità, allora operanti su più fronti, politici e culturali, mirava alla progressiva rivitalizzazione e alla incisiva modernizzazione del funzionamento di tutte le istituzioni culturali (biblioteche, archivi, musei, teatri) e alla moltiplicazione delle occasioni di crescita fornite dalle attività culturali pubbliche.


Goffredo Fofi (dalla pagina Facebook Goffredo Fofi)
 
Risale proprio ai primi anni Settanta la collaborazione di Goffredo Fofi con le istituzioni culturali di Reggio Emilia. La sua già vasta esperienza in tanti ambiti delle vicende culturali italiane (in Emilia-Romagna era fra i protagonisti dell’esperienza della rivista Quaderni piacentini, con, fra gli altri, Piergiorgio Bellocchio, Grazia Cherchi, Bianca Beccalli, Michele Salvati, Federico Stame, Alberto Asor Rosa, Cesare Cases, Sebastiano Timpanaro) ne faceva un interlocutore importante. La sua disponibilità alla collaborazione era tale da non mettere in imbarazzo gli amministratori che si rivolsero a lui per ottenerla senza poter dispiegare risorse economiche che andassero oltre il rimborso parziale delle spese di viaggio.

Auspice anche Giuseppe Anceschi, all’epoca vice sindaco di Scandiano con delega alla cultura, Goffredo Fofi accettò senza riserve la proposta di contribuire alla definizione del piano di decentramento (si chiamò così) delle attività cinematografiche e teatrali della provincia di Reggio Emilia, che aveva due singolari supervisori informali (da remoto, in quanto soprattutto telefonicamente consultabili), in Cesare Zavattini e Romolo Valli.


Murale dedicato a Rosa Luxemburg nella via che porta il suo nome a Francoforte (cr. X-angel Wikimedia commons)

La generosità di Fofi si espresse in quegli anni anche nella sua fattiva collaborazione alla pubblicazione, per la casa editrice Feltrinelli, del volumetto “Una vita per il socialismo”, dedicato a Rosa Luxemburg. Il volumetto fu realizzato in occasione del convegno internazionale svoltosi nella sala del Consiglio Provinciale nel settembre del 1973, dedicato, per approfondire la sua azione e il suo pensiero, a Rosa Luxemburg, uccisa nel 1919, insieme al compagno Karl Liebknecht, dai Freicorps ingaggiati per reprimere la rivoluzione spartachista.

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