Il tunnel dei sogni perduti

Il tunnel dei sogni perduti

I presidenti Giuseppe Saragat e Charles de Gaulle inaugurano il tunnel del Monte Bianco, 16 luglio 1965 (archivio del Quirinale Wikimedia commons)

Da 60 anni sotto il Monte Bianco, ideali e disillusioni

Il 20 settembre del 1962 un primo ministro francese il cui nome è più noto per essere quello di un controverso ma amato edificio parigino, il Pompidou, e un primo ministro italiano il cui nome è associato alle case popolari del dopoguerra, Fanfani, s'incontrano sotto la montagna più alta d'Europa per percorrere per la prima volta la galleria del Monte Bianco, anticipando l'inaugurazione di un'opera epocale e togliendo il palcoscenico ai rispettivi presidenti.


Georges Pompidou e Amintore Fanfani (cr. Jean-Joseph Weber per Pompidou Wikimedia commons)

Galleria per i bambini degli anni 60, traforo per ingegneri, cinegiornali e papà dei bambini degli anni 60. L'aggettivo epocale è spesso usato a sproposito ma questa volta è azzeccato appieno. La mirabolante opera d'ingegno tecnico e lavoro venne poi inaugurata dai presidenti di Francia e Italia il 16 luglio del 1965 e assunta a simbolo di sviluppo e benessere da parte di una intera generazione, e in questi giorni compie sessant'anni anche se ne dimostra cento.


Ciò che resta della batteria dello Chaberton (cr. Riotforlife Wikimedia commons)

Al confine tra Italia e Francia c'è un'altra opera d'ingegneria che fece scalpore e divenne motivo d'orgoglio nazionale, la batteria dello Chaberton, un colossale forte con otto torri e altrettanti cannoni, posto sulla cima dell'omonimo monte a oltre 3.000 metri di altitudine, col fine di bombardare indisturbati la Francia, nell'ipotesi di non poter essere mai colpiti. Costruito nel 1910 e rafforzato negli anni '30, venne distrutto nel 1940 in una notte dai francesi con nuovi mortai, la cui gittata non era stata prevista qualche decennio prima.

Sullo stesso confine due opere così diametralmente opposte nel loro significato, costruite a pochi anni l'una dall'altra, stanno a significare il senso dell'aggettivo epocale. Da un lato il vallo alpino, come limite inviolabile "dei sacri confini della Patria", nato dall'idea nazionalista che portò ai due peggiori massacri della storia. Dall'altro il tunnel del Monte Bianco, un buco sotto la più grande montagna del continente, per forare e aprire un confine, in ossequio al sogno del più lungo periodo di pace e benessere conosciuto dagli europei.


L'accesso al tunnel dal lato italiano (cr. Florian Pepellin Wikimedia commons)

L'idea delle gallerie subalbine c'era già da decenni, compresa quella del Bianco, e faceva parte della visione positivista del progresso industriale e tecnologico dell'Ottocento, ma era sempre stata accantonata o scavalcata dal funereo istinto a imporre il proprio primato nazionale che animava i governanti dell'epoca.

Nel secondo dopoguerra gli spiriti nazionalisti e sovranisti vengono sepolti definitivamente, dopo che le rovine delle città e le cataste di morti avevano già fatto il grosso del lavoro. Si apriva la stagione dell'Europa, della cessione di sovranità degli Stati e della fine dei confini. Le grandi vie di comunicazione divennero subito il simbolo di questo spirito nuovo, perché superavano e rompevano confini e barriere, perché accorciavano lo spazio e il tempo che prima separavano culture diverse e perché rappresentavano un volano economico potente per sostenere lo sviluppo.


L'accesso al tunnel dal lato francese (cr. Kristoferb Wikimedia commons)

Il traforo del Monte Bianco fu il primo, progettato e finanziato tra gli anni '40 e '50 e costruito nella prima metà dei '60. Quasi 12 chilometri a canna unica, con sopra 2.500 metri di montagna, un record per l'epoca. Rimasto il più lungo tunnel stradale del mondo fino al 1978, quando venne superato di poco dal vicino Frejus, dal San Gottardo e dall'Arlberg, tutti sotto le Alpi, inaugurati con molta meno enfasi in una società in crisi, che nel progresso non credeva più tanto.

Tanto era l'entusiasmo per l'opera, tonto poco è durato. Il boom economico era alle spalle, la "congiuntura" era il termine con cui si definiva un periodo in cui le cose non filavano più dritte come prima, gli stipendi salivano ancora, i soldi per gli investimenti erano tanti e gli italiani erano ancora ottimisti, facendo figli come mai prima e mai dopo, ma da lì a pochi anni tutto sarebbe cambiato.


Così appare oggi il tunnel del Monte Bianco con le luci e i sistemi di protezione (cr. Florian Pepellin Wikimedia commons)

Prima un sussulto di rabbia, poi un clima plumbeo di disincanto e paura, infine l'effimero edonismo degli anni '80, fondato su un debito pubblico incontrollabile, che proiettava le grandi opere dei decenni precedenti in un futuro di manutenzioni incerte. Tutta la modernità degli anni '60 ha presto cominciato ad invecchiare, il cemento a sgretolarsi, le superfici ad annerirsi, il traffico ad aumentare e quello che sembrava bello e moderno diventa brutto e vecchio.

Il coetaneo viadotto Polcevera, ora noto come ponte Morandi, era un capolavoro di ingegneria, con gli elegantissimi cavalletti in cui cemento e acciaio chiamati a collaborare attivamente con un’abile tecnica che ne potenziava le performance. Passato l'entusiasmo iniziale già dopo pochi anni sembrava un mostro di cemento affumicato dallo smog e incapace di accogliere il traffico crescente. Poi hanno cominciato ad apparire pezze e cinture contenitive, come sul corpo di un culturista dopato e precocemente deperito. Infine il crollo prematuro a causa della colpevole mancanza di manutenzione.


Uno dei cartelli indicatori del tunnel del Monte Bianco (cr. Voyages Wikimedia commons)

Così anche il tunnel del Bianco è presto diventato un imbuto per il troppo traffico, le valli attraversate sui due versanti prima hanno benedetto i benefici e poi maledetto gli impatti, code infinite per entrare e paura nel percorrerlo hanno trovato un suggello nell'incidente del 1999 in cui hanno perso la vita 39 persone. Tra chiusure ripetute e sogni frustrati di una seconda canna che gli abitanti delle valli francesi non vogliono, il tunnel del Bianco è scomparso dal panorama epico del Paese, assieme a lui sono scomparsi l'ottimismo e la fiducia nel progresso di una comunità divisa tra giovani aperti al mondo e gli ex bambini degli anni '60 ripiegati su se stessi, sui loro ricordi e sui loro rancori.

Anche ai due primi ministri Pompidou e Fanfani il tunnel portò alterne fortune, il primo diventerà Presidente della Repubblica Francese nel 1969 il secondo fu fregato dai franchi tiratori del suo partito, che alla fine gli preferirono alla Presidenza della Repubblica Italiana Giovanni Leone.

Adesso ci vorrebbe altro spazio per spiegare ai più giovani cos'erano e cosa sono i franchi tiratori, ma il punto è che i giovani degli anni '60 che vissero con orgoglio e ammirazione l'epopea del traforo del Monte Bianco se ne stanno andando e la galleria evoca solo indifferenza o paura. 

Riproduzione riservata