Uomo e natura: si può fare

La Via Lattea fotografata nel Canyon de Chelly in Arizona (cr. Steve Rundfelt Wikimedia commons)
Alleanza dagli antichi alle archistar
Immaginiamo di essere nello stato dell'Arizona, negli Stati Uniti d’America. Su un fuoristrada troviamo alla guida un nativo di origine navajo, che ci guida in un deserto di sabbia, gialla, sfumata con dune di varie altezze. Questo nativo ci farà attraversare un parco nazionale, sulla sinistra rocce rossastre e arancioni che alla luce del tramonto si illuminano. Lo scopo di questa esplorazione è arrivare nel Canyon de Chelly, alla ricerca di un insediamento del popolo anasazi. Nella lingua dei navayo “gli antichi nemici”, un popolo ancestrale vissuto tra il VI secolo d.c e la fine del XIV secolo, antenati oggi degli odierni nativi americani.
Una kiva, pozzo usato dalla popolazione anasazi (Wikimedia commons)
All’improvviso appare uno squarcio nella roccia, abitato fin dall’antichità; in questa ferita naturale causata dall’erosione del vento e della pioggia, il popolo nativo del nord America ha edificato il luogo dove abitare. Con costruzioni di mattoni, argilla e fango: camere, luoghi di culto, magazzini. 420 stanze e pozzi profondi chiamati Kiva, probabilmente utilizzati per cerimonie sacre.
Gli anasazi adoravano la Terra, il cielo e le stelle e costruivano in base ai movimenti del sole e della luna. Conoscevano l’astronomia. A una certa ora il sole illuminava il centro della kiva. Guglie, archi, pinnacoli diventano case, cortili, muri divisori spalancati sul deserto sottostante che all’epoca era ricco anche di alberi. Infatti i primi esploratori spagnoli chiamarono il luogo Mesa verde, con altipiani di 1.200-2.000 metri.
L'insediamento di Mesa Verde, in Colorado (cr. Tobi 87 Wikimedia commons)
La città di pietra poteva ospitare 250 persone che si dedicavano, calandosi dall’alto, alla caccia e all’agricoltura. Coltivavano cereali e legumi. Si dedicavano all’arte rupestre e sapevano creare cesti che non lasciavano passare l’acqua. Questi “vecchi abitanti” hanno costruito città rifugio. rispettando la natura che non va disturbata. Un popolo misterioso scomparso dopo secoli, forse per un cambiamento climatico. L’architettura umana si innesta perfettamente nel paesaggio; si intuisce, osservando la città di pietra, come l’uomo deve agire per essere parte integrante di un tutto.
L'architetto Portoghesi con il Presidente della Repubblica Ciampi (cr. Presidenza della Repubblica Wikimedia commons)
L’architetto romano, postmodernista, Paolo Portoghesi, nel libro “Natura e architettura” del 1999, parla di omologia, concetto che pone in un rapporto armonioso le forme vegetali, animali e quelle umane. Il nuovo naturalismo non considera l’universo come un sistema frammentato. Esiste una profonda analogia e corrispondenza tra le forme viventi. L’architettura osserva, dialoga con il mondo naturale e lo valorizza. L’uomo si pone in contemplazione, imita e crea. Osserva i dettagli e riproduce con la venerazione che possiede chi ama e non distrugge e cerca un ordine formale che la natura suggerisce.
Il Gran Teatro Puccini a Torre del Lago (cr. Michele Alibrandi Wikimedia commons)
Chi guarda dall’alto il Teatro di Puccini a Torre del lago, nota la forma di una farfalla. L’architetto - afferma Paolo Portoghesi - non copia, ma interpreta la leggerezza della farfalla, simbolo di un essere che vola. Alcune costruzioni si ispirano alle foglie dell’acero, alle chiocciole, alle barriere coralline, in un dialogo che valorizza la bellezza.
Le colonne del chiostro della cattedrale di Amalfi richiamano la forma degli alberi; la cupola della cappella della Santa Sindone a Torino imita la struttura di un fiore che sta per sbocciare.
Le colonne del chiostro di Amalfi (cr. Matthias Hollander Wikimedia commons)
L’uomo osserva una terra che non va al cielo, come sosteneva Galileo Galilei, ma si manifesta nella sua complessità di forme, di chiaroscuri, di trasparenze e di profondità. Imitarla e dialogare con lei, significa averne riguardo per darle la giusta considerazione.
Gli anasazi, volendo tornare all’inizio di questo viaggio, erano un esempio di come si possa vivere mettendosi in sintonia, senza distruggere. Anzi entrando in punta di piedi nelle opportunità che la natura offre come un dono prezioso offerto spontaneamente. Per comprendere che fare, la memoria umana dovrebbe ritornare al passato, conoscendo e utilizzando le tante opportunità che la contemporaneità offre.
L’uomo contemporaneo attraverso la conoscenza e i modelli antichi può sicuramente, se vuole, trovare il modo di non occupare inutilmente il suolo per continuare a costruire a volte anche in modo insensato e ripetitivo. Pura utopia? No, solo per riprendere a calpestare le crepe rugose della terra con suole leggere.
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