La perfezione che si rompe

"Disco in forma di rosa del deserto" di Arnaldo Pomodoro davanti alla sede della Regione Puglia (cr. acquario51 Wikimedia commons)
L’eredità artistica di Arnaldo Pomodoro è fra di noi
L'architetto Paolo Gandolfi traccia per iosonospartaco un'analisi sul lascito artistico di Arnaldo Pomodoro, lo scultore morto pochi giorni fa alla vigilia dei 99 anni.
La sfera è una forma perfetta, rappresenta la forza e la perfezione, dalla particella elementare alle sfere celesti. Se poi ci si dovesse trovare di fronte ad una sfera liscia, rilucente e dorata si potrebbe essere indotti ad allontanarsi, ad averne timore, magari dell’energia che sembra voler sprigionare o semplicemente perché si vede riflessa la propria immagine, rimpicciolendola dentro la deformata incombenza del mondo che ti circonda.
Spazzare e corrompere questa perfezione è il compito dell’artista, sia esso motivato da una visione filosofica o politica, da un impulso interiore o da un semplice gesto. Un compito che ci piace e che apprezziamo.La scultura di Arnaldo Pomodoro nel piazzale della Farnesina (cr. Gianni o O Wikimedia commons)
Arnaldo Pomodoro ha reso a noi questo servizio, ci ha permesso di avvicinarci alla sfera, di prendere confidenza e di cominciare a sbirciare dentro quelle fenditure e cercare qualcosa di più umano, comprensibile, imperfetto. Ha preso forme perfette e incombenti e le ha rotte perché non ci facciano paura.
Semplice?
Arnaldo Pomodoro era uno scultore, nell’epoca contemporanea la serie B degli artisti, ma era estremamente popolare e conosciuto anche al grande pubblico, almeno per due buone ragioni. Le sue opere sono affascinanti, semplici e complesse al tempo stesso ma comunque apprezzabili da tutti. Alcune sue opere sono presenti in piazze o presso importanti palazzi delle città del mondo e di solito dialogano molto bene con i luoghi.
Anche in Italia, Paese refrattario all’arte pubblica e avido di opere d’arte contemporanee nelle piazze, qualche sua opera si trova, il grande disco in piazza Meda a Milano o la sfera davanti alla Farnesina a Roma.
Anche in una città di provincia come Reggio Emilia, in occasione della mostra retrospettiva del 2006, in corso Garibaldi apparvero una colonna, la Colonna del Viaggiatore, la prima grande scultura di Pomodoro, quattro stele e un grande disco accanto al santuario della Ghiara. La città apprezzò.
L’occhio
Nelle fenditure o negli squarci dei grandi volumi si trovano delle geometrie complesse e ripetitive che si addentrano con piani di appoggio sempre più profondi. L’occhio dell’architetto ci può vedere una città che scende nelle profondità, oppure una di quelle megastrutture architettoniche della “non stop city” di Archizoom e Superstudio.
Le menti più suggerite dal fantastico ci ritrovano il linguaggio di transizione tra organico e meccanico che da Guerre Stellari e Alien in poi rappresenta un pezzo dell’immaginario degli scenografi del futuribile, magari proprio contrapposta alla rotondità plasticosa e metallica della fantascienza degli anni ’50.Piazza della Riforma a Lugano con le sculture di Pomodoro (cr. Andykappa Andrea-Enrico Wikimedia commons)
Gli amanti dell’arte ritrovano i microuniversi geometrici di Paul Klee, i disegni aztechi o i labirinti celebrali di Dubuffet. I lettori troveranno soddisfazione nel veder materializzate le gabbie psicologiche che imprigionano i personaggi di Kafka. Infine anche chi semplicemente ama la natura apprezzerà il processo creativo che accomuna Pomodoro al lavoro che il tempo e gli elementi fanno sulle materie, anche le più dure e nobili.Pomodoro accanto alla scultura da lui realizzata per la Mondadori a Segrate, 1975 (cr. Pino Montisci Wikimedia commons)
Tutto questo ha regalato ad Arnaldo Pomodoro una duratura fama internazionale e a noi l’opportunità di incontrare la sua opera in luoghi inaspettati, facendoci venire voglia di avvicinarci e a volte di entrarci dentro, magari per iniziare un nuovo viaggio.
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