Alla donna greca mancava il femminismo

Alla donna greca mancava il femminismo

Saffo nell'olio su tela di Enrique Simonet (Wikimedia commons)

Calipso, Medea, Antigone e le altre

Alcuni  un esercito di cavalieri, altri di fanti,/altri di navi dicono che sia la cosa /più bella sulla terra nera, ma io dico che sia/quello che uno ama;/è così facile farlo capire a ognuno: la più bella di tutti, Elena, lasciato il pur eccelso marito,/ si imbarcò per Troia/ senza alcun pensiero né per la figlia, né per i cari genitori(…).Ora anche io mi ricordo di Anattoria che non è qui perché di lei vorrei vedere il seducente passo/ e lo splendente fulgore dello volto/ più che i carri dei Lidi e i fanti/ armati per la battaglia.

 In questa splendida ode del VII secolo a. C., composta per le allieve del suo thìasos (comunità educativa), la più grande poetessa della storia letteraria ha sintetizzato la potenza di eros e la sua personale definizione della cosa più bella (tò kàlliston). L’universo dell’amore contrapposto all’universo della guerra, la stessa opposizione che si troverà espressa nella “lotta” di Medea e Lisistrata.

Saffo, che ha fatto dell’amore il principio a cui ispirare la propria esistenza e persino la sua paideìa (educazione), rappresenta certamente un caso unico nel mondo greco. Estromettendo infatti la donna da quasi tutti gli spazi pubblici, negandole qualunque autonomia sia personale che giuridica, l’uomo greco ha pensato di esorcizzare il suo timore nei confronti di un universo - quello femminile - per lui in gran parte misterioso, “strano” e percepito anche come potenzialmente pericoloso per la propria energia protesa all’esplicazione  della sua potenza virile; inquadrandole in questo contesto dobbiamo interpretare figure mitologiche come Elena, Calipso, Circe, che “sottomettono” temporaneamente l’eroe alla malia di eros allontanandolo dai suoi doveri primari, trasformandolo dunque in un essere debole, inutile.

Particolare da "Gli amori di Paride e Elena" di Jacques-Louis David, museo del Louvre (Wikimedia commons)

Paride nel III libro dell’Iliade, viene trasportato da Afrodite direttamente sul letto dove Elena lo attende, sottraendolo al duello con Menelao, Calipso “nasconde” Odisseo al mondo (questo in greco è il significato del suo nome, che Pascoli tradurrà perfettamente: la Nasconditrice).

Non a caso lo spazio dell’uomo è quello aperto e mosso della strada, della piazza, del mare, dell’azione, della guerra e delle armi, quello della donna lo spazio chiuso e statico della casa, del telaio, del letto.

Particolare da "Odisseo e la ninfa Calypso" di Gerard de Lairesse Rijksmuseum (Wikimedia commons)

La tragedia poi non si farà sfuggire questo interessante aspetto del costume greco, cominciando a interrogarsi – contestualmente al pensiero filosofico e sofistico - sulla natura della donna: così sono nate dalla straordinaria sensibilità di Euripide personaggi femminili come Alcesti, Medea, Fedra, che si interrogano con grande sottigliezza sul proprio ruolo di mogli, compagne, amanti e madri, e soprattutto su quello che “gli altri” vedono o si aspettano da loro, sulle gravi conseguenze che scaturiscono dal conflitto fra ciò che esse dovrebbero fare o essere sulla base del ruolo che la società ha loro imposto, e le loro pulsioni e aspettative, per la prima volta espressamente enunciate.

Così Alcesti non prova vergogna nel dichiarare il suo amore (passionale, si badi bene) nei confronti del marito, Medea rivendica i propri “diritti” di compagna e madre, benché sappia bene, in quanto straniera, di esserne completamente priva, Fedra si fa quasi filosofa quando discute con il Coro circa la natura della sua irrazionale passione e si domanda come sia possibile che sia insorta in lei, donna saggia e virtuosa.

Particolare da "L'oracolo di Alcesti", museo archeologico nazionale di Napoli (Wikimedia commons)

In un celebre discorso al Coro delle donne di Corinto, per ottenere il loro silenzio, Medea elenca gli aspetti per cui la condizione delle donne è molto più dura e ingiusta rispetto a quella degli uomini, fornendo ai posteri un quadro perfetto della condizione femminile nel mondo antico, e non solo, se le suffragette - secoli dopo – lo reciteranno come una sorta di manifesto nelle loro pubbliche proteste.

In un mondo che da secoli aveva fatto del principio delfico del “conosci te stesso” il proprio imprescindibile punto di riferimento, l’intelligenza di queste eroine che non si riconoscono più appunto nel ruolo loro imposto, era una vera e propria provocazione; non sappiamo certamente quale riflessione Euripide volesse davvero suscitare, ma poco importa, perché di fatto noi moderni – oggi - cogliamo giustamente quegli aspetti che nella mente del tragediografo erano forse solo inconsci (forse). Potenza dei classici.

"Antigone condannata a morte da Creonte" di Giuseppe Diotti (Wikimedia commons)

Queste donne protagoniste e demiurghe, nel senso che sono loro a muovere l’azione, non potevano non suscitare empatia, come Antigone, che agisce anch’essa in nome dell’amore (per un fratello) e per seppellirlo mette in atto il primo caso di disobbedienza civile contro l’editto dell’inflessibile Creonte, che si sente ancora di più prevaricato dal fatto che a dargli una sorta di lezione di politica sia una donna.

Giocasta nelle Fenicie consiglia ai litigiosi figli solo soluzioni giuste, persino una sorta di principio di alternanza democratica, dal momento che non riescono a mettersi d’accordo su chi dei due debba governare.

Tutti “caratteri” poco riusciti avrebbe detto Aristotele in base alle sue categorie, perché non in linea con il copione non tanto drammatico, ma culturale e biologico che la società aveva loro imposto.

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