L'anarchico esportava cultura

Una foto colorata del porto di Montevideo negli anni 30 (cr. Leo Wehrli Eth. Library Wikimedia commons)
Torquato Gobbi, la fuga e la libreria in Uruguay
La giornata era ventosa e piuttosto fredda. La nave dopo 18 giorni di faticosa navigazione, finalmente era arrivata a destinazione, attraccando al porto di Montevideo. Fra i tanti passeggeri (uomini d’affari, avventurieri, turisti, emigranti) che scesero dal piroscafo si distinse un italiano di mezza età con un cappello a larghe tese, un vecchio abito di buon taglio molto sgualcito e una camicia bianca con sopra un fiocco nero: Torquato Gobbi.
L'anarchico e libraio Torquato Gobbi (cr. Fabrizio Montanari su dono della famiglia Gobbi)
Portava due valigie, una più pesante dell’altra. Lo sguardo rivelava preoccupazione e un velo di tristezza. Era il mese di gennaio 1930. In quel lontano paese aveva come solo punto di riferimento l’amico Luigi, che lo aveva preceduto qualche mese prima. Era un padano, nativo di Bagnolo in Piano in provincia di Reggio Emilia, aveva girato mezza Europa (Francia, Belgio, Germania) per sfuggire ai fascisti, fino a quando sentendosi braccato anche all’estero, decise di cambiare continente.
Anarchico, di mestiere rilegatore di libri, aveva scelto di seguire il suo maestro, il professor Luigi Fabbri, fin nel lontano Sudamerica. Uomo mite, introverso, malinconico ma molto determinato, amava i libri e come autodidatta si era formato una buona cultura politica e letteraria. La valigia più pesante che aveva con sé era infatti ricolma dei libri a lui più cari.
Dopo i primi mesi trascorsi in casa di Luigi Fabbri per ambientarsi e regolarizzare i documenti, finalmente trovò occupazione al Poligrafico dello Stato riuscendo così a rendersi indipendente. Con passione collaborò al periodico Studi Sociali diretto da Fabbri, mantenne rapporti con i compagni rimasti in Europa, specie con Camillo Berneri, sostenne ogni iniziativa antifascista dell’America latina e promosse raccolte di fondi da inviare ai compagni in Europa. Aderì anche a “Italia Libera” di Carlo Sforza, spostandosi progressivamente, pur definendosi sempre anarchico, su posizioni vicine a Giustizia e Libertà.
L'anarchico Camillo Berneri in una foto del 1936 (Wikimedia commons)
Terminata la guerra, stanco del lavoro al Poligrafico volle realizzare il sogno della sua vita: aprire una libreria che potesse aiutare la numerosa comunità italiana presente in l’Uruguay a rimanere in contatto con la terra d’origine. Allo scopo prese contatto con molte case editrici italiane, con librai di fiducia come l’amico Gino Prandi di Reggio, chiese e ottenne un finanziamento bancario e nel 1946 iniziò la sua avventura.
Calle Soriano a Montevideo come appare oggi (cr. Felipe Restrepo Acosta Wikimedia commons)
Aprì in Calle Soriano nel centro di Montevideo la “Libreria Italiana”, la sola del genere presente nella capitale e forse in tutto il paese. L’inaugurazione avvenne alla presenza delle autorità locali e dell’ambasciatore italiano in Uruguay, oltre al sindaco di Roma Salvatore Rebecchini.
Nel volgere di poco tempo essa divenne un punto di riferimento della comunità italo-uruguagia e luogo d’incontro per operatori culturali, scrittori e artisti. Non vi era compagnia teatrale o delegazione politica italiana che non prevedesse una visita alla libreria di Gobbi. Solo la “Libreria Italiana” si dimostrò in grado di offrire agli oltre 70.000 connazionali, alle università e alle istituzioni culturali del Paese, testi di ogni disciplina in lingua originale.
Da sinistra il sindaco di Roma, Rebecchini, Gobbi e l'ambasciatore a Montevideo (cr. Fabrizio Montanari su dono della famiglia Gobbi)
Accanto alla libreria Gobbi volle dar vita anche a una piccola casa editrice denominata Editoria Libreria Italiana. La E.L.I. si avvalse del contributo di insigni docenti universitari, specializzandosi in testi e grammatiche in versione bilingue. L’attività procedeva abbastanza bene, quando il governo, nei primi anni sessanta, con una decisione improvvisa e drammatica, svalutò la moneta. Nel giro di poche ore i debiti contratti da Gobbi con i fornitori italiani e uruguagi si decuplicarono, rendendogli pressoché impossibile onorarli.
L'inaugurazione della libreria di Gobbi a Montevideo (cr. Fabrizio Montanari su dono della famiglia Gobbi)
Tutti i suoi sogni andarono in fumo e la libreria dopo 16 anni dovette chiudere. Era il 1963. Colto da profonda depressione, nel maggio dello stesso anno, Gobbi, non riuscendo a fronteggiare la grave situazione finanziaria, si tolse la vita.
Fu il giornalista dell’Avanti! Nicola Cilla, presente a Montevideo in occasione del mese italiano della cultura, a raccontare, il 13 ottobre 1963, la triste vicenda di questo incredibile sognatore anarchico, da tutti rispettato e amato, e il vuoto lasciato dalla chiusura della sua libreria.
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