L'eredità lasciata dall'Oriente

Una giovane abbigliata e acconciata secondo l'antico uso bizantino (cr. Andrea Frassinetti, foto su concessione de La tavola di Bisanzio)
La tavola di Bisanzio, vent’anni di ricerca e di festa
Il segno del dominio dei bizantini sull'Appennino viene evocato dalla manifestazione "La tavola di Bisanzio", giunta alla ventesima edizione. Per tre giorni - 11, 12 e 13 luglio - Baiso (in provincia di Reggio Emilia) si popolerà di eventi storici e ludici con la possibilità di mangiare secondo la tradizione di allora. Gli eventi inziano venerdì alle 19, sabato alle 17 e domenica già alle 10. Momento culminante domenica 13 luglio alle 18 con il corteo storico in abiti disegnati secondo gli studi del comitato direttivo della Tavola di Bisanzio. I ruoli di Giustiniano e di Teodora quest'anno sono affidati a due ventenni, nel ventennale della manifestazione.
Se ci mettiamo davanti a una carta geografica e misuriamo la distanza fra Istanbul e l’Italia del nord diventa difficile immaginare come la cultura del mondo bizantino abbia potuto lasciare tracce ancora oggi visibili in un pezzo di mondo così lontano e, apparentemente, così appartato. Invece è storicamente accaduto, come da vent’anni a questa parte è dimostrato da una manifestazione culturale che si svolge sulle colline di Baiso, in provincia di Reggio Emilia, conosciuta come “La tavola di Bisanzio”. Vediamo da dove prende le mosse.
L’Appennino emiliano entrò in contatto con la cultura bizantina principalmente durante il periodo tardo antico e altomedievale, in seguito alla riconquista dell’Italia settentrionale da parte dell’imperatore Giustiniano, al termine della guerra gotica (535-553). Dopo il 553 gran parte della Pianura Padana passò sotto il controllo bizantino, con Ravenna come centro amministrativo. L’Appennino emiliano, soprattutto le zone collinari e montane, rimase sotto giurisdizione bizantina fino all’VIII secolo, resistendo più a lungo rispetto alla pianura.
Anche il falconiere alla Tavola di Bisanzio (cr. Andrea Frassinetti foto su concessione de La tavola di Bisanzio)
Lungo il crinale del monte Valestra e poi giù lungo la valle del torrente Tresinaro, passava il limes, il confine tra il castrum Verabulum (Bizantino, che faceva capo a Ravenna) e il castrum di Bismantova (che faceva capo ai Longobardi). Per due secoli almeno, (VII e VIII) nel cuore del medioevo più alto e più profondo, si sono fronteggiati (ma anche riconosciuti e intrecciati) due popoli e due civiltà. Il periodo ha influenzato notevolmente la stessa identità regionale, contribuendo ad un primo consolidamento dell’Emilia e della Romagna, (il cui nome richiama la presenza dei romani ovvero i bizantini), zona governata dall’Esarca di Ravenna fino alla metà dell’VIII secolo.
In questo scenario, la rievocazione della Tavola di Bisanzio rappresenta un unicum a livello regionale in grado di approfondire la storia e le eredità dell’alto medioevo sotto i profili culturali, geopolitici e anche del cibo. Le vicende storiche che interessano il paese di Baiso si collocano all’interno degli incontri-scontri che interessarono quella fascia di confine contesa tra bizantini e longobardi a cavallo del VII secolo fino alla definitiva capitolazione in mano longobarda nell’anno 728.
La lunga permanenza bizantina ha lasciato tracce nell’architettura sacra, con pievi ed abbazie - come la Pieve di Toano, la Pieve di Paullo e l’Oratorio di Beleo - che conservano elementi romanici con influenze orientali, come capitelli decorati con simboli bizantini. Le dedicazioni a santi orientali (per esempio San Vitale) nei luoghi di culto sono indizi della diffusione religiosa bizantina. Esempi di fortificazioni e siti strategici sono Bismantova, Verabolo e Monteveglio, che furono roccaforti bizantine fino al VII-VIII secolo. Alcuni resti murari e toponimi locali (come Kastra o Castrum) indicano la presenza di strutture difensive bizantine.
La civiltà di Bisanzio ha lasciato poi una precisa e ben riconoscibile identità nel cibo: gli usi ed i gusti dei bizantini, dediti all’allevamento della pecora e alla pastorizia, hanno marcato in maniera indelebile i sapori di questi luoghi (Baiso-Viano-Carpineti), gli unici in Appennino in cui ancora oggi, a distanza di oltre tredici secoli, si consuma abitualmente carne di pecora. Per questo La Tavola di Bisanzio è innanzitutto un banchetto, una generosa tavola apparecchiata.
Spettacoli teatrali e circensi alla Tavola di Bisanzio (cr. Andrea Frassinetti foto su concessione de La tavola di Bisanzio)
Nel 2005 l’amministrazione comunale di Baiso, raccogliendo un’idea della Comunità Montana di valorizzare prodotti tipici della montagna reggiana, aderisce assieme ad altri comuni, istituendo una festa dedicata alla carne di pecora, suo prodotto identificativo. Così nasce la festa della Tavola di Bisanzio che compie adesso vent’anni. Da semplice evento paesano, contando su un budget iniziale di poche migliaia di euro, la festa è cresciuta negli anni, sotto la regia del presidente Giuliano Caselli, diventando un evento di portata nazionale grazie anche a un lavoro scientifico approfondito del quale è stata protagonista la vice presidente Orietta Ceci che insieme ad un gruppo di appassionate volontarie ha condotto una ricerca su personaggi e costumi.
Nelle prime edizioni, con grande umiltà, è stato preso spunto da altre già rodate feste in costume e cortei storici della zona: successivamente è stata affinata la conoscenza sui costumi bizantini, trovando spunto da testi di alto profilo, da siti storici e visitando direttamente Ravenna, dai cui mosaici è arrivata l’ispirazione per produrre fedelmente splendidi abiti e identificare i personaggi della sfilata.
Fin dall’inizio la risposta della comunità di Baiso è stata eccezionale, con una adesione totale, che è cresciuta nel tempo, di tutte le associazioni di volontariato. Nell’edizione 2025 i volontari a supporto della festa saranno oltre 200. Positivi anche gli impatti sulla micro economia di Baiso e dei comuni limitrofi, basti pensare che sono stati 15.000 i visitatori nell’edizione del 2024, con un pubblico diversificato ed eterogeneo, proveniente da varie parti della regione, che ha portato un incremento dell’attività delle strutture ricettive, badando però in modo fermo e puntiglioso alla sostenibilità ambientale con la messa al bando della plastica e degli sprechi alimentari. Sul piano più strettamente culturale il Comitato scientifico ha provveduto a installare mostre temporanee in varie strutture del paese.
Una grande festa ma altro rispetto a una sagra di paese. Con La tavola di Bisanzio si dimostra che la scoperta delle nostre radici è possibile, tenendo i piedi ben piantati nel presente. Escono dal cassetto pagine di storia lontana che ci raccontano quello che siamo oggi.
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