E lui ti affittava la Madonna
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Storie di Sicilia - In Quaresima le statue di gesso giravano per le case, dietro modico compenso
Se esistono luoghi con una maggiore capacità generativa di storie rispetto ad altri, a me viene da pensare subito alla Sicilia, e non solo per diritto di nascita.
Potremmo rifarci alla sua deriva nel Mediterraneo, quel suo staccarsi, diventando da laguna (ce lo dicono i fossili) arcipelago; con pazienza questo embrione guarda il mare che evapora e poi, qualche milione di anni dopo, lo stesso mare erompe dalle rocce di Gibilterra e risistema gli equilibri: da un lato la Sicilia, dall’altro non l’Italia o l’Europa, ma il mondo.
Già, perché i Siciliani, interessante composto alchemico di più popoli (e non mi riferisco ai blanditi conquistatori), da sempre - in aperto contrasto con la realtà delle cose - si sono sentiti padroni del mondo, del loro mondo, s’intende.
Con rara capacità di mimesi hanno creato (e continuano a farlo) un universo il cui centro coincide con sè medesimi: non mi riferisco ad esempi tratti dalla letteratura, ma anche al più semplice venditore ambulante che ritiene il mondo incompleto se privato della sua essenza.
Lo so, siamo complicati, ma d’altronde i Sofisti ci hanno insegnato i “dissoi logoi” e noi siamo stati eccellenti allievi.
Mia nonna aveva con la religione un rapporto critico sereno, ad un tratto dalla Santaria cubana: nel soggiorno troneggiava, sopra un’ambiziosa consolle, una Madonna in una teca, dalle cui lampadine votive pendevano dei ninnoli ialini, usati come sismografi.
E’ pur vero che abbondare in richiesta di protezione celeste non è segno di insicurezza, anzi, al contrario, è palese dimostrazione di devozione.
Qui entra in scena il nostro Lui: età indecifrabile, superati i quaranta e qualche altra decina sparsa, abbigliamento patchwork (che sarebbe a dire un miscuglio di cose diverse) con una certa inclinazione verso le scarpe da tennis accoppiate a pantaloni Principe di Galles; in più, occhiali fondi ed eloquio impacciato in un italiano incerto.
Ma tante parole non occorrevano: il periodo era sempre quello e lo scambio sempre il medesimo.
Infatti, si palesava durante la Quaresima, portando in giro le Madonne, che, dietro un modesto compenso, lasciava a dimorare per una settimana.
Va detto che col tempo queste ingenue statue di gesso, dall’origine oscura e senza alcun pregio artistico, acquisivano colori sempre più accesi a mascherare l’usura del tempo.
Certo, alcune erano proprio truccate vistosamente ed, in quel caso, non avendo nessuno di casa cuore di rifiutarle, venivano collocate in maniera defilata, quando non girate tout-court.
Mio nonno i primi tempi chiedeva se la Madonna fosse di cattivo umore; mia nonna rispondeva, secca, che sì, si poteva tenerla in casa, ma guardarla era anche troppo.
Passata la Pasqua, il traffico si interrompeva e quasi sembrava di poter sentire dalla Madonna, quella titolare, un sospiro di sollievo.
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