Garibaldi cambiņ solo i padroni

Garibaldi cambiņ solo i padroni

La battaglia di Calatafimi (opera di Remigio Legat Wikimedia commons)

L’amore di Giuseppa e la rivoluzione fallita

Villarosa, in provincia di Enna, era un paese siciliano di poche anime, lavoranti nelle miniere di zolfo o braccianti di latifondisti. Fu fatto edificare dal duca Placido di Notarbartolo nel 1760 per usufruire di coloni al suo servizio.

Giuseppa Tranquilli era nata qui nel 1854. Quando per la prima volta sentì parlare di Garibaldi aveva sei anni. Era la Pasqua del 1860. Con la madre, zia Concetta e zio Ciriaco stavano creando come da tradizione i pupi con la pasta di pane, il viso un uovo sodo dipinto dai bambini, simbolo di fertilità. I grandi parlavano.


Villarosa come appare oggi (cr. azotoliquido Wikimedia commons)

“Ci siamo, qualcosa cambierà come nel 1848 a Palermo, una rivoluzione popolare contro i Borboni, con una nostra costituzione. Garibaldi, un uomo d’azione sta preparando l’invasione del Sud contro chi ci affama. I picciotti sono pronti a unirsi a lui”. La miseria era tanta. Il nonno e il padre di Giuseppa erano morti a quarant’anni; la polvere di zolfo aveva distrutto loro i polmoni.

Quando Garibaldi entrò a Villarosa in sella a un enorme cavallo, indossava una camicia rossa e un fazzoletto al collo dello stesso colore. Seguito da un esercito di giovani con le camicie rosse. Parteciparono tutti, era arrivato un liberatore. A Giuseppa sembrò una fiamma, avvolto dalla passione.

“Garibaldi bello! Garibaldi ardente! Ce la farà a cacciare i Borboni e noi avremo la terra che ci spetta”.

Garibaldi si fermò “bello come il sol dell’avvenire”, eretto sul cavallo come su un palcoscenico. Le parole volavano come frecce.

“Dobbiamo lottare per una società di eguali, ho bisogno della vostra gioventù per liberare la Sicilia”.

Francesco, il giovane amato da zia Concetta, era pronto a combattere con l’uomo della speranza.


Garibaldi alla battaglia di Milazzo (cr. litografia Vallardi su disegno di Vittosi Wikimedia commons)

Zio Ciriaco nella sua botteguccia di granaglie, appese un foglio di giornale con la foto di Garibaldi, ma mentre i garibaldini volevano l’unità d’Italia, i contadini volevano la terra e i due obiettivi non si conciliavano. A sostenere l’unità erano i ceti medi liberali che si sostituirono agli aristocratici nell’accaparramento della terra.

Garibaldi riuscì a cacciare Francesco II, liberando la Sicilia, ma aveva già deciso di cedere l’ex Regno delle Due Sicilie alla monarchia sabauda. C’era un tacito accordo con i reali di Savoia. A Teano Garibaldi e Vittorio Emanuele II si incontrarono, unendo il destino dell’Italia centro settentrionale con quella meridionale. Era nato il Regno d’Italia, grande vittoria di Cavour che teneva d’occhio Garibaldi per non permettere alla Sicilia di diventare una repubblica democratica. L’esercito delle camice rosse fu incorporato in quello nazionale.

L’immagine di Garibaldi scomparve dal negozio di zio Ciriaco. La delusione era profonda, i siciliani dovevano ancora subire. Da qui ebbe inizio la svolta nella vita di Giuseppa.

Giravano per il paese soldati e ufficiali dell’esercito sabaudo, affiancavano Garibaldi per controllare che tutto accadesse in nome di Vittorio Emanuele II, parlavano una lingua incomprensibile. I villarosani si trovarono annessi ad una Italia che non conoscevano. L’illusione era durata un battito di ciglia.

Servire la patria o morire, c’era scritto lungo le strade. Molti giovani, tra i quali Francesco, amato da zia Concetta, non si vollero sottomettere all’obbligo di combattere per una causa che non sentivano loro, fuggirono sulle montagne, diventando fuorilegge e futuri briganti.


Giuseppa Tranquilli con il marito e i figli  (cr. Pina Tromellini)

Zia Concetta era giovane e bella e l’ufficiale Vittorio Maineri iniziò a farle una corte assidua, fino a chiederle di seguirlo in Liguria. Fuori i Savoia erano le nuove scritte. I giovani che non si adeguavano venivano mandati nella prigione di Fenestrelle in Piemonte.

Concetta era combattuta, ma la situazione della famiglia era talmente misera che decise con dolore di accettare la proposta. In Liguria sposò Vittorio Maineri e dopo qualche anno chiese alla sorella di mandarle uno dei figli che l’avrebbe fatto studiare. Giuseppa fu prescelta. In Liguria studiò, si sposò e condusse una vita agiata nella bella casa di Vittorio Maineri, nonostante la nostalgia non l’abbandonò mai. In Sicilia non tornò mai più.

Giuseppa Tranquilli era mia nonna.

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