Alice ed Ellen, il sorriso dell'Italia
Due giovanissime Alice ed Ellen Kessler (da Tv Sorrisi e canzoni Wikimedia commons)
Il ruolo politico delle Kessler nel Paese che cambiava
La morte di Alice ed Ellen Kessler non è solo una questione privata. Parlarne oggi, all’indomani della loro scelta di lasciare insieme la vita, impone alcuni obblighi, a cominciare dal rispetto per una decisione presa da due donne dall’esistenza unica e complessa certamente non paragonabile ad altre. La condivisione di ogni istante sulla terra rende comprensibile la coerenza assoluta dell’affrontare insieme la morte, scelta che porta a compimento un progetto di vita che non prevedeva la presenza dell’una senza l’altra.

Le gemelle Kessler nel 2005 (cr. Harald Bishoff Wikimedia commons)
Troppo diversa la situazione delle gemelle Kessler (della cui condizione clinica poco sappiamo), troppo diverso il contesto sociale della Germania perché il loro caso si possa associare a quello di altri che vedono nel suicidio assistito una via d’uscita dalla sofferenza senza speranza. L’unica reazione che abbia un senso di fronte alla decisione delle gemelle è il prenderne atto, l’accettazione come fatto compiuto.
Vale piuttosto la pena, anche in segno di omaggio verso due carriere artistiche di tale portata, analizzare perché la morte di Alice ed Ellen Kessler non è solo una questione privata. Ogni italiano nato fra la guerra e gli anni sessanta ha un ricordo personale che lo lega alle gemelle: chi si faceva cullare da neonato sul da-da-unpa, chi rideva di Alberto Sordi con i piedi pestati da loro a Studio Uno, chi vi vedeva un modello di bellezza al momento de “La notte è piccola per noi”. L’operazione nostalgia è la scorciatoia più semplice e banale, non la più efficace.

Alice ed Ellen con Alberto Lupo durante il programma Teatro 10 (Radiocorriere Tv Wikimedia commons)
Assume più rilievo il tentativo di assegnare alle Kessler un ruolo politico nell’epoca in cui sono state protagoniste in Italia, cosa che rende la loro morte una notizia di carattere pubblico. Sul fatto che l’Italia del boom economico fra anni 50 e 60 sia stata la patria dei sogni e del benessere inseguito e raggiunto troppo è stato scritto, individuando nella televisione uno degli strumenti – se non il primo – capaci di unire una nazione arrivata alla modernità fra spaventose disparità economiche e di istruzione. E in tutto questo cosa c’entrano due ballerine della Germania est? C’entrano.

"Giardino d'inverno", il loro debutto televisivo (fotogramma dalla sigla)
Le gemelle Kessler sono state l’immagine dell’Italia che pretendeva il meglio, stanca dell’arte di arrangiarsi. La migliorata situazione economica e il nuovo slancio sociale degli italiani lo permettevano. Dovevi realizzare un programma televisivo? Ogni ruolo doveva essere coperto dal più bravo sulla piazza. Hai bisogno di una soubrette? Ne prendiamo due, e che siano le migliori d’Europa. Le Kessler arrivano alla Rai individuate da Antonello Falqui e da Guido Sacerdote - altro genio della tv in bianco e nero – che le notano al Lido di Parigi. Sono scelte in mezzo a tante altre e non perché, da gemelle, rappresentino qualcosa di fuori dal comune, sono chiamate perché sono le migliori. Lasciano il segno ma, al contrario di quello che si pensa, non come simbolo erotico.

Le gemelle insieme al coreografo Don Lurio (dalla pagina Fb Noi cresciuti negli anni 50 e 60)
Le gemelle tedesche apparivano inarrivabili, e in effetti lo erano. Non c’è un maschio italiano che abbia messo in conto di tradire la moglie con Alice o Ellen. Le gemelle non costituivano alcun pericolo per la morale familiare, e per questo andavano benissimo anche alla politica dell’epoca, che al massimo poteva intervenire per le calze nere al posto di quelle trasparenti.
Poi il centrosinistra comportò un allentarsi della morsa censoria e le calze andarono in archivio lasciando intatti altri problemi, come le famiglie alla deriva. Di queste si narra in un film capolavoro non riconosciuto di Dino Risi, “Il giovedì”, in cui le Kessler hanno un piccolo ma significativo cameo in cui interagiscono in tedesco con un bambino, figlio di Walter Chiari, adulto separato e sconfitto dalla vita.

Con Walter Chiari nel film "Il giovedì", 1964 (cr. Dino Risi Wikimedia commons)
Perfezioniste all’estremo, tecnicamente perfette, fecero da contrasto con la confusione genetica degli italiani. Molti anni fa in un’intervista dissero di continuare a stupirsi di come in Italia si riuscissero a costruire spettacoli bellissimi nel caos più totale.

Copertina del 45 giri "Quelli belli", sigla di Canzonissima 1969
Dell’Italia impararono a subire anche gli umori, anch’essi dettati spesso dalla politica. Nel 1969 insieme a Johnny Dorelli e Raimondo Vianello presentarono Canzonissima, reduce dal trionfo dell’anno precedente con Mina, Chiari e Panelli. Fu invece un fiasco per critica e indice di gradimento; si disse per i costi troppo alti della produzione, ma forse erano i tempi che cambiavano. Le critiche piovvero addosso anche ad Alice ed Ellen. L’anno dopo sparirono i pantaloni lunghi delle soubrette e comparve la Carrà, ragazza che aveva il via libera nel mostrare l’ombelico.

Con Mina e Raffaella Carrà nello show "Milleluci", 1974 (dalla pagina Fb Le più belle canzoni)
Le Kessler sono state i due sorrisi più belli di un’Italia che aveva molte ragioni per divertirsi sentendo la miseria alle spalle, sicura del futuro anche se alla fine del mese sul conto corrente c’erano pochi soldi e le vacanze erano con la pensione completa. In questo le Kessler hanno avuto un ruolo politico: con i loro volti puliti e i fisici fantastici e inarrivabili hanno fatto da garanti per gli italiani, anche loro potevano sorridere alla vita. Oggi la loro decisione di morire insieme non chiede un giudizio ma soltanto rispetto, accompagnato da un grazie.
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