C'è un Iran che ha voglia di felicità

C'è un Iran che ha voglia di felicità

Piazza Imam a Isfahan (cr. Alessandra Coppa iosonospartaco)

Ricordi di una nazione giovane in cerca di libertà

Nei giorni in cui un nuovo fronte di guerra si è aperto in Iran, iosonospartaco pubblica gli appunti di viaggio e le fotografie della nostra autrice Alessandra Coppa che visitò il Paese nel 2010. Ne risulta l'immagine di una nazione giovane alla ricerca di libertà, di futuro e di felicità, desideri che oggi paiono ancora lontani dal realizzarsi.

Fin dove arrivano gli occhi di un viaggiatore? Quanto a fondo riesce a penetrare lo sguardo di uno straniero, di passaggio in posti spesso lontani più per la loro storia che per una significativa distanza geografica? Sono domande che valgono per ogni destinazione, ma forse sono ancor più vere per un paese come l’Iran, oggi al centro di eventi determinanti per il futuro di una vasta parte di mondo, se non dell’intero pianeta.

Nel 2010 non si era ancora spenta l’eco delle proteste generate dalla rielezione del presidente Ahmadinejad e dalle denunce di brogli elettorali da parte del candidato moderato Mousavi.

Teheran con le montagne alle spalle (cr. Alessandra Coppa iosonospartaco)

Attraversare quel paese è stato un modo per entrare in contatto con la sofferenza causata da un governo che soffoca l’opposizione, ma anche con una storia straordinaria e con l’ospitalità e la gentilezza delle persone, intenzionate a resistere e usare la propria cultura per mantenere saldi i legami con il resto del mondo.

Atterro a Teheran all’alba di una giornata di maggio. Indosso il velo non appena poggio piede in aeroporto e sono così preoccupata di non farlo scivolare, che non mi rendo conto di essere già fuori, senza altra formalità che un veloce controllo del passaporto. Mentre mi muovo nel traffico caotico, ecco all’orizzonte le alte cime dei monti Alborz, incappucciate di neve.

I giovani

Per strada ragazze eleganti, pur nel rigore degli abiti, i capelli nascosti con grazia, trucco perfetto e rinoplastiche esibite con orgoglio. Poter mostrare liberamente solo il volto ha rafforzato, specie fra le giovani donne delle città, una cura del corpo che ha radici antiche. Qui nella capitale i neri chador si mescolano a personali interpretazioni del velo, dando vita a uno stile che pare una provocazione silenziosa e irriverente nei confronti del rigore imposto dalla Repubblica Islamica.

Naturalmente questo è più evidente fra i giovani, quelli con meno di 30 anni rappresentano oltre il 60% della popolazione del paese. Della recente onda verde resta però poca evidenza. Gli arresti e l’isolamento di chi è riuscito a sfuggirne l’hanno molto indebolita; qualcuno a voce bassa mi dice che al momento non ci sarebbero figure abbastanza carismatiche per guidare una nuova rivolta.

Indumenti femminili nel bazar di Kerman (cr. Alessandra Coppa iosonospartaco)

Mille chilometri più a sud c’è Kerman, sulla rotta dell’antica via della seta e oggi su quella dell’oppio dall’Afghanistan. Il deserto del Dasht e Lut è vicino e si può camminare fra i castelli di sabbia del Kalut. Formazioni argillose, sedimenti di antichi bacini fluviali e lacustri, ora si offrono all’erosione del vento, che li ha forgiati in forme bizzarre. Il silenzio e il buio inghiottono la notte senza luna in un’esplosione di stelle.

La strada che risale verso nord asseconda le montagne fino a 2.500 metri di altezza, fra brillanti coltivazioni di pistacchi, fichi e melograni. All’orizzonte strisce bianche di sale e sul lago salato di Maharlu l’emozione di decine di fenicotteri rosa.

Un'immagine di Shiraz (cr. Alessandra Coppa iosonospartaco)

“Ti piace l’Iran?”, “Ti sei trovato bene nel nostro paese?”, “Possiamo fare una foto insieme”? Queste domande, che mi vengono rivolte a Shiraz, me le sentirò ripetere spesso durante il viaggio. L’inglese, parlato da molti, consente di lanciare un ponte verso l’altro e di soddisfare una curiosità che sembra desiderio di spezzare l’isolamento in cui il paese, suo malgrado, si trova.

I colori

Moschee con decori geometrici, floreali e calligrafici in ceramica, confondono l’occhio con i loro colori brillanti. Architetture rigorose, sale di preghiera con vetrate multicolori e selve di colonne scolpite. Cupole sospese nell’aria e minareti sottili puntati verso il cielo.

La tomba del poeta Hafez a Shiraz (cr. Alessandra Coppa iosonospartaco)

Sulla tomba di Hafez la gente arriva per pregare. Inginocchiata, recita i versi di questo poeta del 1300, ancora oggi amatissimo. La sera, nel Mausoleo del Re della Luce dove ci si sta preparando alla ricorrenza della morte di Fatima, è tutto un via vai di fedeli, donne in chador (obbligatorio anche per noi), bambini. Tre alte cariche religiose ci individuano, unici stranieri, e ci vengono a porgere il benvenuto.

Naqsh e Rostam con le tombe dei re achemenidi (cr. Alessandra Coppa iosonospartaco)

Le origini dell’Iran si respirano a Persepoli, suggestiva ancorché distante dal fasto che precedette l’incendio appiccato da Alessandro Magno dopo la sua conquista. Naqsh e Rostam, con le imponenti tombe dei re achemenidi scavate nella roccia, e l’isolata tomba di Ciro a Pasargade sono fra i luoghi più commoventi.

Le torri del vento a Yazd (cr. Alessandra Coppa iosonospartaco)

A Yazd si percepisce di nuovo la vicinanza del deserto. Una tempesta di sabbia satura di oro e di bruno l’aria, caricandola di drammaticità. La parte antica della città ha i colori della terra. Forme morbide, alte torri del vento – eccellente esempio di bioarchitettura – isolate torri del silenzio. Lì i seguaci di Zoroastro portavano i propri morti, affinché gli avvoltoi ne ripulissero le ossa prima della sepoltura, che non doveva contaminare la terra. A Yazd brucia il fuoco di Ahura Mazda, divinità della prima religione di stato di questo paese, monoteismo che ancora oggi sorprende per la modernità dei suoi principi base e del libero arbitrio che li sottende.

Una delle cupole di Isfahan (cr. Alessandra Coppa iosonospartaco)

Isfahan è una delle città più incantevoli del mondo islamico, espressione del progetto urbanistico dell’illuminato scià safavide Abbas. Piazza Imam è un immenso rettangolo col cuore d’acqua e di erba, su cui si affacciano due moschee da fiaba e un palazzo reale. Cupole turchine o color crema, minareti sottili, alte porte di accesso e la brillantezza di migliaia di tessere di ceramica.

La vita

La vita è ovunque e anche qui gli iraniani non resistono a stendere una tovaglia e improvvisare uno dei loro abituali pic-nic. In questi giorni l’ho visto fare spesso, in città o per strada, persino sui bordi di poco confortevoli carrarecce, sotto il sole a picco.

Il fiume Zayandeh attraversa Isfahan (cr. Alessandra Coppa iosonospartaco)

Presso i ponti sul fiume Zayandeh mi siedo a godermi il fresco assieme a molti cittadini, che approfittano del luogo per togliersi le scarpe e immergere i piedi nell’acqua. Mentre osservo le persone mi sento parte di un ambiente familiare e sicuro e mi tornano alla mente i versi di Rumi:

Là fuori
al di là delle idee di falso e giusto
c’è un vasto campo:
come vorrei incontrarvi là.
Quando colui che cerca raggiunge quel campo
si stende e si rilassa:
là non esiste credere o non credere.

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