Difficile salvare il cinema sexy

Alvaro Vitali e Michela Miti in una pausa di lavorazione di "Pierino colpisce ancora", 1982 (Wikimedia commons)
Il genere, gli anni 70: riflessioni dopo la morte di Alvaro Vitali
Inizi anni ’70, l’espansione della “commedia sexy all’italiana” me la sono vissuta tutta. Cinema con ancora gli scranni in legno, sale da più di trecento posti semi affollate già nello spettacolo delle tre del pomeriggio, il problema del farsi ammettere dalla cassiera quando non si avevano ancora quattordici anni, i documenti più strani a comprovare il falso perché le carte di identità in genere si facevano solo da maggiorenni, le promesse di vedere, anche solo per cinque fotogrammi, di tutto e di più di Edwige, Gloria, Ornella, Agostina, Laura o Nadia. Anche se in quella strana Italia gli adolescenti maschi si ponevano ancora, e in larga parte, il quesito se “essa” era orizzontale o verticale.
La commedia sexy all’italiana è comunque un filone che ha portato moltissimi attori dall’avanspettacolo al set cinematografico, quindi anche gente molto brava. Inizi di carriere lucenti o vite bruciate. Non uguale, né paragonabile, alla commedia italiana, senza “sexy”, avviata, dicono, da “I soliti ignoti” di Monicelli e da “Divorzio all’Italiana” di Pietro Germi.
Purché nuda
Gli elementi che la caratterizzavano erano pochi e quando si sono esauriti è finita anche la commedia “sexy” a meno che non la si voglia ritenere tramutata nei cinepanettoni. I set erano grotteschi, gli attori avevano battute che spesso andavano nello scurrile e, sovrastante, c’era che in un qualche momento l’unica protagonista – perché di fatto in un cast soprattutto maschile era la sola che contava - sarebbe stata svestita e filmata. Non pornografia, ma erotismo, sennò si slittava sul vietato ai minori di 18 e se ne andavano un bel po’ di incassi.Edwige Fenech, Lino Banfi e Alvaro Vitali ne "La poliziotta della squadra del buoncostume" (Wikimedia commons)
Poi il comune senso del pudore è cambiato e due tette non sbalordiscono più alcuno. Scomparso il genere, tutti morti, o quasi, gli attori. E’ passato un bel po’ di tempo ma fatta eccezione per Lino Banfi e Pippo Franco, e pochissimi altri, non c’è più alcuno. Ci vengono in mente Gigi Ballista, Franca Scagnetti, Salvatore Baccaro, Enzo Liberti, Marisa Merlini, Alfonso Tomas, Carlo Delle Piane, Mario Carotenuto, Gianfranco D’Angelo, Jimmy il Fenomeno, Ennio Antonelli, Elena Fabrizi, Renzo Montagnani o Jenny Tamburi. E anche Alvaro Vitali, l’ultimo di quelli che in genere interpretavano se stessi.
Pierino
Commuoversi più di tanto a conclusione di una vita a lungo vissuta, come quella appunto di Alvaro Vitali, in una contingenza dove ben altre morti ci vengono riferite ogni giorno dall’Est Europa o dal Medio Oriente, ci pare eccessivo. Probabilmente quest’ondata di caldo farà altri decessi illustri; e restando nel recinto del cinema, mi sento molto più portato a provare un sentimento di vero cordoglio per la scomparsa avvenuta solo il giorno prima di Lea Massari.Vitali con Michela Miti in "Pierino contro tutti" (Wikimedia commons)
Tuttavia, siccome è di Pierino-Cotechigno, e quel che faceva e rappresentava, che mi viene chiesto di parlare... la domanda che mi viene spontanea è se è stato felice? Se ha concluso la sua vita serenamente? Se l’aver interpretato oltre sessanta film l’ha reso un uomo appagato?
In una giornata dove far ricerche sulla Rete vuol dire sfidare la tempesta delle false notizie, ci sembrerebbe di dover rispondere che il piccolo Alvaro non si sia mai emancipato davvero dal suo carattere scenico. Forse ha goduto, ma il piacere non gli ha dato felicità perpetua.
Storia dura
Infanzia non facile, terza media, un lavoro manuale imparato di corsa, Fellini che lo nota a diciannove anni, Cinecittà e dintorni che diventano centro dei desideri finché sfonda nel genere che viene definito appunto commedia sexy all’italiana. Un divorzio, l’unico figlio che segue la madre in Piemonte a cinque anni, lui che resta a Roma. “Anche novanta milioni a film guadagnavo”, ma alla fine “sono state 1.300 euro di pensione a mantenermi…” quindi lussi smodati, un’altra moglie undici anni più giovane e lui che sbotta in tv che non ha mai avuto premi degni. Gli ultimi dieci anni in depressione e lui che crea pathos coi rotocalchi per la nuova separazione che è di poco precedente al colpo fatale per la crisi di un apparato respiratorio che gli ha sempre dato problemi.Alvaro Vitali in "Roma" di Federico Fellini (cr. Pakdooik Wikimedia commons)
Se mi faccio prendere dalla comune ansia collettiva di rivalutare artisticamente la “commedia sexy”, il secondo pensiero che ho su Alvaro Vitali e di come considerare le molte gag che recitava sul set. A quei tempi mi facevano ridere, ma oggi, chi continua a farle lo fa in complessi processi, spesso scolastici, con intenti persecutori e molestie.
Gatto Silvestro
Quello che ieri non rendeva un cattivo Alvaro Vitali era, che simile a Gatto Silvestro, lui immancabilmente pagava le sue bravate con sonori sganassoni che riequilibrano il tutto. Ma oggi? Ai tempi dei maranza? Se i così detti piccoli boomer (ndr giovani vecchi) sono la generazione che ha perso il senso del pudore, la generazione Alpha sembra avere grossi problemi a conservare il senso dell’etica. E gli schiaffoni sono proprio esclusi e motivo di indagine penale. C’è qualcosa che non torna; e probabilmente sta nella moda attuale che è quella di etichettare anziché soppesare.Gloria Guida e Corrado Pani in "La minorenne" (cr. Silvio Amadio Fausto Zuccoli Wikimedia commons)
Lascio quindi Alvarino alla misericordia dei propri cari e le eccellenze della “commedia sexy all’italiana” alla rivisitazione di persone più capaci e preparate. Lascio anche quegli anni rammentati all’inizio al naturale oblio; non è certo perché andavamo al cinema che andranno ricordati.
Magari se qualcuno volesse lo si potrebbe invece fare per spiegare perché sono detti di piombo e ci portarono a un passo dalla guerra civile. E quando qualcuno lo farà, semmai lo farà, ci accorgeremo quanto la nostra stessa cosa pubblica ci abbia fatto deviare dalla verità.
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