Franco e Ciccio, gli ultimi guitti
Franco Franchi e Ciccio Ingrassia in "Due mafiosi nel Far West"
Le parodie, le commediole, il grande cinema
Per polemica verso Bertolucci, che aveva appena mostrato Ultimo tango a Parigi, Goffredo Fofi scrisse che al film del parmense preferiva la parodia interpretata da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia: Ultimo Tango a Zagarol.

Franco Franchi in "Ultimo tango a Zagarol" (Wikimedia commos)
Sembra che il sindaco della località laziale – Zagarolo, oggetto di battute derisorie a Roma, un po’ come a Venezia accade per Chioggia - avesse minacciato un’azione legale se il titolo non fosse stato cambiato. Così fu tolta la “o” finale: Zagarolo, Zagarol. Franchi e Ingrassia furono protagonisti di varie parodie di film maggiori come Brutti di notte (da Bella di giorno di Buñuel) o Paolo il freddo (da Paolo il caldo di Bolognini) o Satiricosissimo (da Satiricon di Fellini), e molti altri.

Il manifesto di "Satiricosissimo"
Negli anni sessanta, quando la coppia cominciò ad avere successo al cinema, i film partivano direttamente dalla seconda visione, allora abbondantissima – nelle grandi città ce n’era anche una terza più i parrocchiali – e incontravano il pubblico delle periferie, dei quartieri bassi, e della provincia.
Accadde anche coi seguiti di Gianni Morandi: In ginocchio da te, Non son degno di te, Se non avessi più te… e coi “musicarelli” in generale, interpretati da cantanti di successo; Al Bano, per fare un esempio, sullo schermo finì per diventare Schubert.

Ingrassia e Franchi in "Stasera mi butto", di Ettore Fizzarotti (Wikimedia commons)
Franco e Ciccio avevano già una vasta esperienza nell’avanspettacolo e come guitti. Una fortuna, la loro, per certi versi paragonabile a quella di Totò, che negli anni cinquanta, venendo dal teatro leggero e dall’avanspettacolo, si fece divo cinematografico popolare al punto di far dimenticare ai settentrionali, almeno provvisoriamente, i pregiudizi verso i “terroni”. Ma occorre ricordare che in quegli anni la canzone napoletana era ovunque apprezzatissima, ovunque adottata e fischierellata; ed è vero che il Festival di Napoli attirava cantanti e musicisti “estranei” come Ornella Vanoni, o l’Equipe 84.
Per tornare a Franchi e Ingrassia, secondo l’Enciclopedia Garzanti dello spettacolo, il guitto: «indica un attore di infimo ordine, nomade e incolto, ma non privo di passione, né, talvolta, di una rozza efficacia. (…) oggi il termine si usa per ogni attore che si abbandoni a scoperti istrionismi».

L'etnomusicologo Roberto Leydi (cr. Haaden 2 Wikimedia commons)
Dopo le ricerche di antropologi di valore quali Ernesto De Martino, ed etnomusicologi come Roberto Leydi, negli anni 60 e 70 la rigida visione del guitto fu spesso abbandonata nel quadro di un recupero (abbiamo documentari notevoli come La taranta, ottima ricostruzione del rito in Puglia a opera di Gianfranco Mingozzi) che riabilitava la “sceneggiata”, il teatro povero, la commedia dell’arte nelle espressioni popolane e la farsa.

La Nuova compagnia di canto popolare nel 1976 (Wikimedia commons)
Per esemplificare, non è un caso che dalla lingua e dalla tradizione napoletana sortissero letture e rielaborazioni colte come quelle della Nuova Compagnia di Canto popolare, del blues/rock di Pino Daniele o il pop di Napoli Centrale. E non è un caso che attori di palcoscenico e cinema come Totò uscissero dal loro tracciato, già largo, per incontrare nientemeno che Pier Paolo Pasolini.

Franco Franchi con Totò e Pier Paolo Pasolini (Wikimedia commons)
A proposito, un critico cinematografico particolarmente legato alla “classicità” viscontiana ebbe a dire che Totò riconobbe la propria arte, nobilitandola, allorché fu messo al lavoro da un artista vero; io non direi, perché sono convinto che Pasolini abbia indovinato la natura dell’attore cogliendovi quello che in se stesso già c’era, per poi esaltarne poeticamente la popolarità.

Franco e Ciccio, il gatto e la volpe nel Pinocchio di Comencini (Wikimedia commons)
Il discorso non vale solo per Pasolini, sull’opera del quale presto tornerò, se Luigi Comencini si servì di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia per i ruoli del Gatto e della Volpe nel televisivo Pinocchio. E come dimenticare l’albero enorme dal cui folto il “matto” Ingrassia grida: «Voglio una donnaaa!» in Amarcord di Federico Fellini?

Ingrassia in "Amarcord" di Federico Fellini (Wikimedia commons)
In La terra vista dalla luna e soprattutto in Cosa sono le nuvole la coppia Totò - Ninetto si ripropone, dopo Uccellacci e uccellini, a mio avviso giungendo all’apice, cioè nel meglio del regista/poeta (o solo Poeta) che era stato altrettanto felice con la Ricotta.
Cosa sono le nuvole è una straordinaria elegia di quello che Pasolini chiamava “il mondo antico”. Un po’ alla volta le marionette di un piccolo teatro meridionale sono gettate in discarica dallo spazzino Modugno, che adempie al suo compito cantando. Quella che Totò (nella parte di Jago) e Ninetto (nella parte di Otello) interpretano, è la tragedia fatalmente voluta dal sistema neocapitalista. Uno sterminio della civiltà contadina perpetrato mediante la corruzione dei consumi con mostruosa velocità.

Franchi e Totò in "Cosa sono le nuvole" di Pasolini (Wikimedia commons)
In quella particolare versione “scespiriana” Franco Franchi interpretava Cassio e la sua mimica, dai fili di marionetta, resta impeccabile; addirittura più efficace di quella di un Totò anziano e forse stanco. Guitto nobilitato, dunque, come il compare che nel 1975 ebbe un ruolo in Todo modo di Elio Petri.
Ultimi guitti, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Ancora infilati nella transizione del boom economico ma destinati, secondo la profetica visione pasoliniana, a sparire senza un ricambio di autenticità.
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