Il Ferragosto italiano del cinema

Il Ferragosto italiano del cinema

Trintignant e Gassman, protagonisti del film "Il sorpasso" di Dino Risi, 1962

Il boom, la risata, il dramma umano

Le vacanze estive, in particolare il Ferragosto esaltato dal boom economico 1959-65 – e di vistosa trasformazione del costume – hanno trovato nel cinema italiano un terreno molto fertile. Perché? La risposta è relativamente semplice, almeno se si rimane in superficie; ma la superficie, nella rilevazione dei fenomeni epocali, vale quanto la profondità. In primo luogo l’estate era più di oggi favorevole al lavoro cinematografico, poi l’irruzione delle vacanze di massa, delle nuove spinte al consumo e dell’automobile, offrivano spunti infiniti all’osservazione, alla comicità, alla satira e, soprattutto, per quel riguarda questo articolo, alla commedia drammatica.


Marcello Mastroianni e Anna Medici in "Domenica d'agosto" di Luciano Emmer, 1950 (Emmer Wikimedia commons)

Per ambientazione il Ferragosto è stato soggetto già nell’immediato dopoguerra nel film di un regista riconosciuto, ma a mio avviso non abbastanza, come Luciano Emmer; il suo Domenica d’agosto, 1950, mette in scena l’affollamento popolare delle spiagge vicino a Roma. Facendo un lungo salto, quei luoghi sono il teatro di vicende che arrivano agli anni settanta e ottanta.


Piero Natoli e Sabrina Ferilli in "Ferie d'agosto" di Paolo Virzì, 1996 (cr. Ansa Wikimedia commons)

Alludo al notevole Casotto di Franco Citti, che si svolge interamente in un capanno (il discepolo di Pasolini aveva esordito con un film intitolato Ostia), a Caro diario di Nanni Moretti, 1993, mentre Travolti dal destino… della Wertmuller (a mio avviso assai sopravvalutato) già si spostava dalle spiagge per altri luoghi costieri o isolani come poi avrebbe fatto Virzì con Ferie d’agosto, 1996, e con l’autoremake Un altro Ferragosto, nel 2024. Un film in tema che merita la menzione, credo sia Pranzo di Ferragosto di Gianni Di Gregorio, 2008, dove il protagonista-autore riunisce anziani rimasti in città per il festeggiamento: niente mare, al massimo un Tevere mefitico, niente corpi giovanili di donna da esibire, ma una sarabanda bizzarra di personaggi ultraottantenni attorno all’ospite “cuoco”.


Alberto Sordi in "Una vita difficile" di Dino Risi, 1961 (cr. Gawain78 Wikimedia commons)

Ciò premesso, sia pure lasciando aperta ogni memoria o rivelazione, penso utile soffermarmi su tre film che hanno senza dubbio raccolto e influenzato, in certa misura, i fenomeni di costume legati alle vacanze di massa. Il regista è, in tutti e tre i casi, Dino Risi ma, va subito detto, che un ruolo fondamentale hanno avuto i soggettisti e gli sceneggiatori: Rodolfo Sonego, Ruggero Maccari. Ennio De Concini ed Ettore Scola.

Una vita difficile, del 1961, è la seconda prova dopo Tutti a casa (Luigi Comencini, 1960) con cui Alberto Sordi entra appieno nella commedia drammatica. Il film ripercorre la vicenda nazionale dalla Liberazione al Boom, attraverso la coerenza d’impegno e i cedimenti di un giornalista. Silvio Magnozzi/Sordi vive i propri travagli assieme alla compagna Elena e al figlio, finché arriva la separazione. In una sequenza memorabile l’ex-partigiano (e scrittore mancato) viene a trovarsi sulla spiaggia di Viareggio in cerca della compagna.


Sordi con Daniele Vargas in "Una vita difficile" di Dino Risi, 1961 (cr. Gawain78 Wikimedia commons)

La spiaggia è ovviamente affollata: gente in costume di ogni età, venditori, asciugamani sulla sabbia… Lui vaga nella calca completamente vestito: giacca scura, forse neanche estiva, cravatta e scarpe. Troverà Elena seduta al tavolino di un bar con le amiche, riaprirà pateticamente il conflitto e la sera, ubriaco, si lancerà – avendo la peggio – contro il nuovo fidanzato di lei, un signore ricco che, temendo di sfigurare, scapperà dal ristorante sulla propria auto decappottata senza neppure salutare la donna.

Nel 1965, con L’ombrellone, Risi lascia il canonico Tirreno per Riccione. In una ripresa dall’alto la spiaggia non si vede perché gli ombrelloni, appunto, la coprono totalmente, lasciando spuntare l’insegna di uno stabilimento su cui è scritto: “Solitude”.


Enrico Maria Salerno e Sandra Milo in "L'ombrellone" di Dino Risi, 1965 (FGarg Wikimedia commons)

Anticipando una tendenza che presto convertirà molti abitanti della capitale, specialmente giovani, al divertimentificio adriatico, il film è una satira tagliente sullo stress da vacanza - «…Io ti porto a casa – dice Salerno/Marletti alla moglie Milo/Giuliana – devi riposarti!», e presenta risvolti sentimentali non trascurabili. Siamo in Romagna e i bambini di una colonia a passeggio invece che Alta bandiera cantano Bella ciao.

Il sorpasso è del 1962, e lo tratto per ultimo benché secondo in data, perché lo considero un capolavoro del “genere” e non solo.


Gassmann balla con Franca Polesello nel film "Il sorpasso" di Dino Risi, 1962 (cr. Gawain78 Wikimedia commons)

Bruno, un arrangione “ossessionato dalla furia di vivere e dal timore della vecchiaia” (Morandini) trascina sulla propria Aurelia sport supercompressa il timido Roberto, uno studente universitario che anche di Ferragosto vorrebbe preparare gli esami. Parte così un road-movie in area geografica ristretta - avrebbe influito nientemeno sul Wenders di Nel corso del tempo - che implica ritorni al passato nella frenesia di futuro, un’amicizia virile (o paterno-filiale) fra diversi, che si tramuta in un salutare sblocco per lo studente e subito in tragedia.

Una gag, una battuta meglio dell’altra, un’osservazione più acuta e intelligente dell’altra, un impareggiabile confronto di attori, Il sorpasso rivela una esperienza di equipe (ritmo, parola, immagine) eccezionale. Ed è la commedia drammatica migliore, al punto che la maschera di Gassman passa, da un momento all’altro nel finale, da volgare-ridanciana a grave-tragica. Quando Bruno si affaccia sulla scarpata rocciosa in cui Roberto è precipitato con l’auto Gassman, con un rigo di sangue che gli cola sulla guancia, riprende le fattezze di personaggio classico, cioè, pur rimanendo nel film richiama il palcoscenico.

Per chiudere vorrei raccontare un piccolo episodio.


La scena finale del film "Il sorpasso" di Dino Risi, 1962 (cr. Gawain78 Wikimedia commons)

Mi trovavo da solo, anni fa, a Castiglioncello fuori stagione. Decisi di raggiungere la spiaggia e all’ingresso di questa, dopo la discesa, trovai quella del film: uguale. In quel punto girandomi, senza nessuno intorno, ebbi di fronte una targa con scritto: “Nella felice estate del 1962 in questo luogo fu girato Il sorpasso”.  Una cosa simile mi era capitata a Stromboli dove una targa informava del soggiorno di Roberto Rossellini e Ingrid Bergman, e un locale proiettava ciclicamente il famoso film ambientato sull’isola.

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