Monopoly, un gioco politico
La versione tedesca del Monopoly (cr. Horst Franck Wikimedia commons)
Nato in America contro l’economia del latifondo
Cos’è un monopolio? L’economia ci dice che è una forma di mercato, non concorrenziale, in cui un unico operatore soddisfa l’intera domanda di un dato bene o servizio. Ne esistono vari tipi, legale, delle risorse o naturale. Agli economisti in genere i monopoli non piacciono, così come non piacevano ad Adam Smith, il filosofo della concorrenza perfetta, e ad Henry George, pensatore americano di fine ‘800, fondatore del georgismo.

Adam Smith e Henry George (Scottish national museum e foto di I.W. Taber Wikimedia commons)
Ciò che George proprio non riusciva a digerire era il monopolio del grande proprietario terriero: sostenendo che l’uomo poteva appropriarsi di ciò che otteneva con il lavoro ma non di ciò che la natura metteva a disposizione per tutti, proponeva un’imposta sul valore fondiario per dividere i frutti della terra.

Elizabeth Magie in una foto del 1892 (Wikimedia commons)
La teoria, più filosofica che economica, ebbe un certo successo. Tra i georgisti entusiasti, ci fu anche Elizabeth Magie: figlia di abolizionisti, fu scrittrice, attrice e inventrice. Nel 1903 creò The Landlord’s Game, il Gioco del Latifondista, per spiegare i difetti di un sistema economico basato sulla rendita fondiaria. Il gioco si svolgeva su un tabellone quadrato con proprietà, utenze e spazi fortuna tra i quali i giocatori si muovevano lanciando i dadi: la partita non iniziava da una casella del Via ma da un riquadro con la scritta “Lavorare la madre terra produce salario”.

Il tabellone del Landlord's game, 1906 (cr. Thomas Forsyth Wikimedia commons)
Il gioco aveva una natura binaria: i partecipanti potevano scegliere la modalità monopolista (arricchirsi, far uscire dal mercato gli avversari) o georgista/antimonopolista (cooperare, tutti vincitori se le condizioni del giocatore più povero miglioravano). Magie creò due set di regole opposte per spiegare, in negativo, gli effetti dell'avidità sulla cooperazione e, in positivo, della cooperazione sull’avidità.
L’afflato economicamente pedagogico di Magie era sincero, così come lo erano le sue bizzarre intenzioni, ma i buoni propositi non bastavano: dopo aver brevettato il gioco, nel 1909 l’autrice si rivolse alla Parker Brothers, all’epoca nascente colosso nel settore giocattoli, e The Landlord’s Game per i successivi vent’anni ebbe un discreto successo, non popolare, ma tra professori, studenti universitari e, non sorprendentemente, tra i quaccheri.
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Charles Darrow con il suo Monopoly (cr. Salem State University Wikimedia commons)
Il destino del gioco però doveva ancora essere scritto. Nel 1933, infatti, Charles Darrow di Filadelfia, venditore di termosifoni che, a causa della crisi del 1929, era passato dagli impianti di riscaldamento a fare il dog sitter a ore, notando alcuni vicini che si divertivano con un gioco il cui obiettivo era vendere e acquistare terreni, ebbe l’illuminazione e decise di creare la propria versione del gioco.
Con l’aiuto del figlio William e della moglie Esther, Darrow creò un tabellone diviso in varie proprietà e diede loro i nomi di luoghi di Atlantic City, località marittima in New Jersey: nasceva così la prima versione del Monopoly. Molto probabilmente il gioco che Darrow vide e da cui prese ispirazione era proprio The Landlord’s Game o, quantomeno, una sua copia: certo è che le due versioni ebbero storie di successo diverse.

La versione Yiddish del Monopoly (cr. Nizzan Cohen Wikimedia commons)
Nel 1935 Elizabeth Magie vendette definitivamente la sua invenzione alla Parker Brothers per 500 dollari (poco più di 11.000 dollari attuali) e l’azienda, che già era stata contatta da Darrow, lanciò sul mercato Monopoly, limitandosi a stampare pochissime copie della variante Magie. Inoltre il significato pedagogico originale scomparve e proprio questa scomparsa secondo me è stata alla base dell’enorme successo del Monopoly.

Una sottufficiale dell'esercito Usa gioca a Monopoly con il figlio nella base militare (cr. David Hersey Wikimedia commons)
Le finalità di The Landlord’s Game erano molto interessanti e in un certo senso nobili (ai tempi di Magie il grande latifondo, non più schiavista ma segregazionista, e i grandi monopoli in generale ponevano delle sfide) ma il gioco non era immediato e facile da approcciare. Monopoly invece, spogliato di intenti pedagogici, usava il divertimento per realizzare, nel gioco, la naturale aspirazione umana ad arricchirsi. La formula del successo fu quindi meno morale, più svago.
Negli anni successivi al debutto americano, il gioco arrivò anche in Italia dove, siccome Mussolini preferiva Luigi Braccioforte a Louis Armstrong, fu ribattezzato Monopoli e le vie di Atlantic City divennero vie di Milano (ad esempio Marvin Gardens divenne Viale Gran Sasso e Boardwalk, ossia il lungomare, Viale dei Giardini).

Il Monopoly al museo del gioco di Morains-en-Montagne (cr. Arnaud 25 Wikimedia commons)
Nonostante le dispute legali che hanno tentato di attribuire una paternità unica, il gioco è frutto di un processo cumulativo di idee e persone. Ciò che è indubbio è che, da tempo, Monopoly è un fenomeno globale: con oltre 500 milioni di copie vendute in 47 lingue e innumerevoli versioni tematiche, è tra i giochi più amati. Oggi, giocare a Monopoly permette a tutti di vestire i panni di grandi monopolisti, come John Rockefeller o JP Morgan, quest'ultimo fonte di ispirazione per l'abbigliamento della mascotte, il ricco Zio Pennybags, con il suo iconico frac, cilindro e monocolo. Il gioco nato per criticare i monopolisti, è ironicamente diventato il loro inno.
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