La battaglia di Firenze, l'insurrezione

La battaglia di Firenze, l'insurrezione

Foto concessa dall'archivio fotografico AnpiOltrarno

Avamposto della nuova Italia

Il 25 aprile l'Italia festeggia gli 80 anni dalla Liberazione. iosonospartaco affronta l'evento proponendo una serie di servizi in ambito storico e culturale

Il CTLN nonostante non si fossero verificate le condizioni ideali immaginate dal piano insurrezionale del 23 giugno, non si tirò indietro di fronte all’idea di dover ingaggiare una battaglia cittadina. Già da tempo, d’altra parte, aveva deciso di «attaccare i tedeschi a qualsiasi costo, ci fosse o non ci fosse speranza di combattere in condizioni favorevoli». Il 5 agosto, un partigiano azionista, Enrico Fisher e un comunista, Orazio Barbieri, servendosi del Corridoio Vasariano, l’antico passaggio mediceo sopraelevato che connette Palazzo Vecchio e la Galleria degli Uffizi con Palazzo Pitti (allora solo parzialmente interrotto dalle esplosioni delle mine piazzate dai tedeschi sugli accessi di Ponte Vecchio) sotto il naso dei tedeschi riuscirono a raggiungere la sponda sud dell’Arno, prendendo contatto con le avanguardie alleate giunte il 4 agosto nei sobborghi meridionali della città.


Foto concessa dall'archivio fotografico AnpiOltrarno

Servendosi sempre del corridoio, poco dopo, anche Carlo Ludovico Ragghianti in qualità di presidente del CTLN poté incontrarsi in Oltrarno con i comandi alleati e ottenere da questi il riconoscimento del comitato come governo provvisorio della città nella fase dell’emergenza. Una linea telefonica stesa di nascosto lungo il Corridoio permise oltretutto il coordinamento in vista dell’insurrezione tra Alleati, il CTLN e le forze partigiane foranee sopraggiunte nel frattempo.

Il ruolo di Potente

Il 4 agosto, infatti, anche gli uomini della Divisione garibaldina “Arno” guidati da Aligi Barducci “Potente” erano entrati nei quartieri meridionali della città e si erano portati a Porta Romana. Grazie alle abili qualità personali di “Potente”, anziché venir disarmati, i partigiani ottennero sui comandi alleati una straordinaria vittoria politica, facendosi riconoscere il diritto a combattere per la liberazione della città e, nello specifico, vedendosi assegnati un ruolo tattico a fianco delle avanguardie britanniche nelle operazioni di bonifica dell’Oltrarno dalla presenza dei temibili franchi tiratori fascisti che facevano strage di soldati, non risparmiando però neppure i civili. Le operazioni di bonifica, nel corso delle quali il comandante "Potente" trovò la morte a seguito del ferimento a mezzo di una scheggia di granata in Piazza Santo Spirito, ebbero tale successo che gli Alleati l’11 agosto concessero ai partigiani di attraversare armati l’Arno per partecipare all’insurrezione.

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All’alba di quel giorno, infatti, i rintocchi della campana di Palazzo Vecchio diedero il segnale dell’attesa insurrezione contro i nazifascisti. I partigiani e le squadre d’azione ingaggiarono decisi combattimenti contro i tedeschi i quali, lasciato il centro storico, ripiegarono sulla linea difensiva del torrente Mugnone che tagliava i quartieri a nord dal resto della città. Lo stesso 11 agosto, gli uomini del CTLN, insediatisi in Palazzo Medici Riccardi, sede della Prefettura, procederono alla nomina dell’amministrazione cittadina provvisoria nelle persone del socialista Gaetano Pieraccini e dei vicesindaci il comunista Mario Fabiani e il democristiano Adone Zoli.

Foto concessa dall'archivio fotografico Anpi Oltrarno

I combattimenti tra insorti e tedeschi proseguirono aspri nei giorni seguenti, mentre la popolazione cittadina, priva di risorse e sotto le continue minacce dei cannoneggiamenti e dei combattimenti, resisteva come poteva nelle cantine e nei rifugi. Gli Alleati, nel frattempo, temporeggiavano, non passando ancora l’Arno e attenendosi al piano originale che non prevedeva di schierare il grosso delle loro truppe in città.  Il comando del 13° Corpo britannico in effetti avrebbe atteso il 13 agosto che i partigiani avessero stabilito una testa di ponte nella parte vecchia della città prima di inviare oltre il fiume il 5° battaglione del Royal West Kent Regiment e le truppe della XXI Brigata Indiana. Ma anche allora, l’ordine impartito fu quello di lasciare che fossero i partigiani a ripulire i settori che le truppe regolari alleate avrebbero dovuto successivamente occupare.

Foto concessa dall'archivio fotografico Anpi Oltrarno

Squadre cittadine, partigiani delle brigate Garibaldi “Lanciotto” e “Sinigaglia “e della Terza Brigata “Rosselli” si scontrano in quei giorni lungo la linea del Mugnone, dalla quale peraltro i tedeschi fanno spesso puntate in avanti arrivando a rioccupare il 15 agosto piazza San Marco e spingendosi perfino in prossimità di Palazzo Medici Riccardi. Fondamentale e rischioso il lavoro di portaordini e staffette oltre le linee nemiche, affidato spesso a giovani partigiane e collaboratrici, alcune delle quali, come Lidia Salani o Dina Giannelli, ne risulteranno ferite (la seconda a morte), altre come Tina Lorenzoni finiranno per esser catturate, torturate e uccise dai tedeschi.

I tedeschi si ritirano

Il 18 agosto, i tedeschi si ritirano dalla linea del Mugnone ed arretrano su di un tracciato più a nord, dove continuano a tenere sotto occupazione alcuni quartieri, soprattutto quelli di Rifredi e Careggi. Gli Alleati avanzano ancora lentamente, ma dal 25 agosto, la tendenza si inverte. D’altro canto, siamo ormai alla vigilia dell’avvio dell’Operazione “Olive”, il piano di attacco al settore orientale della Linea Gotica verso la quale, a Nord-Est di Firenze, si stanno già muovendo le divisioni del XIII Corpo britannico. Il fronte principale di guerra si appresta perciò a superare Firenze.

Foto concessa dall'archivio fotografico AnpiOltrarno

Si deve attendere però il 31 agosto, perché il grosso dello sganciamento dei reparti tedeschi dai quartieri a Nord-Ovest di Firenze sia effettivo. Centri come Careggi, Castello e, più a ovest, Peretola, Quaracchi e Brozzi, d’altra parte, oltre ad aver conosciuto una più lunga, predatoria e spietata occupazione tedesca, con gran numero di violenze, deportazioni e spoliazioni di civili, verranno liberati del tutto solo ai primissimi di settembre.

Per la città, rimasta un mese terreno di duri combattimenti, il saldo delle distruzioni materiali e delle perdite umane è altissimo. Secondo dati diffusi dagli Alleati e dal CTLN, ai primi di settembre si contano tra la popolazione civile 379 morti e 1.308 feriti, 205 partigiani caduti in combattimento, 400 feriti, 18 dispersi.

Quale eredità

Profondo il significato che la battaglia di Firenze lasciava in eredità alla storia della Resistenza e dell’Italia che usciva da vent’anni di oppressione fascista. Nonostante i limiti effettivi, l’insurrezione cittadina dell’11 agosto costituì davvero un fatto nuovo, come si è detto al tempo “politico” e “militare” in grado di indicare la via per un radicale e profondo riscatto del popolo italiano dalle miserie e dalle colpe del suo recente passato.

Il CTLN in veste di autogoverno cittadino espressione della volontà popolare nei mesi successivi alla liberazione della città avrebbe continuato in tal senso a lavorare per la concreta ricostruzione materiale e democratica della città e della regione, rivendicando con ciò proprie funzioni politiche rispetto agli Alleati e alle autorità del ricostituendo Stato italiano. Se questa centralità e autonomia, seppur temporanee, furono riconosciute al CTLN lo si dovette anche all’inedito ed effettivo, per quanto relativo, peso militare che le forze partigiane fiorentine avevano avuto nella liberazione di Firenze. Ruolo che anche gli stessi Alleati, per la prima volta, erano stati costretti a riconoscere.


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La posizione dei partigiani fiorentini, avrebbe dichiarato ad esempio in un suo rapporto il tenente colonnello E. J. Bye responsabile della polizia alleata, era risultata sin dal principio «assai inusuale», dal momento che essi, non solo avevano coadiuvato le avanguardie britanniche nei combattimenti a sud di Firenze, entrandovi assieme il 4 agosto, «ma da quella data un gran numero di loro [aveva] combattuto costantemente al nostro fianco nel cacciare i tedeschi dalla città».

Questi due fatti nuovi, politici e militari, chiosava Carlo Levi, potenzialmente avevano reso la Firenze dell’agosto 1944 «l’avamposto della nuova Italia» che si sarebbe dovuta edificare concretamente a partire dal 25 aprile 1945.

(2 – fine)

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