Il fascismo della gente comune

Il fascismo della gente comune

Mussolini con Hitler e re Vittorio Emanuele III (cr. Umbertoferri Wikimedia commons)

Il Duce negli anni 70, ma è un romanzo

Il romanzo ucronico è un genere letterario praticato da sempre e ritornato di moda in tempi recenti. Il meccanismo alla base è in teoria semplice: come sarebbe il mondo oggi se Giulio Cesare non fosse stato assassinato, se Napoleone a Waterloo avesse vinto, se Giovanni Paolo I non fosse morto dopo un mese da Papa. Di fronte a un nuovo romanzo ucronico vi sono quindi buone ragioni per stare in guardia, visto il rischio di avere a che fare con qualcosa di già letto.


Lo storico Massimo Storchi autore di "Buon compleanno Duce"

Se quindi parliamo del romanzo ucronico (edito da Aliberti) di uno storico specializzato nella storia della Resistenza e del fascismo come Massimo Storchi è perché il libro qualcosa di nuovo lo presenta. “Buon compleanno Duce”, il titolo, è già una dichiarazione programmatica, come il sottotitolo “Anno 50 dell’era fascista”. Quindi Mussolini non è morto nel 1945 ma, andando a fare i conti, nel 1972 (appunto il 50° anno dalla presa del potere) è ancora vivo e continua a essere il monumento in carne e ossa di un regime che non trova più alcuna resistenza all’interno del Paese, casomai tollerato nei suoi vizi e privilegi.


Un'immagine resa celebre dalla propaganda: Mussolini trebbiatore (Wikimedia commons)

La novità sta piuttosto nel fatto che il fascismo anni 70 di Storchi non è raccontato attraverso le azioni e i pensieri del Duce stesso o di qualche gerarca di terza o quarta fila, ma tramite il quotidiano della gente semplice. Nello specifico il fascismo di un Mussolini uscito vittorioso dalla seconda guerra mondiale è vissuto con gli occhi e le emozioni di un gruppetto di studenti liceali – ragazzi e ragazze - provenienti da famiglie di diversa estrazione sociale: qualche ricco, qualche figlio di potente, qualche figlio di gente comune. Attorno a loro una platea di adulti disincantati ma pronti a trarre il massimo beneficio dal potere di un regime incancrenito su se stesso e interessato solo a perpetuarsi. Una storia all’italiana, insomma.

Chiariamo un punto. “Buon compleanno Duce” non è un giallo, anche se un morto c’è (anzi, un morto e mezzo) e c’è anche un mistero che alla fine troverà la soluzione. Ma il centro della narrazione non è questo. Le pagine più felici sono la narrazione della vita di tutti i giorni in una società in cui è normale il non potersi fidare di nessuno, in cui la capacità di stupirsi dei giovani si infrange contro la paura, la codardia e la capacità di adattamento degli adulti, interessati piuttosto ad autocelebrarsi. Si narra anche la delusione di quegli anziani che agli albori del fascismo spesero tutto loro stessi credendo in una rivoluzione sociale poi svanita nel nulla.


Marcello Mastroianni e Sofia Loren in "Una giornata particolare" di Scola (cr. Johnny Freak Wikimedia commons)

Andando probabilmente oltre le intenzioni dell’autore, mi permetto di indicare alcuni rimandi, tutti tratti dal grande cinema. Il primo, quasi scontato, è a “Una giornata particolare” di Ettore Scola, il capolavoro ambientato nelle ore della massima esaltazione del regime, quando Hitler visitò Roma. Mentre una capitale in stato di isteria fascista celebrava i due superuomini, nelle stanze e sulla terrazza di una casa popolare si consumava l’infelicità di una donna chiamata solo a generare figli da dare all’Italia e di un uomo destinato alla povertà e al confino perché omosessuale. Nel romanzo di Storchi si ritrova tutto questo nell’incredulità dei giovani per l’infelicità di una vita che li priva, in modo incomprensibile, dei loro amori.


Una scena da Amarcord. Da sinistra Maggio, Brancia, Ianigro e Ingrassia (Wikimedia commons)

Ma non finisce qui. In un film come “Amarcord” – Oscar nel 1975 – ritroviamo il rituale dell’olio di ricino per il sospetto di antifascismo, il prete delatore e la spia annidata in famiglia. Per finire con “Sono tornato” del 2018. Massimo Popolizio incarna un Mussolini ripiombato in Italia che trasecola vedendo come è ridotto il suo Paese, tanto da ripromettersi di ritornare in campo per rimetterlo in sesto. La resa è spesso comica ma quello che vi fa da sfondo è drammatico.


Massimo Popolizio in "Sono tornato" di Luca Miniero (fotogramma dal film)

Il finale di “Buon compleanno Duce” è la parte non scritta, lasciata alla decisione e alla capacità del lettore di interpretare i fatti. Certamente il mistero è svelato, la curiosità è appagata, ma c’è una domanda che resta aperta: e dopo? Se nel 1972 accadeva questo, dopo cosa sarebbe successo? Questo è il punto, questo è il quesito che Storchi ci pone. Il regime sarebbe oggi ancora in vita? O si sarebbe accartocciato su se stesso, non più in grado di reggere l’urto di nuove generazioni con altre aspirazioni oltre lo sfilare in parata tutti i sabati? Le nuove tecnologie avrebbero superato il reticolo di spie annidate ovunque, dalle scuole ai confessionali? Questa è l’ultima pagina rimasta in bianco, quella che ogni lettore potrà scrivere come vorrà.    

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