Il potere del Cantico di frate Sole

Il più antico ritratto di San Francesco, a Subiaco (cr. Wikimedia commons)
Il “miracolo” della pace fra vescovo e podestà
Continua la ricostruzione della nascita del Cantico di frate Sole, scritto da Francesco d'Assisi 800 anni fa
Il Cantico di frate Sole divenne la colonna sonora degli ultimi due anni della vita di san Francesco, che lo cantava spesso, dicono i compagni, per lenire i dolori che lo attanagliavano. Lodava l’Altissimo onnipotente bon Signore per frate Sole e sora Luna e le stelle, per l’acqua e per il fuoco, per le nuvole e il sereno; lo lodava per tutte le creature, vedendo in esse, lui cieco, quel rimando a Dio che spesso sfugge a noi sani.
Nel periodo in cui giaceva malato, primavera 1225, mentre il suo Cantico già circolava fra la gente, accadde ad Assisi un fatto veramente increscioso: una lite senza esclusione di colpi esplose fra il vescovo e il podestà. Il vescovo di Assisi allora in carica scomunicò il podestà della città. Costui, infuriato, a titolo di rappresaglia, fece annunziare in maniera forte e vistosa questo bando: che nessuno vendesse al vescovo o comprasse da lui alcunché o facesse dei contratti con lui.
La basilica di San Francesco ad Assisi (cr. Terragio67 Wikimedia commons)
A tal punto erano arrivati a odiarsi reciprocamente. Sto citando il documento antico detto compilazione di Assisi. Sotto gli occhi di tutti si consumava una devastante rottura di rapporti fra le due figure più autorevoli della cittadina. Ben presto il santo venne a sapere dell’accaduto. Riferisce il documento che Francesco sentì compassione per i due uomini adirati, perché nessuno faceva nulla per riconciliarli. Notiamo l’anomala reazione di Francesco: sentì compassione per due “antipatici” dall’inqualificabile comportamento. Credo che molti di noi, in un frangente simile si sarebbero consolati con un bel pettegolezzo sui difetti altrui. Francesco invece si attiva immediatamente per riconciliare i due ed escogita una soluzione. Compone una strofa nuova per il Cantico di frate Sole: Laudato si, mi Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore e sostengo infirmitate e tribulazione. Beati quelli che ’l sosterranno in pace, ca da te, Altissimo, sirano incoronati.
Particolare del San Francesco di Jusepe de Ribera (monastero San Lorenzo de el Escorial Wikimedia commons)
Poi la insegna a due frati e li manda a convocare, a nome suo, il vescovo e il podestà in episcopio insieme ai magnati della città e a quante più persone possibile. Lì dovranno cantare il Cantico con la strofa appositamente aggiunta. Detto, fatto. Quando tutti sono riuniti, uno dei frati si alza in mezzo a loro e dice: «Il beato Francesco ha composto durante la sua infermità le Laudi del Signore per le sue creature, a lode di Dio e a edificazione del prossimo. Vi prego che stiate a udirle con devozione».
Il podestà si alzò in piedi per ascoltare il Cantico come si ascolta il vangelo e prestò grande attenzione, in quanto venerava profondamente l’umile Francesco. Finite le Laudi del Signore il podestà disse davanti a tutti: «Vi dico, in verità, che non solo al signor vescovo, sarei disposto a perdonare, ma anche a chi mi avesse assassinato il fratello o il figlio». Indi si gettò ai piedi del vescovo dicendogli: «Per amore del Signore nostro Gesù Cristo e del beato Francesco, suo servo, eccomi pronto a soddisfarvi in tutto, come a voi piacerà». Il vescovo subito lo sollevò e lo avvolse in abbraccio, ammise di non essersi comportato in modo confacente alla sua posizione e gli chiese perdono.
Particolare da "Francesco riceve le stigmate" di Giotto (Museo del Louvre Wikimedia commons)
Notiamo che questa scena non è una leggenda, ma un fatto storico, avvenuto in pubblico, presenti le persone più autorevoli di Assisi e molte altre. Il documento che lo riporta aggiunge: [il vescovo e il podestà] senza più ricordare gli insulti reciproci, tornarono a sincera concordia. Non fu un solo un momento di commozione, i due si riconciliarono profondamente, fra lo stupore e la gioia dei convenuti. In un attimo era accaduto quello che nessuno si aspettava veramente, giacché è difficile sperare oltre il proprio naso. Il perdono reciproco, evocato dal giullare di Dio, si era fatto carne nella vita di due poveracci come me, come te, che erano incagliati nel proprio risentimento.
Laudato si, mi Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore. A me quello che colpisce in tutta la vicenda è la creatività di san Francesco. Niente rimproveri, nessuna esortazione, solo un canto, un’iniezione di lode a Dio per guarire il male che devastava i due amici. E se non avesse “funzionato”? Lui sarebbe caduto nel ridicolo. Ma non era facile spaventare un uomo come lui, imbevuto di vangelo. E ci sorprenderà ancora con l’ultima strofa del suo Cantico.
(2 - continua)
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