La biologia è dalla parte della donna

La biologia è dalla parte della donna

La comandante Kate Rubin assiste i compagni di equipaggio Glover e Hopkins, tutti astronauti (cr. Nasa Wikimedia commons)

Perché i loro cromosomi sono più robusti di quelli maschili

In un qualsiasi cimitero di una qualunque città, le poche persone che si aggirano fra le tombe e le accudiscono non sono uomini singoli. Di solito sono vedove. Questa osservazione empirica è confermata dalla statistica: la donna è più longeva dell'uomo.

La medicina, inoltre, ci informa che è più resistente alle malattie infettive, e a quelle oncologiche. In parte, per una sua maggiore partecipazione ai programmi di prevenzione, per una predisposizione a comportamenti più salutari rispetto all’uomo, e in parte per una superiorità biologica legata all’efficienza del sistema immunitario e alla genetica dei cromosomi sessuali.


Una molecola di Dna (cr. Reo On Wikimedia commons)

La donna ha, nel nucleo di tutte le cellule, 2 cromosomi* X appaiati, costituiti da circa 800 geni ciascuno, mentre l’uomo ha un solo cromosoma X, appaiato ad un cromosoma Y, che definisce il genere maschile. Questo contiene solo 60 geni, perciò è considerato più fragile.                                                                                                                                      

Il cromosoma Y dei maschi umani va incontro ad un lento e progressivo impoverimento dal punto di vista genetico, da una generazione all’altra, per cui si calcola che, stando così le cose, il maschio avrà una sopravvivenza, perlomeno in buona salute, di soli 10-15.000 anni. Saranno necessarie biotecnologie molto avanzate per sopperire a questo inconveniente non da poco.                                                                                                        


Una ragazza sulla spiaggia di San Sebastian, nei Paesi Baschi (cr. A.P. Mario Wikimedia commons)

Circa 7-8.000 anni fa si verificò un problema di questo tipo con il cromosoma Y, proprio perché più fragile: un improvviso impoverimento, biologicamente definito “collo di bottiglia”, fu determinato da un drastico dimezzamento del numero dei maschi presenti sulla terra, (ne rimasero poche centinaia di migliaia), a causa di epidemie e di scontri violenti tra i clan.  Si rischiò l’estinzione della specie.

Il sesso biologico è utile come generatore di diversità grazie ai rimescolamenti fra i geni, con procreazione di figli geneticamente simili ma non identici. In caso contrario nascerebbero, di generazione in generazione, sempre più figli-cloni, di certo meno resistenti alle malattie. La diversità biologica è come una assicurazione sulla vita perché migliora l’efficacia del sistema immunitario.                                                          


Una studentessa impegnata sui libri (cr. StarDream 23 Wikimedia commons)

Non si tratta di una diversità tra i gruppi territoriali, o tra i cittadini delle nazioni o tra le razze umane (e ricordo che esiste solo una razza umana). È una diversità fra gli individui. Ogni uomo è un esperimento geneticamente unico di sé, con un mosaico di piccole differenze rispetto a tutti gli altri individui. In natura contano più le differenze individuali che quelle, piccolissime, tra le comunità nazionali di appartenenza. Siamo, in fondo, tutti parenti e tutti unici, con l’eccezione dei gemelli monovulari, cioè nati dallo stesso ovulo. 


Sarte al lavoro in Kazakhstan (Wikimedia commons)

La socialità, intesa come la consuetudine a vivere in comunità più o meno ampie, fonte principale della formazione delle identità dei singoli individui, e l’abitudine a pensare secondo un “noi” collettivo, sono andate evolvendosi nel nostro cervello nei millenni, per cui siamo sopravvissuti fino ad oggi, originati da quei remoti progenitori Homo Sapiens che hanno saputo sviluppare al meglio la capacità di organizzazione e coesione sociale. La coppia maschio/femmina, stabile anche nella cura e nella crescita della prole, ha favorito questa coesione, in quanto vantaggiosa per la sopravvivenza della specie umana.


Dipendente di un supermercato al lavoro (cr. Alpina8 Wikimedia commons) 

Ma c’è un’altra domanda che, a questo punto, sorge spontanea: è implicata la genetica anche nella predisposizione ad amare e a prendersi cura della famiglia, tipica della donna?  Perché la donna ha meno “paura d’amare” e di mostrare i propri sentimenti, rispetto all’uomo? Perché è più aperta all’essere che attratta dall’avere? O prevalgono la cultura, la sensibilità, la consuetudine alla dedizione e alla cura?                                                                                 

L’identità femminile, per il maschio, può rappresentare l’idea inquietante di un altro tipo di libertà? Per questo, diverse società, culture e religioni hanno ostracizzato l’idea di donna libera, autonoma, con pari dignità rispetto all'uomo, non necessariamente solo madre e moglie dedita alla famiglia e alla casa. E incoraggiato lo stereotipo della donna come oggetto sessuale. Lo si vede, ad esempio, nella pubblicità in cui, accanto all’oggetto del desiderio maschile, ad esempio un nuovo modello di automobile, viene posto il corpo di giovani donne, belle, provocanti e sessualmente desiderabili.

Nel medioevo la donna, fuori dalla maternità e dalla cura del marito, dei figli e della casa, era la strega da torturare e bruciare sul rogo. Era una proprietà del maschio, normata da leggi maschili.

Oggi, per fortuna, roghi non se ne accendono più e sono sempre meno le donne che accettano di farsi insegnare dagli uomini cosa sia una donna e che chiedono che i loro “no” siano dei veri “no”.

*Cromosoma: struttura contenuta nel nucleo di ogni cellula, composta da un lunghissimo filamento di Dna, che porta il patrimonio genetico dell’organismo, e che si trasferisce alle generazioni successive, ricombinandosi. Negli esseri umani le cellule ne contengono 46, organizzati in 23 coppie, di cui una è costituita da due cromosomi sessuali: X e Y.

 

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