Cicatrici, piercing: il corpo mi piace così

Cicatrici, piercing: il corpo mi piace così

Donne di etnia kayan nel Myanmar (cr. Thomas Schoch Wikimedia commons)

Dall’antichità tecniche cruente e bizzarre per modificare l’aspetto

Di recente nell’articolo intitolato “Il tatuaggio, la mia carta d’identità”, abbiamo parlato del tatuaggio come di uno dei più diffusi fenomeni antropologici legati all'identità, anche perché l'attuale diffusione di questa consuetudine la mette sicuramente al primo posto tra le modificazioni corporee. L’umanità, nelle sue varie e molteplici culture, ha però sviluppato, certamente già dalla preistoria, un'incredibile molteplicità di pratiche, spesso cruente o semplicemente bizzarre (per lo meno ai nostri occhi).


La donna con il maggior numero di piercing al mondo (cr. Bryan Ledger Wikimedia commons)

Il piercing, cioè il traforare una parte del proprio corpo per infilarvi oggetti, è stata e rimane una consuetudine tra le popolazioni di ogni continente. Noi ora lo associamo a fenomeni culturali molto recenti come la sottocultura punk negli anni settanta, ma tecnicamente il piercing più diffuso è sempre stato quello all'orecchio, femminile o maschile che fosse. Indossare orecchini ci sembra così normale che non lo consideriamo quasi mai come facente parte della categoria.

A seconda delle culture e delle epoche l’homo sapiens si è forato pure il sopracciglio, le narici e il setto nasale, le labbra e la lingua, i capezzoli e l’ombelico, e pure gli organi genitali di entrambi i sessi. Lo scopo era infilarvi anelli e pendenti metallici (sovente preziosi), bastoncini d’osso o legno, zanne d’avorio e quant’altro potesse servire a segnalare qualcosa a se stesso e agli altri.


Donna Datoga con il volto scarificato (cr. Kathy Gerber Wikimedia commons)

La scarificazione è un’altra pratica culturale di modifica del proprio corpo che consiste nel procurarsi cicatrici (soprattutto su viso, petto e schiena) che disegnano simboli e motivi decorativi. Si ottiene da tempi immemorabili incidendo la pelle, allargando la ferita e ritardandone la cicatrizzazione in modo da ottenere l’effetto voluto. Diffusa una volta soprattutto in molte etnie africane e in Nuova Guinea, ora è decisamente in via di riduzione, anche a causa di leggi che la proibiscono.

Molte di queste pratiche cruente e dolorose erano veri e propri riti di passaggio che contrassegnavano la crescita progressiva di un individuo e il suo status all’interno di un gruppo.


Indios Yanomami con il volto trafitto da pezzi di legno (cr. Cmacauley Wikimedia commons)

Un'altra consuetudine culturale larghissimamente diffusa riguarda la riduzione o l'eliminazione di una parte del corpo. La circoncisione ad esempio riguarda un miliardo di uomini ed è assai presente anche in aree dove la religione islamica o quella ebraica sono decisamente minoritarie, come gli Stati Uniti o addirittura assenti come la Corea del Sud.

Per decenni nei paesi anglosassoni si era infatti diffusa l'opinione, supportata da discutibili studi scientifici, che la circoncisione fosse utile nel prevenire infezioni o addirittura tumori (e malattie sessualmente trasmissibili). La pratica è ancora diffusa in America, mentre in Australia, Canada e Gran Bretagna è ora drasticamente diminuita. Potremmo sorridere di questo, ma ricordiamoci che ai nati nei primi anni sessanta (ma anche prima), dopo la prima laringite venivano regolarmente tolte le tonsille.

Un doloroso capitolo a parte riguarda le mutilazioni genitali femminili (infibulazione ed escissione) particolarmente diffuse in Africa, su cui da decenni si combatte una battaglia culturale, prima ancora che legale, anche in Europa come effetto collaterale dei flussi migratori.


Donna della tribù Mursi con il labbro deformato da un disco (cr. Rod Waddington Wikimedia commons)

Alcune modificazioni corporee sono particolarmente d’effetto come nel caso dei dischi labiali di alcune etnie africane o della dilatazione dei lobi dell’orecchio, ma forse la più nota, anche a livello turistico, è quello delle donne Kayan, piccola popolazione che vive tra Myanmar e Thailandia, celebre per i colli “a giraffa”, animali che però là non ci sono e giustamente loro si definiscono “donne cigno”.

L’effetto di questi lunghissimi colli ricoperti da pesanti anelli, che progressivamente sono aggiunti fin dalla più tenera età, è impressionante, ma in realtà si tratta di una spirale e il collo non si allunga per nulla, ma sono le clavicole che si abbassano enormemente.


Ragazza cinese con i piedi deformati dalla fasciatura (cr. Underwood & Underwood Wikimedia commons)

La fasciatura dei piedi (che provocava una deformazione permanente che permetteva di poggiare solo i talloni) è stata per secoli una pratica diffusa in Cina (e proibita nel secolo scorso) che riguardava le ragazze. Si riteneva che l’andatura oscillante e a piccoli passi che ne conseguiva fosse segno di distinzione sociale e fascino. Ora la considereremmo una raffinata forma di tortura.

Ma che dire allora della limatura dei denti, altro fenomeno culturale ora in via d’estinzione presente in Africa e Indonesia e nell’America precolombiana, che in alcuni casi poteva raggiungere effetti per noi raccapriccianti, come la riduzione di incisivi e canini a sottili fili d’avorio.


Ragazzi africani scarificati e con i denti affilati (cr. sir Johnstone Wikimedia commons)

Nelle culture mesoamericane (di cui Maya e Aztechi furono solo gli epigoni) troviamo molte delle modificazioni corporee citate e soprattutto un’altra, peraltro presente anche in Asia e che gli Unni trasmisero ad alcuni popoli germanici. Si tratta della deformazione del cranio, ottenuta tramite la fasciatura della testa del neonato fino ad arrivare a quella forma allungata che ancora vediamo nei bassorilievi precolombiani in Messico o Perù.


Danzatrice nativa americana nel parco Nez Percés (Wikimedia commons)

Questa è solo una brevissima e per nulla esaustiva rassegna, che vogliamo concludere con uno di quegli equivoci tipici della storia delle esplorazioni. Nel nord degli Stati Uniti viveva una popolazione nativa a cui i francesi diedero il nome di Nez Percés (Nasi forati). Peccato che tra i loro costumi non ci fosse per nulla il piercing. Furono semplicemente scambiati per un’altra tribù contigua che invece adottava tale pratica. Ma così continuano ad essere chiamati ancora oggi.

Leggi anche Il tatuaggio la mia carta d’identità

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