Da Carosello alla risonanza magnetica
L'immagine e il marchio nella sigla di Carosello (dalla pagina Fb MaccheTivù)
La pubblicità costruisce l’identità individuale
Negli anni 60 noi bambini, recalcitranti a soccombere al sonno serale, quando forzato, avevamo raggiunto un compromesso con i nostri genitori: “Dopo Carosello, a letto”. Le storie di quel siparietto ci affascinavano, incuranti che fossero finalizzate alla promozione di prodotti commerciali. Da allora la pubblicità ha dedicato sempre meno attenzione alle storie e alle caratteristiche del prodotto, in quegli anni mostrate solo al termine e per pochi secondi, e sempre più alla creazione di un sistema di valori associabili al marchio, modellando nel probabile consumatore un vero e proprio sistema identitario basato sulla fiducia.
Ipsos, importante società di ricerca e analisi di mercato, ha scritto: “Il consumatore contemporaneo, senza più i forti valori di appartenenza tradizionali, trova nel marchio di un prodotto o di un servizio un nuovo elemento di identificazione e, a volte, un ‘alleato’ nella vita di tutti i giorni.”

I bambini hanno sempre giocato un ruolo importante nella pubblicità (cr. Post raisin bran Wikimedia commons, 1958)
L’identità individuale e sociale, dunque, si costruisce anche attraverso la pubblicità, uno degli strumenti specifici del marketing, termine intraducibile se non definendolo: il complesso delle tecniche di comunicazione volte a commercializzare merci e servizi possibilmente ai costi più bassi, per i consumatori, e più remunerativi per le imprese e i punti vendita, i supermercati, diventati essi stessi un brand. Al centro dell’intero processo di vendita non c’è più solo il prodotto da promuovere, ma il consumatore.

Cartolina pubblicitaria francese per prodotti agricoli (cr. sendker Wikimedia commons)
L’abilità nell’influenzare e connettersi con le persone, guidando le loro scelte, si basa sulla psicologia e sulle neuroscienze. È il neuromarketing che studia i processi fondamentali della mente (attenzione, memoria, emozioni, induzione di bisogni) e i suoi “bias cognitivi”, cioè le distorsioni e le scorciatoie del ragionamento, semplificazioni che le persone mettono in atto nelle valutazioni di eventi ed oggetti, ricreando punti di vista soggettivi e previsioni errate o imprecise nei confronti della realtà, ma ritenute vere.

La risultanza di una risonanza magnetica funzionale cerebrale (cr. Nat. inst. of mental Health Wikimedia commons)
Ha lo scopo principale di prevedere e potenzialmente modificare i processi decisionali e i comportamenti del consumatore. Si è avvalso di neuroscienziati, laboratori e costosi macchinari, come la risonanza magnetica funzionale cerebrale, e di tecniche di psicologia della persuasione con strumenti come il tracciamento oculare e il riconoscimento delle espressioni facciali. Da alcune parti, anche sui social, oggi, si sta persino studiando il modo di innestare un’idea nel subconscio attraverso i sogni, lasciando all’individuo la convinzione che l’idea sia spontanea, personale.
Ricordo lo scandalo del 2018 relativo alla Cambridge Analytica, una grossa società di consulenza britannica, poi chiusa per legge, che ha utilizzato dati personali di milioni di utenti di Facebook, ottenuti illecitamente per influenzare campagne elettorali, come la prima di Trump, e il referendum sulla Brexit, identificando e guidando le vulnerabilità e le paure degli elettori.

Noah Buchanan "Dreaming woman" (Wikimedia commons)
Da sempre la psicologia della persuasione costituisce la base teorica del marketing e sfrutta i bias cognitivi che tutti più o meno abbiamo, in quanto rappresentano scorciatoie di pensiero tendenzialmente funzionali, sviluppatesi nel nostro cervello nel corso dell’evoluzione umana, a partire dai primi cacciatori/raccoglitori, quando erano questione di vita o di morte la velocità e la prontezza nel valutare situazioni di pericolo per prendere decisioni efficaci di allarme, fuga o lotta.
Nel mondo odierno, ben più complesso rispetto a 100.000 anni fa, queste scorciatoie, in parte istintive e un po’ arcaiche ma ancora funzionanti, portano inevitabilmente a degli errori percettivi, a delle approssimazioni, lasciando uno spazio in cui possono insinuarsi le logiche del marketing. E non solo.
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