Giovani violenti, mai per caso

Un episodio di violenza omofobica (cr. Roma Yandolin Wikimedia commons)
Le ragioni della criminalità minorile
Un’azione criminale può essere commessa da un adolescente senza consapevolezza di responsabilità né comprensione del suo significato.
Fanno notizia i casi più clamorosi e ‘inspiegabili’ di violenza, come il massacro della famiglia di Paderno Dugnano da parte del figlio adolescente. O il suicidio a Perugia di un diciottenne “senza problemi, istigato” su un social da un coetaneo che non conosceva nemmeno. “Chi l’avrebbe mai detto! Era un bravo ragazzo … studioso …” sono i soliti commenti, stupiti e addolorati, di amici e conoscenti, accanto allo strazio di familiari attoniti.
È impossibile interpretare quelle azioni senza conoscere la storia personale e intrafamiliare di quei ragazzi, ma è un errore o una comoda semplificazione derubricarle a puro atto di follia o di depressione.
“Ero convinto che uccidendoli avrei potuto vivere in modo libero” ha confessato il primo. Una affermazione di per sé strabiliante, ma che ci invita a riflettere, superando risposte istintive, in realtà “consolatorie”, del ragazzo “fuori di testa”.Giovani mani spuntano dalle sbarre (da Facebook Da'Irar Zariya)
O ancora. Luana, insieme a due amiche, ha scelto una coetanea a caso, durante una fiera di paese, picchiandola fino a procurarle diverse fratture e un ricovero in rianimazione, il tutto filmato e messo sui social. La stessa ragazzina, leggendo in seguito alcuni articoli di giornale sui casi seguiti dall'assistente sociale che l'aveva in carico, ha commentato: “Ma che brutto lavoro fate, voi conoscete gente davvero cattiva.” Luana non è in grado di attribuire a sé stessa il senso etico della propria azione, poiché non si è appropriata della conoscenza e del significato delle parole per capire il motivo per agire quel reato. In quel momento, lo percepisce come un accadimento esterno a sé. Non ha ammesso, nemmeno a se stessa, di averlo compiuto con quel livello di gravità.
Un crimine, per un minore, può essere un agito indotto dal gruppo, perché, per un adolescente, “essere dentro” è un imperativo senso del dovere che costringe a qualunque cosa pur di sentirsi accettato e parte della famiglia sociale dei coetanei, degli esclusi, per come si sentono.
Un episodio di bullismo (immagine di repertorio)
I “branchi” di ragazzi, autori ad esempio di reati sessuali, sono gruppi isolati socialmente e culturalmente, la cui comunicazione con il mondo degli adulti, non solo sul tema della sessualità, risulta povera e stereotipata. Le femmine, vittime di abusi di gruppo, sono coetanee tra gli undici e i sedici anni. Dunque, la preadolescenza è il periodo evolutivo in cui si è più a rischio sia di commettere che di subire un abuso di gruppo.
L'idea che l'abusante adolescente abbia una particolare e impellente voracità pulsionale (come conseguenza ormonale), è un ingenuo stereotipo patriarcale. Infatti gli adolescenti potenziali abusanti si sentono lontani dalla possibilità di scegliersi il rapporto sessuale, inadeguati a una intimità condivisa, impotenti e incapaci di seduzione.
È a partire da questa inferiorità che riesce a far leva la spinta del gruppo a ostentare una presunta potenza e superiorità maschile.
L'aggressione di una banda giovanile (immagine di repertorio)
Riccardo, è appartenuto a una gang che ha spacciato sostanze stupefacenti sulla riviera del lago di Garda. Suo padre vive separato dalla famiglia da diversi anni. Ciò che spesso gli ripete è: “Sei un debito”, facendolo sentire una spesa sospesa, una colpa, un errore, soprattutto nei momenti di trasgressione del ragazzo.
Tuttavia, Riccardo ama il padre, lo stima, lo idealizza, pur non essendo ricambiato. Il padre entra in competizione con lui, lo svaluta, non lo apprezza. Non piacere al proprio padre è fonte di sofferenza, ma non piacere a un padre amato e idealizzato può diventare un problema ancora più grande. Infatti oggi Riccardo si è adeguato al pensiero paterno; è lui, ora, che non si piace e che non sa più chi essere, come diventare uomo adulto. Oggi a Riccardo, per usare una sua espressione, la vita appare “una merda”, in cui ogni momento è buono per chiedersi, spaventato, se è o no in grado di combinare qualcosa nella vita.
I reati di Riccardo hanno questa direzione: l’iniziale sfiducia del padre nei suoi confronti; la frustrazione e la mortificazione per il suo mancato affetto e riconoscimento; l’accesso a guadagni rapidi e cospicui, l’indipendenza economica tramite lo spaccio, sono un modo per apparire agli occhi del padre un figlio all’altezza delle sue aspettative. Riccardo inciampa sul dolore originario e l’essere incriminato e processato lo riporta alla radice di quel dolore: sentirsi uno scarto non all’altezza delle aspettative.
Occorre mettere in luce la dimensione di appello nel “linguaggio” degli adolescenti protagonisti di crimini. I ritratti, a volte, risultano raccapriccianti.
La violenza giovanile sfocia spesso in arresti (immagine di repertorio)
Agata, con i capelli rosa e i jeans strappati, si presenta alle sedute psicologiche con un chewing-gum in bocca. Si definisce “stra-spontanea”, “tranqua”, a tal punto da ammettere con pacatezza il proprio reato, raccontandolo senza filtri di alcun tipo, né di natura etica né tantomeno logico-razionale.
Accennando a un caso di cronaca in cui un ragazzo è stato picchiato a morte in carcere, Agata si lascia sfuggire l'espressione “stra-bello”, lasciando trasparire la propensione a una pulsione aggressiva ingovernabile. Infantile, fragilissima, depressa come il bambino separato dalla figura di attaccamento primaria, Agata si presenta come è, cioè un’adolescente in grave difficoltà.
L’incapacità e il disinteresse a riflettere, favorito dalla rete, che rischia di diventare un pregio a livello sociale, rende difficile ogni assunzione di consapevolezza e di responsabilità, e crea il presupposto per la segregazione e l’emarginazione psicologica e sociale a cui porta la diffusione della delinquenza.
Lo stupore e le lamentele degli adulti, dei genitori, dovrebbero trasformarsi in presa di coscienza dei propri errori comunicativi e della necessità di credere nel cambiamento, cercando in tutti i modi di favorire l’inserimento sociale e lavorativo dei giovani.
Qualcosa deve risvegliarsi anche nei ragazzi: un impegno serio di cambiamento, avendo a proprio favore le grandi potenzialità fornite dalla giovane età.
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