L'Italia nata nei salotti

L'Italia nata nei salotti

Particolare di un episodio delle 5 Giornate di Milano di Baldassarre Verrazzi (Wikimedia commons)

Ritrovo di padri e madri della patria

Nel giorno della festa della Repubblica, iosonospartaco pubblica un testo di Fabrizio Montanari dedicato al Risorgimento, epopea cui si deve la nascita dell'Italia unitaria.

In tutto il periodo risorgimentale la vita politica, quella mondana e quella sociale, ebbero nelle residenze dei nobili o nelle case di qualche illuminato benestante, un luogo specifico d'elezione. Interminabili discussioni politiche si alternavano ad incontri mondani e a intrighi di potere.

I poeti declamavano le loro composizioni, i musicisti si esibivano nelle arie più alla moda e i pittori esponevano i loro quadri. I salotti ottocenteschi rappresentarono in sostanza luoghi d’integrazione del sapere, dove ognuno contribuiva con la propria arte alla formazione della coscienza della nazione.

Accanto ai salotti frequentati prevalentemente da nobili e militari d'orientamento moderato e monarchico, si distinguevano quelli a vocazione repubblicana o democratica. I salotti italici svolsero un ruolo insostituibile nella costruzione dell’anima culturale e politica della nascente nazione. Diversi assidui frequentatori raccontarono la vita che in essi si svolgeva, il clima che si respirava, i personaggi che li animarono, divenendo dei veri e propri cronisti dell’epoca.


Camillo Benso di Cavour e Cristina di Belgioioso (dipinti di Ciseri e Hayez Wikimedia commons)
 
A Torino, quelli delle marchese Alfieri e Rorà erano i salotti più frequentati dai politici e dai diplomatici. Anche Cristina Belgioioso era di casa in quel salotto, essendo sorella di Giulia, moglie appunto del marchese Rorà. In quello di Giulia Falletti Colbert non era difficile imbattersi e confrontarsi con il giovane Camillo Cavour o con altri uomini di governo.

Diversi “cronisti” hanno parlato anche della presenza di Silvio Pellico e di altri patrioti. Non privo d’importanza fu anche quello della baronessa Olimpia Rossi Savio, chiamato il "Millerose", per il gran numero di fiori e di piante che ornavano i giardini del palaz­zo. In quel luogo la politica era al centro delle discussioni, ma non meno dignità avevano la letteratura, la poesia, l'arte.


L'arresto di Pellico e Maroncelli (dipinto di Carlo Felice Biscarra Wikimedia commons)

Il quotidiano
La Voce della Verità il 4 gennaio 1855 scrisse: “Un giorno per settimana è in casa Savio il convegno d’una società più ancor che numerosa; personaggi illustri per nascita, per cariche, per ingegno, dame spiritose, amabili formano l’ornamento delle sale. Si discorre, si fa musica, talvolta si balla e la serata trascorre deliziosamente come per incanto”.

A Milano importantissimo fu quello della contessa Clara Maffei, che rappresentò un focolaio d'agitazione in continuo fermento. Aperto nel 1834, rimase attivo fin dopo l’unità d’Italia e rappresentò il punto di riferimento degli intellettuali milanesi. In casa Maffei si potevano incontrare: Tommaso Grossi, Alessandro Manzoni, Massimo D'Azeglio, Giuseppe Verdi e Carlo Tenca, amante più o meno segreto della contessa.


Tommaso Grossi e Alessandro Manzoni (ritratti di sconosciuto e di Hayez Wikimedia commons)

Un altro
salotto che si distinse nel milanese fu quello di Carlo d'Adda, che radunava l'alta nobiltà locale, rappresentata dai Borromeo, i Litta, i Visconti, i Belgioioso e i Trivulzio. Si sa inoltre che gli esuli milanesi in Piemonte frequentavano in particolare due salotti: quello del conte Francesco Arese e quello di Cesare Correnti.


Edmondo de Amicis, l'autore di "Cuore" (cr. foto di Mario Nunes Vais Wikimedia commons)

A Firenze invece nessun salotto superò mai per prestigio e importanza quello del conte Gino Capponi. Con l'avvento de
l Regno d'Italia si distinse anche quello di Emilia Toscanelli Peruzzi che ospitò molti deputati quando la città toscana fu eletta capitale d’Italia. Tra loro si ricordano anche Guerrazzi e De Amicis. A Napoli divenne famoso quello di Lucia De Thomasis frequentato da Poerio e Settembrini.

Circa il salotto aperto a Torino da Giuditta Bellerio Sidoli, patriota reggiana e amante di Mazzini, è illuminante la testimonianza di Domenico Giurati, che ebbe modo di frequentarlo assi­duamente e di stringere amicizia con la padrona di casa.


Giuseppe Mazzini e Giuditta Bellerio Sidoli (ritratti di Emilia Venturi e di sconosciuto Wikimedia commons)

"Abitava a Torino con due figliuole al primo piano di una di quelle case La Marmora, che formano il miglior lato della Piazza Bodoni… Aveva una di quelle fronti che madre natura appresta soltanto per le intelligenze di primo ordine, e due grandi occhi d'una soavità senza pari, uno sguardo di velluto, le linee del volto così nobili, il portamento così distinto, che sebbene vestisse di nero e succinta, per le strade si fermava a guardarla anche il popolino… Aggiungete una semplicità onesta, riservata, che fra l'ostentare le opinioni e il celarle teneva il giusto mezzo, una cultura vasta di continuo nutrita, una benevolenza diffusa, uno spiri­to sensato eppure originale... Frequentavano il suo salotto il Melegari, la cui conversazione valeva lo svolgimento d'una enciclopedia, Varè, Mauro Macchi, Modena con la moglie, Giacinto Scelsi, giovanotto simpatico, che poi fu prefetto di mezza Italia e senatore... Quando qualche patriota veniva a Torino, fosse pure per poche ore, non mancava di darvi una capatina... E quando il caso occorreva, o prima o poi si veniva a conoscere che Mazzini (latitante) aveva fatto una delle sue apparizioni... Si sapeva che la signora Giuditta era la più partigiana d'ogni altro; ma tanto era il suo spinto conciliativo, tale la sua superiorità, che si pendeva tutti dal suo labbro… rammento che conchiudeva spesso il discorso con le parole: Hanno fatto l'Italia e poi se la mangiano”.

Alcune di quelle donne, grazie al loro salotto, riuscirono anche a ritagliarsi uno spazio e un ruolo pubblico di notevole prestigio, contribuendo alla realizzazione degli obiettivi politici di cui condividevano le finalità.

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