Il bastone zoppo

Il bastone zoppo

Uomo con il bastone, particolare da Ritratto di sconosciuto di Frans van Mieris, al Louvre di Parigi (Wikimedia commons)

Il dentista che imparò a camminare

A Marsala, dove il vento del mare si impiglia tra le persiane e le ombre sembrano più lunghe dei corpi, vive il dottor Lanza, dentista stimato, uomo dalla schiena dritta e dal sorriso conservato meglio dei suoi pazienti. La gente lo saluta con rispetto, ma senza affetto. Lui non ricambia. Al massimo alza il bastone.

Già, il bastone. Lo chiamano “l’incrollabile”. È antico, più del dottore, più delle bugie che la città racconta ogni mattina davanti allo specchio. Legno d’ulivo, punta d’argento. Più fedele di una moglie, più presente di un figlio. Lo accompagna ovunque: nelle stanze sterili del suo studio, tra gli scaffali dei libri mai letti, lungo il tragitto per la chiesa dove entra solo per contare quanti hanno smesso di crederci.

Il bastone è la sua estensione. Non tanto della mano, quanto dell’anima. Parla per lui, lo sostiene, lo punge quando inciampa nei pensieri.

Un giorno però, qualcosa cambia.


Saline a Marsala (cr. Rapidash95 Wikimedia commons)

Era martedì, e il vento sapeva di sabbia e nostalgia. Il dottor Lanza entra in studio, apre la porta al primo paziente e sorride meccanicamente. Ma inciampa. Non lui. Il bastone. Cade. E con lui, tutto.

Il paziente, un certo signor Caruso, resta immobile. Guarda il bastone a terra e poi il dentista. “Si è rotto?” chiede, alludendo al bastone. Ma il dottor Lanza non risponde. Guarda l’oggetto come si guarda un amico che ha appena tradito. Poi, raccogliendolo, sussurra: “È solo stanco.”

Da quel giorno il bastone zoppica. Strano, per un oggetto senza muscoli né ossa. Ma zoppica. E Lanza con lui. Non nello stesso punto. Il bastone tira a sinistra, lui cede a destra. Camminano come due verità che si sono dette troppe bugie.

In paese si comincia a parlare. “È vecchio,” dicono. “Si è spento dentro,” bisbigliano. Ma nessuno osa dirglielo in faccia. Forse per via del bastone, che ancora fa paura. O forse per quello sguardo spento che non lascia scampo.

Una sera, dopo l’ennesimo giorno senza pazienti, Lanza si siede nel suo studio vuoto, davanti allo specchio. Appoggia il bastone sulla scrivania e lo fissa. “Mi hai tradito,” gli dice. E poi: “O forse sei stato l’unico sincero.”

Lo specchio restituisce un volto che non riconosce più. Non è solo l’età. È l’assenza. Di cosa, non sa dirlo. Forse di un senso, forse di un abbraccio. O forse solo di una menzogna comoda in cui credere ancora.

Il bastone resta immobile. Come se ascoltasse. O come se aspettasse di essere perdonato.

Lanza si alza. Per la prima volta dopo anni, senza appoggiarsi a nulla. Cammina incerto. Ma cammina da solo. Due passi. Tre. Poi si ferma. Sorride. Un sorriso storto, vero. Non da dentista, ma da uomo.

Il giorno dopo, Marsala lo vede passeggiare senza bastone. La gente si volta. Qualcuno abbozza un cenno. Lui lo ignora. Altri lo salutano. Lui risponde. Ma non con parole. Con un’inclinazione della testa, quasi un inchino.


Anziano con il bastone in "Le stagioni della vita" di Caspar David Friedrich, particolare, al Museum der blidenden kunsten di Lipsia (Wikimedia commons)

Il bastone, rimasto nello studio, ora è appeso al muro. Come un quadro, o una reliquia. Sopra, una targhetta:

“Per anni ho retto un uomo. Poi l’ho lasciato cadere. Solo allora ha cominciato a camminare.”

Chi entra non capisce subito. Ma qualcosa li colpisce. Forse il silenzio, forse l’odore. O forse quel riflesso nello specchio, che per un attimo somiglia a se stessi.

Così, a Marsala, dove il mare sa di vino e di bugie dolci, un dentista senza più bastone comincia a vivere davvero. E il bastone, immobile, racconta meglio di chiunque il peso che abbiamo quando fingiamo di stare in piedi.

Ogni tanto, qualcuno chiede: “Perché non lo usi più?”

Lanza sorride appena e risponde: “Perché ora cammino con le mie storture.”

Poi chiude lo studio, esce tra i vicoli, e ascolta il rumore dei suoi passi non più perfetti, ma veri.

Marsala lo guarda passare e, per un istante, tace.

Come se anche la città, a modo suo, sapesse che la verità inciampa, ma poi si rialza.

E zoppicando, avanza.

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