L'uomo che smarrė un anno          

L'uomo che smarrė un anno          

Orologi a pendolo (cr. Alejandro Linares Garcia Wikimedia commons)

Da 66 passò direttamente a 68

A Longi la nebbia non cade: riprende fiato dietro la curva e torna, come una battuta che uno ha detto troppo piano e poi ripete meglio. Mariano Lazzaro la riconosceva dal gusto: un vago sapore di nocciole bagnate e pietra scaldata il giorno prima. Quel mattino gli si appese addosso appena aprì l’uscio, e parve dirgli: “E allora? Che numero vuoi essere oggi?”

Longi, in provincia di Messina (cr. Davide Mauro Wikimedia commons)

«Sessantanove», rispose lui a voce alta, per darsi ragione. Lo disse pure al bar, con sicurezza beffarda. «Sessantanove, e non sentirli.»

«Te li si vedono tutti, ma a spizzichi,» gli fece il barista, che l’invidia la nascondeva mettendo meno zucchero nei caffè degli altri.

Mariano sorrise, senza mostrare i denti: «I miei anni non invecchiano in fila, invecchiano a macchie. È un sistema.»

A casa

Tornando a casa, scovò dietro il fornello il quaderno col dorso rotto, quello dove suo padre, contadino senza grammatica ma con senso del mondo, appuntava l’andare delle cose: debiti di farina, due agnelli venduti al mercato di Sant’Agata, una zappa prestata e mai tornata, e in un angolo una data: la sua. Fece i conti con un dito storto, come i maestri di una volta. Si fermò. La cifra non obbediva: non sessantanove. Sessantotto.

Fogli e matita per gli appunti (cr. Jonas Petersson Wikimedia commons)

«Oh bella» disse alla finestra. La nebbia ci rimase male, si strinse in una grinza e parve arretrare. «E allora il sessantasette? Quel compleanno l’ho saltato, sicuro. L’ho fatto a credito, al buio.»

Si sedette, accese il fornello che fischiava come un usignolo bronchitico, e cominciò a dialogare col proprio calendario interiore, quello che non sta sul muro ma tra il cuore e l’ombelico. Scoprì di avere una teoria: gli anni non sono in riga; si dispongono intorno come sedie spaiate. Alcuni ti si mettono davanti e fanno luce, altri ti si nascondono dietro la schiena e ti soffiano la nuca.

Il sessantasette era uno di questi: furtivo, non festeggiato, non visto, rimasto lì a guardarlo con un’aria di rimprovero muto.

«Recupero - decise, stropicciandosi le mani -. Faccio due volte sessantotto, così pareggio i conti. Una per l’ombra, una per la luce».

La nebbia, soddisfatta, tornò a occupare la strada come un gatto che si stende sul gradino giusto.

Paesaggio collinare immerso nella nebbia (cr. Escondites Wikimedia commons)

Uscì a passo lento. Longi era un suono attutito di stoviglie e passi corti. Gli vennero incontro le solite figure: zio Turi col cappello sempre in anticipo sulla testa, la maestra in pensione che correggeva mentalmente gli accenti degli altri, e la Pina, balcone e curiosità, regina non incoronata delle ricorrenze altrui.

In strada

«Mariano, auguri».

«Grazie, ma sono doppi: oggi compio sessantotto per la seconda volta»

«Ah, duplice. E quando farai sessantanove?».

«Quando la nebbia mi firma la liberatoria», rispose lui, indicando l’aria bianca con una mezza riverenza da attore.

Al bar prese posto vicino al vetro appannato. Disegnò col dito due otto orizzontali, che diventavano due infiniti sdraiati come cani stanchi. Si vide riflesso doppio, leggermente sfasato. «Ecco - si disse - questo sono: un uomo che ha dimenticato un compleanno e adesso cammina affiancato da un fratello più giovane di un anno e più serio. Uno ride, l’altro conta».

Un antico calendario (Wikimedia commons) 

Tornando per il vicolo della cannizzara, la risata di alcuni ragazzi lo inseguì. «Nonno, quanti anni fai?»

«Due volte sessantotto, una di mattina e una di sera. Così domani posso essere lo stesso di oggi senza dovermi ripetere».

I ragazzi risero più forte. Mariano si compiacque: l’ironia era la sua giacca buona, con la fodera di malinconia. Gli serviva per non far vedere la cucitura più fragile: la paura di essere passato oltre senza salutare.

Gli altri

A casa apparecchiò da solo: piatto fondo, forchetta antica con un dente piegato, pane raffermo spezzato a diagonale. Preparò pasta con finocchietto: l’odore era la memoria che torna quando vuole lei. Mentre l’acqua bolliva cominciò a interrogare la propria aritmetica d’animo.

Poi calarono due amici, portarono noccioline e un fiasco; si sedettero poco, parlarono di molto. Qualcuno chiese se non temesse confonderli, gli anni. «No - rispose lui - mi temo quando mi metto in riga. La riga è comoda, ma ti fa credere che le cose abbiano verso unico. Io oggi sono andata e ritorno».

Più tardi uscì di nuovo. La nebbia aveva cambiato tattica: adesso non copriva, selezionava. Lasciava scoperto un balcone, cancellava una porta, risparmiava una pietra di cantone su dieci.

Torta di compleanno (cr. Vikas Bhardwaj Wikimedia commons) 

Sulla piazzetta una bambina gli domandò: «Perché sei contento se sei vecchio?»

«Perché sono vecchio due volte lo stesso, e non ho dovuto diventarlo di più».

«Non capisco».

«Nemmeno io del tutto. Ma la nebbia capisce, e basta che uno capisca».

A una finestra vide la sua ombra piegata in avanti: pareva uno che ha fretta di andare e non sa dove. Pensò al sessantasette saltato, al torto fatto a quell’io rimasto in anticamera. «Vieni - gli disse piano - non ti lascio più in piedi». Si sentì allargare il petto come quando si toglie un chiodo da una suola.

Rientrò tardi. Scrisse ancora: “Gli anni non sono numeri, sono appuntamenti con me stesso. Se salto, rinvio; se rinvio, recupero. Oggi ho smesso di fare il portoghese alla mia festa”. Spense. Nel buio, la nebbia bussò dall’interno del vetro, come una visitatrice educata.

Particolare da frammento Nr. 67 di Paul Klee (Wikimedia commons)

«Allora?» fece lei, con la voce dei fenomeni quando si stancano di essere scambiati per aria bagnata.

«Allora domani starò attento - rispose Mariano - non ai numeri, agli inviti».

Si mise a letto col gusto del finocchietto ancora in bocca. Aveva come l’impressione che, avendo corretto un’ingiustizia piccola, i conti grandi si fossero rasserenati di un dito. Prima di addormentarsi disse a mezza voce, beffardo come gli riusciva meglio: «Sessantotto una volta è età; due volte è decisione. E io di decisioni ne ho sempre avute poche. Almeno una, stanotte, è mia».

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