Quattro passi nella storia

Quattro passi nella storia

L'arco de las estrellas a Caceres (cr. Paolo Gandolfi iosonospartaco)

In Estremadura fra antico, moderno e attuale

Nuovi appunti di viaggio di Paolo Gandolfi attraverso la Spagna

Caceres in Estremadura é una delle poche città spagnole con un centro storico perfettamente conservato e uniforme per caratteristiche e stile, tanto da essere diventato patrimonio Unesco nel 1996. La pietra rossastra usata per edifici e pavimentazioni e la natura racchiusa sulla sommità di un colle la fanno assomigliare a una città del centro Italia, anche se l’altra parte del centro, quella esclusa dalle mura, con il dominio dell’intonaco bianco ci riporta immediatamente nel contesto consueto dell’Estremadura.

Le mura sono in gran parte inglobate nel tessuto edilizio, ma dividono in due il centro, il cuore rosso e la cintura bianca, che si raccordano solo nella bella Plaza Mayor. Una scenografica scalinata le collega, con il magnifico arcone della Estrella, aperto nel XV secolo e rimaneggiato nel XVII per assumere l’attuale affascinante aspetto sghembo che lo trasforma in una finestra elevata sulla città.

La piazza Maggiore di Merida (cr Tomàs Fano Wikimedia commons)

Dopo Caceres la strada prosegue verso Merida, la terza città dell’Estremadura. C’è una Merida più grande e famosa nello Yucatan, ma questa è certamente più antica. Il percorso è lo stesso che facemmo nel 1996, ma questa volta in senso inverso. Era estate, faceva molto caldo e ricordo di aver scoperto le proprietà tonico-rivitalizzanti del gazpacho. La città era polverosa e sgangherata, ora non é più polverosa perché curata, pavimentata e pulita, ma il tessuto edilizio è ancora piuttosto caotico. La base è quella dei piccoli edifici ad un piano, addossati e allineati lungo la strada, quelli che si vedono ancora nei paesi.

Tra una casetta e l’altra emergono edifici fatti a vanvera negli ultimi settant’anni, di altezze diverse e per mano di progettisti sciagurati. Il profilo stradale sembra così quello di una dentiera scassata, piena di buchi e carie. In mezzo e sotto a questo disastro urbanistico un miracolo di bellezza, la città romana, il cui lascito è il terzo patrimonio dell’Unesco che incontriamo dopo le mura di Avila e il centro storico di Caceres. 

Il Teatro Romano di Merida (cr. Paolo Gandolfi iosonospartaco)

Anche chi conosce bene Roma o altri notevoli edifici romani non potrà non rimanere colpito dal teatro romano di Merida. Rimasto semisepolto fino agli anni 70 dell’Ottocento, usato come rifugio per i senzatetto. Quando gli scavi iniziarono vennero scoperte le colonne della scena, ricomposte poi in anastilosi, il primo ordine subito e il secondo qualche decennio dopo. 

Oggi è stato ricostruito al meglio, la cavea, l’orchestra, la scena e persino parte del peristilio posteriore. Un luogo magnifico, una architettura sublime, che ti inducono a pensare quale livello di civiltà fosse stato raggiunto se tanto sfarzo, risorse e intelligenza venivano usate anche solo per un edificio dedicato allo svago. In Spagna come altrove hanno dovuto attendere 1.800 anni prima che qualcuno costruisse di nuovo edifici per lo spettacolo così grandiosi.

Per fortuna (della conservazione) l’Estremadura alla fine del siglo de oro é piombata in uno stato di isolamento e povertà, la città non è più cresciuta, lasciando intatti sotto uno strato di terra da pascolo questi gioielli. Anzi continuando ad usare alcuni di questi, come il ponte, fino al secolo scorso, cosa del resto avvenuta anche nella stessa Roma. A Merida neppure lo sviluppo contemporaneo é stato travolgente, come altrove, così ci si trova in una piccola città con le vestigia di una grande capitale.


Il museo di Merida (cr. Paolo Gandolfi iosonospartaco)


A Merida é stato costruito un museo archeologico, non è un museo qualsiasi. Quando l'architetto Rafael Moneo lo ha realizzato nel 1986 è diventato subito un riferimento per l’architettura contemporanea e per noi tutti architettini in erba. Dalle riviste non ne capivo bene l'importanza, lo visitai nel 1996 e mi rimase in parte incompreso. Ha un’immagine forte nel salone centrale, costruito da grandi arcate che ricordano la basilica di Massenzio, immagine regina delle riviste e capace di colpire. Mi colpì.

Per il resto non capivo, non vedevo il museo e neppure l’architettura contemporanea, anzi non vedevo neppure l’edificio. Non vedevo nel senso che non capivo. Avevo certamente bisogno di tornarci. Ero giovane e alcuni sentimenti mi erano sconosciuti, come certe bellissime canzoni che rifiutavo perché non ne capivo la malinconia. In questo edificio non capivo l’assenza. Da fuori ha una identità mimetica, da un lato sembra una casa, dall’altro un vecchio capannone industriale, l’ingresso si fa fatica ad identificarlo.

Il ponte sul rio Guadiana progettato da Calatrava (cr. Paolo Gandolfi iosonospartaco)

Non troppo distante dal ponte romano, il rio Guadiana è scavalcato da un ponte realizzato nel 1991 su progetto dell’ingegnere valenziano Santiago Calatrava. Si tratta di un ponte sostenuto da una grande trave reticolare ad arco, con coppie di cavi che sostengono le due carreggiate. Al centro passa il pedonale ciclabile.

L’altezza di circa 50 metri e la lunghezza della campata centrale ad arco di circa 200 metri lo fanno somigliare a quello di Reggio Emilia. Le differenze sono invece nella struttura parzialmente in cemento armato, nella minore snellezza della trave ad arco e nella caduta parallela delle coppie di cavi. Poi naturalmente dal fatto che questo passa sopra un flusso di acqua che scorre placidamente verso l’Atlantico, quello di Reggio Emilia sopra un flusso di auto che corre su e giù.

Nostra Signora di Guadalupe (cr. Paolo Gandolfi iosonospartaco)

Guadalupe in Estremadura è un piccolo villaggio di montagna, di aspetto pittoresco, famoso per ospitare il Real Monasterio de Guadalupe. Si tratta di un luogo importante per la religione cattolica e per l’intreccio che questa ha con la storia della Spagna. Come già era successo con Merida c’è una omonimia con la forse più nota Virgen de Guadalupe in Messico, che conta una devozione di massa. 

La Vergine estemegna però conta con il sostegno regale dei monarchi spagnoli dal 1340 in poi, quando Alfonso XI le riconobbe l’intercessione per la battaglia decisiva della parte terminale della riconquista. Da lì in poi é stato costruito il monastero visitato e omaggiato dai Re di Spagna e in cui alcuni di loro sono sepolti. L’intreccio con la storia nazionale trova il suo culmine con la vicenda di Colombo, che qui passò più volte, compreso per rendere grazia della scoperta fatta.

Da questi fatti e dalla necessità, ormai decaduta, di estendere all’impero coloniale il concetto di patria, il 12 ottobre è la festa nazionale della hispanidad e al contempo celebrazione della Vergine. Quindi vergine e hispanidad si uniscono in una identità fondata sulla creazione dello stato nazionale, sulla sconfitta degli infedeli e la vittoria del cattolicesimo e sulla nascita dell’impero coloniale. 

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