Rimettiamo insieme i pezzi

Rimettiamo insieme i pezzi

Dresda, il castello, la cattedrale e il teatro dell'Opera (cr. Paolo Gandolfi iosonospartaco)

Dresda, i colori dell’est e quelli dell’ovest

Si conclude la pubblicazione degli appunti di viaggio di Paolo Gandolfi attraverso la Germania per raggiungere Dresda

Dresda richiede un racconto articolato. Il titolo potrebbe essere "rimettere insieme i pezzi”, infatti venni nel ‘90 e ne trassi un’impressione sospesa che si compone oggi. Questa è la città europea che più ho visto cambiare, da un lato perché è passata da un regime comunista ad una democrazia capitalista con importanti conseguenze urbanistiche, dall'altro perché la ricostruzione dalle distruzioni della guerra si è dovuta confrontare con un passato di bellezza leggendaria. Le città tedesche dell’ovest hanno approntato la ricostruzione post bellica con la conservazione di pochi edifici simbolici sopravvissuti e la sostituzione quasi integrale del resto del tessuto edilizio, anche se solo danneggiato. Nelle città dell’est hanno invece selezionato alcuni edifici, soprattutto culturali, da ricostruire sfogando furia ideologia e soldi solo su porzioni di città, lasciando il resto com’era. A Dresda però i bombardamenti hanno lasciato in piedi ben poco e anche 40 anni dopo la fine della guerra rovine scheletriche di molti palazzi e chiese da ricostruire erano ancora in attesa del loro turno.


Dresda, lo Zwinger (cr. Paolo Gandolfi iosonospartaco) 

Dresda e la Sassonia stanno in mezzo a quelli che per secoli sono stati i tormenti del Sacro Romano Impero prima e della Germania poi. Tra la fine della guerra dei trent'anni e il 1740 questo crogiolo di di tensioni ha trovato un breve equilibrio di forze tra Prussia, Austria, Polonia e Baviera, dando centralità geografica a Dresda e con essa il suo momento di splendore. La bellezza mitologica della Dresda barocca è tutta nella propensione all’arte dei suoi regnanti e nell’aver sfruttato la breve quiete e ricchezza nell’occhio del ciclone che le girava attorno.

Successivamente la Prussia s'impose come potenza regionale e in breve portò alla rovina più totale l’intera Germania e con maggiore durezza Dresda. In quel secolo scarso in cui i vicini del nord erano ancora deboli e quelli del sud lo stavano diventando, i paffuti principi elettori di Sassonia hanno arricchito la città di architetture e pitture, diventando anche per brevi periodi regnanti della Polonia. Per i Wettin (la casata sassone da cui derivano anche i Windsor) l'Italia diventa l’ossessione, tanto da far definire la loro capitale come la Firenze sull'Elba ed è esattamente questa la Dresda che tutti i turisti cercano e che si sta faticosamente e artificiosamente ricomponendo.

Mercanti d’arte

Il principe Augusto nel 1746 comprò la collezione d'arte estense da Francesco III Duca di Modena e Reggio per circa attuali 40 milioni di euro, sembrano tanti ma sono nulla pensando al valore delle opere. La collezione estense della Gemaldegalerie, lo Zwinger, la Frauenkirche e la spettacolare terrazza sull’Elba sono le attrazioni principali della città dei principi elettori e re di Polonia.

La Kreuzkirche dipinta da Bellotto (cr. Paolo Gandolfi iosonospartaco)

La Kreuzkirche è stata dipinta da Bellotto in due momenti diversi ed è il simbolo delle sfighe di Dresda, forse più della Frauenkirche. Bellotto l’ha praticamente fotografata prima e dopo il crollo della sua versione rinascimentale (più o meno), che seguiva quella distrutta da un incendio nel 1491. Il crollo visualizzato da Bellotto è stato provocato dal bombardamento prussiano durante la guerra dei 7 anni. Dopo è stata ricostruita in forma barocca, crollata per la terza volta nel 1897 a causa di un incendio e ricostruita in forma neobarocca nel 1900. Poi sono arrivate le bombe inglesi del '45 per la quinta versione, caratterizzata all'esterno dalle forme barocche originali e all'interno da un disegno essenziale frutto della frugalità dei tempi della DDR.

Subito dopo la riunificazione la linearità e semplicità vennero discusse, forse anche solo come rigetto a tutto ciò che era stato concepito sotto il regime comunista, ora, in epoca di minimalismo imperante, la chiesa è diffusamente accettata ed è diventata un polo fondamentale per la musica, l'ecumenismo e la promozione della pace.

Pellicole d’autore

Le foto fatte nel 1990 hanno tutte un viraggio giallino. Sono diapositive Orwochrom (senza e). Le comprai all’epoca, per pochissimi soldi. Si comprava il rullino ed era compreso lo sviluppo. La ORWO era la fabbrica monopolista delle pellicole e dei nastri magnetici nella DDR. La Wo sta per Wolfen, dove c’era lo stabilimento Agfa fin dall’ ’800, quello dove si produssero le prime pellicole a colori, poi con la guerra fredda l’Agfa che conosciamo si trasferì all’ovest. A Wolfen arrivarono prima gli americani e poi i russi, così i brevetti e le innovazioni diventarono patrimonio di altre aziende, all’est e all’ovest. Per un certo periodo si produssero pellicole marchio Agfa anche qui, poi a Wolfen cambiarono marchio e nacque la ORWO.


La terrazza con i colori del 1990 e quelli attuali (cr. Paolo Gandolfi iosonospartaco)

Ora capisco che usando la ORWO chrom stavo usando l’originale prodotto delle Kodakchrome, ma non per quello le comprai. Avevo due ragioni, in primo luogo costavano pochissimo, in secondo luogo erano pellicole comuniste. Certo se avessi saputo che venivano gialline la seconda romantica ragione la mandavo affanculo. Sta di fatto che facendo molte foto e avendo pochi soldi mi sembrò un sogno.

Quando tornato a casa dovetti inviare le pellicole a Wolfen, ero ragionevolmente preoccupato che in fabbrica non ci fosse più nessuno. La DDR in quella sua ultima estate era vuota, ma alla Orwo lavoravano e le diapo arrivarono regolarmente a casa. Così Berlino ovest risplendeva dei colori saturi della Kodak e Berlino Est/Dresda della tonalità anni ’70. Anche oggi quando in un film fanno una scena ambientata in un paese comunista cambiano tonalità, virando tutto al giallo grigio. Un vezzo da spietati vincitori.
 

La Frauenkirche come appare oggi (cr. Paolo Gandolfi iosonospartaco)

Frauenkirche, eccola la stella del firmamento turistico di Dresda. Questa chiesa evangelica è stata costruita sotto Augusto II, il principe a cui è dovuto il massimo splendore della casata Wettin e della Sassonia. Divenne anche Re di Polonia, convertendosi opportunamente al cattolicesimo, alla cui fede farà erigere l'altra bellissima chiesa della città, la cattedrale. Come si diceva la Sassonia ha prosperato sull’equilibrio, finché é durato, tra le cattoliche Baviera e Polonia e le riformatissime Cechia e Prussia, tra l’altro per ironia della sorte i vicini si trovavano alternati ai confini, il che li spingeva a costruire relazioni reciproche passando sempre da Dresda e da Lipsia che non a caso si fa città di fiera.

I sudditi però pare fossero in gran parte evangelici, quindi venne eretto questo tempio, a cui viene assegnato un luogo popolare, separato dal palazzo, il Neumarkt. Lo spazio ristretto costrinse a ridurre l’estensione in pianta e a restituire in modo virtuoso l'imponenza all’edificio in altezza. La chiesa completata nel 1743 è considerata la più bella di Germania, anche se è difficile stabilite una classifica attraverso stili diversi, basti pensare l’emozione che produce la torre della cattedrale di Ulm, ma certamente è un capolavoro.

Va adagio, pensa a noi

Curiosamente nel centro di Dresda c’è un museo dei trasporti. Dico curiosamente perché di solito questi musei stanno in periferia o al limite presso le stazioni. Potevo non visitarlo? No. Piuttosto salto la wunderkammer dei gioielli nel castello. Il museo nasce su spinta dell’università locale e sul fatto che la Sassonia ha un passato ferroviario glorioso, per questo si mostrano treni, veicoli stradali, natanti e aerei, il tutto compattato in un edificio inizialmente dedicato alle scuderie del palazzo. La DDR ha deciso di farci il museo nazionale dei trasporti e li è rimasto.

La velocità, che viene spiegato essere causa di morte più di ogni altra cosa, dipende dai controlli. Lamentandosi del lassismo tedesco sul tema (sigh!) mostrano il tasso di multe per eccesso di velocità in Svizzera e Danimarca. Conclusioni: le regole non le rispettano perché sono svizzeri (che infatti quando sono in Italia non le rispettano), le rispettano perché gliele fanno rispettare. Poi mostrano che a Dresda si va troppo veloci.

Socialisti dentro

Sempre Dresden appena fuori dal centro, verso la stazione si percorre Prager Strasse, la quintessenza della città socialista. Mi aveva colpito nel 1990 e sono tornato a vedere se era stata rasa al suolo. Invece no, è strapiena di gente. Turisti pochi, tedeschi tantissimi, come sono i tedeschi nelle città di lavoro, di tanti colori, vestiti sciattamente, un po' di fretta e concentrati sulle loro cose. So che adesso faccio inorridire qualcuno, ma Prager Strasse è bella ed è viva. Non tutta la città socialista lo è, ma questa parte di città è riuscita bene. Dopo varie idee, tra cui quella di lasciare il centro città tutto in rovina come memoriale della guerra, durante la DDR si sono concentrati nel costruire la nuova città socialista, prima con edifici leggermente storicisti, poi con questo linguaggio moderno. Prager strasse mi piaceva nel 1990 e mi piace nel 2023.

Il confronto fra la Prager strasse del 1990 e quella di oggi (cr. Paolo Gandolfi iosonospartaco)

Quasi Dresda in realtà Hellerau, una città giardino nella periferia nord. Non so perché ma ad un certo punto della mia vita sembrava che questo edificio di Tessenow fosse cruciale nella storia dell'architettura e nella mia formazione. Non ne capivo la ragione. Ho sempre visto foto in bianco e nero, tetro e un poco enfatico e non sapevo cosa aspettarmi. Anzi, direi che ad un certo punto avevo anche valutato che forse mi avevano preso per il culo nel dargli tutta questa importanza. E' piccolo, è bello, è poetico, ha un senso, ma comunque non capisco ancora quello che avrebbe dovuto insegnarmi, se non per il corso di Aldo Rossi. La sola ipotesi di una domanda su Tessenow all’esame di storia dell’architettura era un incubo, oggi mi sono riconciliato con questo strano edificio.

(3 – fine)

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